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Legge elettorale, apertura di Di Maio (M5S): «Vogliamo…

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le trattative in corso

Legge elettorale, apertura di Di Maio (M5S): «Vogliamo scriverla con il Pd»

«In questo momento vogliamo scrivere le regole del gioco insieme al partito di maggioranza, il PD, e lo vogliamo fare per due ragioni: c'è stato l’appello di Mattarella che chiede di fare una legge elettorale in modo che ci sia una chiarezza sul risultato dopo le prossime elezioni, e poi il Paese è in grave crisi e non possiamo permetterci nuove elezioni politiche in cui ancora una volta si partorisce un risultato incerto che porta ad eventuali inciuci ed eventuali grandi ammucchiate, per questo abbiamo fatto una proposta a Renzi e al PD». La nuova apertura sulla legge elettorale in casa M5s è arrivato oggi dal vicepresidente della Camera Luigi Di Maio intervistato da radio Rtl.

Legge elettorale, Di Maio: vogliamo scriverla con Pd
Si sa che il M5s parte dal Legalicum (così il Movimento chiama l’Italicum corretto dalla Consulta ndr), da estendere anche al Senato, con l’eccezione dei capilista bloccati, che a palazzo Madama andrebbero sostituiti con il sistema della doppia preferenza di genere. Ma Di Maio a fine aprile, in un’intervista al Corriere della Sera, aveva già aperto a ulteriori modifiche, come l’abbassamento della «soglia per il premio di governabilità» che è fissata al 40% dei voti (per poter accedere al 54%dei seggi). Oggi il vicepresidente della Camera ha ribadito il concetto:  «Partiamo da Legalicum, ma non vogliamo essere rigidi e vogliamo andare incontro al partito di maggioranza e dire: quella è la base, fateci le vostre proposte di correzione nell’ottica di governabilità, che significa che uno vince le elezioni e può realizzare un programma elettorale. Loro propongono dei correttivi? Guardiamoli, poi approviamo insieme una legge elettorale condivisa». Con un punto fermo: no al premio di coalizione e sì al premio di lista. Un punto fermo anche per Renzi, fedele alla concezione di un Pd a vocazione maggioritaria, che esclude alleanze con gli “scissionisti” di Mdp. Anche se il neo segretario Pd, nel suo discorso di domenica all’assemblea del partito, rivolgendosi al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha respinto responsabilità del Pd sullo stallo attuale sulla legge elettorale. E ha sottolineato che in realtà la proposta sulla legge elettorale la devono fare «gli altri». Ossia «quelli che hanno la maggioranza in commissione Affari costituzionali del Senato, che hanno bocciato la riforma costituzionale e che non vogliono il Mattarellum da noi proposto». Una posizione contestata oggi via twitter da Danilo Toninelli, esperto M5s in materia di riforme costituzionali e legge elettorale.

Richetti a M5s: se seri, intesa rapida
In casa dem, comunque, la risposta a Di Maio è di cauta apertura. «Se Di Maio e il M5S fanno sul serio e sono pronti ad assumersi fino in fondo la responsabilità di una legge elettorale condivisa, è possibile costruire in tempi rapidi un terreno di intesa. L’importante è che l’impostazione, anche per le liste, conservi un impianto maggioritario e che garantisca governabilità come chiesto da Renzi. Nessun ritorno a logiche da “proporzionale” e restituzione di un risultato chiaro rispetto alle scelte dei cittadini». Questa la replica (con precisi paletti) di Matteo Richetti, portavoce della mozione Renzi in occasione delle primarie Pd.

M5s in cerca di una «sintesi»
Una presa di posizione apprezzata dal M5s, che rilancia in una nota dei deputati Toninelli e Cecconi: «Prendiamo atto che, dopo la nostra apertura sulla legge elettorale, finalmente il Pd tramite Matteo Richetti, concordi sul fatto che la nuova legge elettorale dovrà necessariamente garantire rappresentanza e governabilità al Paese. Adesso spetta al partito di maggioranza dare un segnale di responsabilità istituzionale e dare avvio alla discussione in commissione, sulla base di questi elementi». Nel Movimento si guarda dunque oltre il Lagalicum. In particolare si guarda al ddl (prima firma del Dem Gian Mario Fragomeli) che prevede un premio di maggioranza al 40% al primo turno ma, se nessun partito raggiunge la quota prestabilita, il premio scende al 37% al secondo turno, al quale accedono tutte le liste che superano il 20%. Non a caso nella nota odierna il M5s sostiene che l’obiettivo è «trovare una sintesi in commissione tra il ddl Fragomeli e il Legalicum».

