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Gentiloni negli Usa: asse transatlantico per risolvere crisi nel…

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in serata l’incontro con trump

Gentiloni negli Usa: asse transatlantico per risolvere crisi nel Mediterraneo

Tra le «priorità» nell’area del Mediterraneo, c’è «combattere il terrorismo e in particolare sradicare Daesh». E «questo può essere l’anno della sconfitta di Daesh». Lo ha detto il premier Paolo Gentiloni nel suo intervento al think tank Center for strategic & international studies (Csis) di Washington. Per il premier italiano, che alle 21 (ora italiana) incontrerà il presidente Usa Donald Trump alla Casa Bianca, bisogna «mitigare la tempesta» della crisi migranti nel Mediterraneo, un «mare che ha giocato un ruolo cruciale nella storia umana e che continua ad avere una importante influenza sull’umanità ma che negli ultimi anni è stato associato a caos e frammentazione». E bisogna affrontare «alla radice» le cause del problema, perché la «situazione è drammatica: 500mila migranti sono stati salvati negli ultimi tre anni».

Gentiloni: Libia è priorità , agire per stabilizzarla
In questo contesto la Libia è un «Paese che rimane in cima alle nostre priorità - ha affermato il presidente del Consiglio - e in cui sono più chiari gli errori della nostra visione passata». Di qui la necessità e l’urgenza di intervenire per fermare i flussi migratori in partenza da quel Paese. «Adesso - ha scandito Gentiloni - è il momento per Usa e Italia lavorare insieme per stabilizzare la situazione in Libia». Un stabilizzazione che per Gentiloni non passa per la divisione del Paese. In Libia serve un «confronto tra attori globali e poi tra i sunniti, ma - ha spiegato - non penso che la divisione della Libia in due diverse parti, una più vicina all'Egitto e l'altra più islamica sia una buona idea perché potrebbe portare più destabilizzazione e intervento esterno».

«Asse transatlantico per risolvere crisi nel Mediterraneo»
La ricetta che l’Italia propone per risolvere la crisi nel Mediterraneo passa da un asse transatlantico. Nel discorso intitolato “Security in the Mediterranean as a Cornerstone of Global Stability: The Common Engagement of Italy and the United States”, Gentiloni ha ribadito la ricetta italiana, che richiede anche la collaborazione Usa. Le priorità sono tre: «la gestione efficace dei flussi di migranti verso l’Europa, la stabilizzazione del Medio Oriente e dell'Africa e la lotta contro il terrorismo e in particolare Daesh». Secondo Gentiloni serve «cooperare per evitare conflitti e gestire meglio le crisi». E il «mantenimento dell’alleanza di Italia e Stati Uniti» è «non solo una opportunità, ma un dovere politico. Abbiamo bisogno di cooperare per contenere i conflitti e gestire meglio le crisi».

In serata l’incontro con Trump
Gentiloni, che ha auspicato anche una «rapida soluzione» del caso di Gabriele Del Grande, il giornalista e documentarista italiano incarcerato dalla autorità turche il 10 aprile scorso, è volato a Washington per incontrare il presidente Usa Donald Trump. Lo vedrà nel pomeriggio - alle 21 ora italiana - alla White House. Nel dossier del premier italiano le relazioni bilaterali fra i due paesi e il G7 di Taormina del prossimo maggio. Si parlerà di lotta al terrorismo («è significativo il contributo dell’Italia nel combattere il terrorismo - ha ricordato nel suo intervento al think tank Center for strategic & international studies (Csis) di Washington - siamo presenti in sette Paesi, siamo i secondi contributori in Iraq e in Afghanistan dopo gli stati Uniti») oltre che di immigrazione.

I temi in agenda
Tra i temi sul tavolo, oltre alla Siria (il raid missilistico decisoda Trump è stato una «risposta motivata dall'uso di armi chimiche» ha detto Gentiloni al Csis di Washington, «ma questo non significa che possiamo immaginare una soluzione militare alla crisi siriana», per la quale serve «un più costruttivo impegno della Russia») e alla Libia , anche il no al protezionismo che incombe sugli scambi mondiali e il rilancio dell’economia italiana e del Vecchio Continente, nonché il tema delle spese militari, visto che Trump ha già detto agli altri alleati e nell'incontro col segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, che occorre portare le spese per la difesa al 2% dei rispettivi Pil degli Stati aderenti.


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