Matteo Renzi, Andrea Orlando, Michele Emiliano. È sfida a tre. Ma nell’insieme, guardata a grande distanza, la corsa per la segreteria dem ha più le sembianze di un due contro uno. A pochi passi dal secondo atto del congresso, lo scenario disegnato dai sondaggi per i gazebo non è troppo diverso dal risultato del primo round con gli iscritti. Lì Renzi guida sicuro verso il traguardo. È piuttosto l’affluenza il terreno più incerto e non solo in termini simbolici per quello che potrà accadere ad assise chiuse. E del resto Orlando e Emiliano sono andati ripetutamente all'attacco dell’ex premier con l’accusa di aver messo la “sordina” alla sfida congressuale per garantire a sé una vittoria facile.
Renzi a testa bassa contro populisti e austerity
Proprio dietro le spalle del vecchio «rottamatore» la sconfitta al referendum istituzionale e la spaccatura del Pd. Due grossi colpi. Renzi ha puntato l'indice contro gli scissionisti e quanti avrebbero approfittato del suo momento di debolezza per «distruggere» il partito, ma gli sfidanti per la segreteria rifiutano di vedersi confusi coi fuoriusciti. «Il futuro non va più di moda ma è la nostra sfida, la paura è l'arma elettorale degli altri». Tornato alle origini, il Renzi dell’ultimo Lingotto ha evocato l’agenda «di un'Italia che non si rassegna al catastrofismo». Combattere «la povertà, non la ricchezza». Tra i suoi record il fatto di esser diventato presidente della Provincia di Firenze come il più giovane di sempre. Nato a Firenze (1975) e cresciuto a Rignano sull'Arno, giurisprudenza anche se collabora con l'azienda di famiglia, dà vita a uno dei primi Comitati per Prodi. Nel 1999 si laurea con una tesi su Giorgio La Pira e sposa Agnese da cui ha tre figli. Diventa sindaco ma Palazzo Vecchio diventa presto troppo piccolo. Con «Adesso» nel 2012 sfida Pier Luigi Bersani per le primarie del centrosinistra ma perde. Fuori Enrico Letta, va alla guida del governo per un totale di 1.024 giorni, ovvero 2 anni, 9 mesi e 20 giorni. In campagna congressuale l'ex premier ribadisce di essere «convintamente al fianco» di Gentiloni e rilancia la battaglia in Europa, a partire dalla proposta di primarie per la scelta del candidato Pse alla presidenza della Commissione Ue. Rivendica la vicinanza al francese Emmanuel Macron e va a testa bassa contro «populisti e tecnici»: al centro il lavoro e la lotta all’austerità come comandamento assoluto.
Emiliano vede spazio per un segretario del Sud
Per il governatore pugliese è tramontata da un pezzo la stagione della rottamazione. Ai gazebo sarebbero bene accetti anche i non elettori dem se intenzionati a volere lui come segretario. Primarie per la scelta dei capilista bloccati con un occhio ai grillini nella proposta di una maggiore democrazia diretta nel partito. Dai tempi in cui l’obiettivo era fare canestro giocando a basket, fino all'ambizione odierna di guidare il Pd: la vita del presidente, con un ampio sguardo alla sua carriera di magistrato e alla sua esperienza da sindaco di Bari, viene raccontata nel suo libro autobiografico Chi non lotta ha già perso. La mia vita nelle istituzioni e il mio progetto per l'Italia. «Figlio di un ex calciatore, “migrante economico” nel Nord Italia, magistrato sotto scorta, candidato scomodo.¦ Le vite di Michele Emiliano sono molte più di una», è scritto nella nota di presentazione del volume. Taglio del cuneo fiscale, riscrivere la riforma della scuola e rientro dell'articolo 18: il programma di Emiliano è un rovesciamento netto della linea di Renzi. «Oggi inizia una rivoluzione mossa da una rabbia mite, c’è spazio per un segretario del Sud», il claim del governatore.
L’«ossessione» di Orlando per piena e buona occupazione
Separazione dei ruoli di segretario e premier. Ha in testa questo Andrea Orlando per cui si sono schierati esponenti della sinistra come Cuperlo e Damiano ma anche lettiani e bindiani. Ligure (è nato alla Spezia nel 1969), ministro dell'Ambiente nell'esecutivo Letta e poi della Giustizia con Renzi e Gentiloni, Andrea Orlando comincia in politica giovanissimo. Il suo esordio nel 1989 come segretario provinciale della Fgci. Nel 1990 viene eletto nel consiglio comunale nella sua città. Approdato in Parlamento nelle liste dell'Ulivo (1996) è tra i
fondatori del Pd e nel 2007 ne diventa il primo responsabile dell'Organizzazione (poi nominato portavoce da Walter Veltroni e da Dario Franceschini). Per Orlando è necessario proporre un'alleanza «larga» ma sui programmi perché «questo non è il momento di mettere paletti ma di costruire ponti». «Le famiglie più ricche di Firenze sono ancora oggi le stesse del 1427. Non è solo Firenze, è l'Italia di oggi in cui si ereditano i privilegi, le professioni, le classi sociali». Al centrosinistra «spetta il compito di spezzare questo circolo vizioso di rendita e
privilegio», si legge nella mozione presentata a sostegno della candidatura alla leadership. «Il Pd deve avere l'ossessione di dare ai giovani italiani un messaggio nuovo, anzi antico: piena e buona occupazione. Un impegno che deve partire da un grande piano per il lavoro femminile, specie al Sud. Non possiamo cavarcela continuando a modificare le regole del mercato del lavoro. Serve una politica generale per l'occupazione», viene sottolineato. «La combinazione tra decontribuzione per le nuove assunzioni e Jobs Act ha avuto effetti positivi ma, specie ad un'analisi costi-benefici, necessita di una revisione profonda. Ci sono storture da correggere, a cominciare dagli appalti. Va rivista la disciplina dei licenziamenti collettivi e disciplinari, perché l'arretramento dei diritti nei luoghi di lavoro è diventato cronaca quotidiana».
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