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Legge elettorale, in Aula 66 franchi tiratori. E Grillo fa rivotare gli…

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martedì il voto finale

Legge elettorale, in Aula 66 franchi tiratori. E Grillo fa rivotare gli iscritti

Il patto a quattro (Pd-M5s-Fi-Lega) sulla legge elettore di impianto simil-tedesco ha retto al primo voto sulle pregiudiziali di costituzionalità (presentate sul testo da parte di Mdp, Civici e innovatori e Ap) respingendole a scrutinio segreto: 182 i sì, 310 i no. Ma la maggioranza trasversale ha registrato diverse assenze (il fronte del sì poteva sulla carta contare su circa 440 voti); invece si è presentato compatto il fronte del no, che poteva contare su 195 voti. «Nelle pregiudiziali ci sono stati 100 voti in meno rispetto alla sommatoria dei 4 gruppi, vi ricordo cosa accadde quando furono 101...(la mancata elezione di Romano Prodi alla presidenza della Repubblica nel 2013, ndr)» ha rimarcato il capogruppo dem Ettore Rosato all’assemblea del gruppo Pd alla Camera convocata prima dell’inizio del voto sugli emendamenti. E ha poi avvisato: o i 4 partiti votano compatti sulla riforma elettorale o il Pd tornerà alla sua proposta, il Rosatellum (la legge elettorale metà maggioritaria e metà proporzionale avanazata in una prima fase dal Pd come testo base, ndr). In realtà, al netto dei deputati in missione, alla maggioranza che sostiene la riforma della legge elettorale, sono mancati 66 voti sulle pregiudiziali, come si evince dalla lettura dei tabulati della votazione segreta.

Al secondo voto segreto i franchi tiratori sono aumentati: un emendamento di Domenico Menorello (Ci) con il parere contrario del relatore è stato respinto a scrutinio segreto con 220 sì, 317 no e un astenuto.

In serata la conferenza dei capigruppo ha deciso che il voto finale dell'Aula si terrà martedì 13. L'inizio delle dichiarazioni di voto è fissato per le 10.30.

La discussione sulla legge elettorale è entrata nel vivo. Sono 209 gli emendamenti che dovranno essere votati dall’Aula della Camera. Più o meno la metà delle votazioni dovrebbe essere a scrutinio segreto (nessuna delle quali avanzata dal M5s, assicurano i Cinquestelle). I nodi ancora non risolti tra i gruppi che sostengono la legge hanno spinto a rinviare il Comitato dei Nove, il gruppo ristretto che prepara i lavori d’Aula.
Alle 20 è stato sospeso l'esame in Aula e le votazioni riprenderanno domattina a
partire dalle 9:30. Al momento è in corso la conferenza dei capigruppo richiesta dal fronte contrario alla riforma per avere certezze sui tempi di esame del testo.

Grillo chiama a nuovo voto sul blog
Gli occhi sono puntati però soprattutto sugli “umori ondivaghi” di Beppe Grillo, che ieri si è reso protagonista di dichiarazioni contrastanti sulla legge elettorale (prima «stiamo facendo una legge elettorale che non si capisce, che i cittadini non capiscono» e poi «stiamo lavorando per dare al Paese una legge elettorale costituzionale, siamo soddisfatti »). Sullo sfondo ci sono i maldipancia della base degli attivisti e la fronda interna degli “ortodossi” guidata da Paola Taverna e Roberto Fico. Solo qualche giorno fa in un post Grillo sembrava avesse blindato il modello tedesco «votato a stragrande maggioranza dai nostri iscritti con oltre il 95% delle preferenze», invitando i portavoce dissenzienti ad «adeguarsi». Oggi la linea è cambiata. E in un altro post il leader M5s ha annunciato che il testo di legge che uscirà dal voto degli emendamenti di questi giorni «sarà ratificato dai nostri iscritti con una consultazione online che si terrà prima del voto finale del provvedimento, che dovrebbe essere previsto lunedì, nei giorni di sabato e domenica». Tra le richieste del M5s, tramite emendamento, il voto disgiunto, le preferenze e un premio di governabilità. «Non sappiamo se ce la faremo perché non dipende solo da noi - si legge ancora nel post - Abbiamo già ottenuto importanti risultati come la cancellazione delle pluricandidature e dei capilista bloccati».

Rosato (Pd): no a richiesta M5s preferenze-disgiunto
Ma la richiesta delle preferenze e del voto disgiunto è stata respinta al mittente dal capogruppo alla Camera Ettore Rosato. «In commissione i Cinque stelle hanno votato contro i loro emendamenti approvando il testo base», ha sottolineato Rosato, per il quale testo da approvare in Aula «è solo quello uscito dalla commissione, con le modifiche condivise».