Giovedì testo base in commissione
Sulla nuova legge elettorale questa potrebbe essere la settimana decisiva. La dead line è giovedì: per quella data il presidente della commissione Affari costituzionali di Montecitorio, Andrea Mazziotti, presenterà il testo base. Mazziotti avrà in questi giorni una serie di incontri con gli “emissari elettorali” dei partiti per avere un quadro chiaro della situazione e trovare una sintesi tra le varie proposte di legge. Proprio giovedì Renzi potrebbe riunire i suoi per fare il punto e sbloccare la situazione. Si annunciano, dunque, giorni di frenetici di incontri per trovare la quadratura. Silvio Berlusconi, convinto che si potrà fare una nuova legge elettorale in tempi ragionevoli perché «in fondo conviene a tutti», ribadisce però il no al sistema maggioritario, perché per come è stato concepito «porta al fatto e alla possibilità che una minoranza possa governare contro la maggioranza degli elettori»

Di Maio: disponibile a fare candidato premier
A radio Rtl Di Maio ha ribadito inoltre oggi di essere «disponibile» ad essere il candidato premier di M5s alle prossime elezioni se il Movimento lo sceglierà. «Il miglior modo per guardare ad una squadra di Governo del M5S - ha spiegato - è creare un programma di Governo il più chiaro possibile, infatti il programma che stiamo creando con i nostri iscritti sulle nostre piattaforme e con docenti universitari esperti che spiegano i vari temi e fanno votare i vari iscritti, sarà pronto entro fine luglio. Verso fine settembre, poi, individueremo il capo della squadra di Governo, il candidato Presidente del Consiglio, dopodiché passeremo ad individuare i Ministri che saranno presentati tutti prima delle elezioni politiche». Un obiettivo, quest’ultimo, già indicato da Di Maio nel suo recente viaggio negli Usa. All’Ash Center di Harvard Di Maio aveva dichiarato che nel 2018 «l’Italia potrebbe avere il primo governo fondato sulla democrazia diretta». E non è un mistero Che Grillo e Casaleggio sostengano Di Maio nella corsa a palazzo Chigi. Del resto, quello americano è il terzo viaggio di peso che il deputato trentenne ha compiuto nell’ultimo anno, dopo Londra e Israele.

Grillo su Macron: un altro governo delle banche
Cauta la posizione di Di Maio sulla vittoria di Macron alle elezioni presidenziali francesi. «La differenza la farà sempre la prova dei fatti perché tutti dicono di voler cambiare l'Unione Europea, ma bisogna poi avere il coraggio di battere i pugni sul tavolo quando si devono raggiungere gli obiettivi» ha detto, aggiungendo che «l’Italia è un Paese che non si è fatto rispettare in questi anni». Ben più duro il commento di Beppe Grillo, che sul blog ha commentato così la vittoria di Macron: «È un vero peccato che l’avversione ai disastri della globalizzazione, in Francia, sia stata assorbita dalla difficilmente digeribile Marine Le Pen. A causa del suo “estremismo moderato ma poco” l'Europa vedrà un altro governo uscito dalle banche. Ancora altro tempo prezioso perso a vantaggio di questo schieramento di plastica, dei manichini serventi di una moneta impossibile». Un “j’accuse” appena temperato dal riconoscimento del fatto che Macron è «il primo presidente a non provenire da uno dei due partiti tradizionali francesi».

«M5s né di destra né di sinistra»
Da notare però soprattutto la volontà di Di Maio di accreditare il M5s come forza affidabile, smarcandolo da un’immagine di tipo populista. Lo ha fatto rivendicando la «presa di distanza in questi anni da forze politiche emergenti in Europa che vengono definite populiste, da AFD, dalla Le Pen, a Podemos, alla stessa UKIP». E sottolineando la de-ideologizzazione del Movimento: «Noi vogliamo sempre rimarcare le differenze perché questi sono partiti ideologizzati che si ritengono di destra o di sinistra». Ma continuare a parlare di destra e sinistra «in un Paese in cui i cittadini adesso vogliono delle soluzioni (che siano di destra o sinistra non importa: basta che siano di buon senso) è perdente». Infatti - ha ribadito - in questo momento il Movimento Cinque Stelle continua ad andare avanti e crescere perché ha smesso di credere a destra e sinistra. Siamo una forza politica non ideologizzata in un Paese in cui la destra ci ha fatto Equitalia e la sinistra ci ha abolito l’articolo 18».




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