Pd disponibile a voto finale lunedì
Rispetto a ieri, quando l’emiciclo era vuoto, visto che non erano previste votazioni, oggi c'è il pienone tranne al banco dei ministri. Nelle intenzioni dei partiti che sostengo la legge, il testo doveva essere approvato prima delle elezioni amministrative di domenica 11 giugno. Ma il Pd si è detto disponibile al voto finale sulla riforma elettorale lunedì 12 giugno, accogliendo una richiesta arrivata da M5S. Il testo deve poi passare al Senato, dove si punterebbe al via libera entro la prima settimana di luglio. Con l’ipotesi elezioni anticipate in autunno sullo sfondo.

L’impianto dell’accordo
Questi i cardini dell’impianto attuale della legge venuto fuori dall’accordo in commissione Pd-M5s-Fi-Lega su un modello tedesco abbondantemente rivisitato: ripartizione proporzionale su base nazionale dei seggi; soglia al 5% per entrare in Parlamento; 225 seggi attribuiti alla Camera e 115 al Senato tramite collegi uninominali, i restanti seggi con listini bloccati; abolizione della priorità ai capilista bloccati nell’attribuzione dei seggi, in modo da assicurare agli eletti dei collegi uninominali di avere il seggio; no al voto disgiunto; no alle preferenze e al premio di maggioranza). Ma i problemi non mancano.

Relatore presenta emendamento salva firme Mdp
Il relatore alla legge elettorale presenterà un emendamento, cosiddetto «salva Mdp», che riguarda chi è esentato dalla racconta delle firme in appoggio alle
liste. La legge esentava i partiti con gruppi presenti in entrambi i rami del Parlamento al primo gennaio 2014. L'emendamento sposta tale data al 30 aprile 2017, giorno di inizio dell'esame della legge in Commissione.

La battaglia dei centristi sui collegi
Nel mirino dei centristi di Ap, Mdp e per i Civici e Innovatori invece la nuova configurazione dei collegi. La mappatura fatta in commissione rischia - secondo gli alfaniani - di essere incostituzionale perché fotografa un'Italia di 24 anni fa. Il Mattarellum (a cui si ispirano i nuovi collegi), infatti, fa riferimento al censimento del 1991 laddove, da lì ad oggi, ce ne sono stati altri due. Per i centristi, ma anche per Mdp e per i Civici e Innovatori, ad essere infranto sarebbe l’articolo 56 della Carta secondo il quale la ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni tiene conto della popolazione «quale risulta dall'ultimo censimento generale». Ma le pregiudiziali di costituzionalità, come riferito sopra, sono state respinte dall’Aula.

Le critiche di Napolitano
A ciò si aggiungono le critiche piovute dai padri nobili del centrosinistra Prodi e Veltroni sul nuovo modello di legge elettorale di impianto proporzionale sponsorizzato anche dal Pd. Critiche rinforzate ieri dalle bordate del presidente emerito Giorgio Napolitano che ha definito «abnorme» e «paradossale» il voto anticipato, tanto più frutto di un'intesa «extra-costituzionale» legata alla legge elettorale, da parte «di quattro leader di partito che agiscono solo calcolando le proprie convenienze».

Il ruolo del Quirinale e l’ipotesi voto anticipato
L’ipotesi voto anticipato dopo il varo della legge elettorale è legato alle decisioni del capo dello Stato. Sergio Mattarella ha sempre puntato alla scadenza naturale della legislatura, ma avrebbe fatto intendere che, di fronte alla volontà delle quattro maggiori forze politiche di tornare al voto una volta approvata la legge elettorale, non sarà lui a porsi d’ostacolo. Per il Quirinale ad ogni modo la priorità resta l’approvazione di una legge condivisa, rendendo omogenei i due sistemi elettorali di Camera e Senato. Il resto, se il patto tra i partiti reggerà, verrà di conseguenza. E se proprio elezioni devono essere, si ragiona nei Palazzi, allora meglio settembre (molto gettonata la data del 24) di ottobre in modo da allontanare il più possibile il rischio di esercizio provvisorio.

Calenda: elezioni a settembre sono un errore, serve calma
Contro l’ipotesi di elezioni anticipate in autunno è tornato a schierarsi il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda. «Le elezioni a settembre sono un errore - ha detto - perché a questo Paese serve un po' di calma e deve terminare le riforme che non ho voluto io ma il Governo Renzi». E ha aggiunto: «Il Paese sta andando bene, c'è un po' di ripresa e non possiamo essere sempre preoccupati della prossima tornata elettorale perché così non si gestisce niente, né un'azienda né un'associazione né un Paese».

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