«Vanno intensificati gli sforzi per dare voce e offrire tutela a tutte le vittime di ogni forma di tortura e per sradicare questa pratica». Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un messaggio in occasione della Giornata internazionale a sostegno delle vittime della tortura, istituita dalle Nazioni Unite nel 1997. «Sevizie e violenze, infatti - ha sottolineato il capo dello Stato - costituiscono una delle più gravi violazioni dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, sempre e ovunque abbiano luogo». Argomenti e toni simili quelli usati a tal proposito dalla presidente della Camera. «Nessun interesse superiore può giustificare il ricorso alla tortura: non la sicurezza nazionale né la lotta contro il terrorismo, che recentemente e sempre più spesso sono invocati per la sospensione delle garanzie a tutela dei diritti umani. Bisogna ribadirlo con fermezza oggi», ha dichiarato Laura Boldrini, auspicando che il Parlamento vari la legge contro la tortura, colmando «una grave lacuna» del nostro ordinamento.
Giudici G8 Genova: legge inapplicabile a fatti 2001
I giudici e i magistrati che si sono occupati dei fatti del G8 di Genova hanno scritto al presidente della Camera Laura Boldrini per segnalare i punti critici della legge che il parlamento si appresta a approvare in materia di tortura. E hanno sottolineato come il testo sarebbe di fatto inapplicabile ai casi della caserma di Bolzaneto e dell'irruzione alla scuola Diaz qualificati dalla Corte Europea come torture e trattamenti inumani. La missiva è arrivata alla presidente della Camera nel giorno in cui il disegno di legge sul reato di tortura è approdato a Montecitorio dopo l’ok un mese fa dal Senato.
Protesta penalisti: no a legge inefficace
Anche le Camere Penali chiedono modifiche al testo. E oggi hanno organizzato proteste in tutta Italia contro la versione attuale del ddl all’esame di Montecitorio. «Dopo 30 anni di ritardo dalla firma di trattati internazionali, il nostro Paese si accinge a varare una legge inefficace, dovuta a veti incrociati e a compromessi, che lascerà impunita una odiosa condotta che mortifica lo stesso sacrificio della parte sana delle Forze di Polizia», si legge in una nota dell’Osservatorio carcere dell’Ucpi.
La Camera tira dritto: no modifiche a ddl
A Montecitorio finora non c’è stato finora spazio per modifiche. La commissione Giustizia della Camera, non tenendo conto delle richieste del Consiglio d’Europa di emendare il ddl contro la tortura, il 22 giugno ha respinto tutte le proposte di modifica al testo sul quale l’Aula della Camera inizia la discussione generale. In una lettera ai presidenti delle Camere, Nils Miuznieks, commissario dei diritti umani del Consiglio d'Europa, proprio aveva chiesto di cambiare il testo approvato dal Senato perché nella sua forma attuale contiene una definizione del reato e diversi elementi in disaccordo con quanto prescritto dagli standard internazionali. Ma a Montecitorio quella richiesta è rimasta lettera morta. Nella sua lettera, Muiznieks si diceva preoccupato per le «profonde differenze» tra la definizione di tortura nel testo in esame alla Camera e quella contenuta nei testi internazionali ratificati dall’Italia, in particolare quella della Convenzione contro la Tortura delle Nazioni Unite. Il commissario ha puntato il dito in particolare sul fatto che la proposta di legge preveda che per accusare qualcuno di tortura occorrerà che la persona abbia compiuto gli atti violenti più di una volta. Secondo Muiznieks se la legge sarà approvata così com'è, certi casi di tortura o trattamenti inumani non potranno essere perseguiti «creando quindi delle potenziali scappatoie per l'impunità».
Il testo attuale
Il testo che va in Aula oggi introduce nuovi articoli nel codice penale e nel codice di procedura penale. Definisce la tortura come la condotta di chi agendo con «violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico», se «il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona». La pena va da 4 a 10 anni, aumentata da 5 a 12 se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale. Viene aumentata fino alla metà se dal fatto deriva una lesione grave o gravissima; se ne deriva la morte la pena è aumentata a trenta anni. L’istigazione da parte del pubblico ufficiale a commettere atti di tortura (si pensi al poliziotto o carabiniere, che dà un ordine in tal senso al suo sottoposto) è punita con la pena da sei mesi a tre anni. Dopo averlo tenuto nel cassetto per due anni, il Senato ha dato il via libera al disegno di legge sulla tortura lo scorso 17 maggio tra molte polemiche, con i gruppi divisi, il non voto del primo firmatario Luigi Manconi (Pd), con l'astensione di Sinistra Italiana e la contrarietà di associazioni come Antigone e Amnesty che parlano di testo «difficilmente applicabile». Il provvedimento era già stato approvato dal Senato una prima volta nel 2014 e dalla Camera nel 2015.
Italia ancora nel mirino di Strasburgo
Da segnalare che l’Italia è finita ancora nel mirino dell’Europa sul reato di tortura lo scorso 22 giugno. I giudici di Strasburgo hanno infatti condannato ancora una volta l’Italia per le violenze perpetrate dalle forze dell'ordine nella notte tra il 20 e 21 luglio 2001 nella scuola Diaz, ai margini del G8 di Genova, ai danni di diverse persone. La Corte ha anche condannato il nostro Paese per non aver punito in modo adeguato i responsabili di quanto accaduto a Genova. E ha rilevato che le leggi italiane sono inadeguate a punire e quindi prevenire gli atti di tortura commessi dalle forze dell’ordine. La condanna emessa dalla Corte di Strasburgo ricalca, in sostanza, quella che i giudici avevano pronunciato due anni fa sul caso Cestaro, in cui domandavano all’Italia di introdurre il reato di tortura nell’ordinamento nazionale.
I ricorsi pendenti alla Corte europea
La condanna riguarda il ricorso presentato a Strasburgo all’inizio del 2013 da 42 persone di varie nazionalità che all’epoca dei fatti avevano tra i 20 e i 64
anni. Tredici di loro hanno nel frattempo deciso di accettare un accordo con il governo italiano e la Corte di Strasburgo, prendendone atto, ha radiato i loro casi. La Corte ha stabilito che l’Italia dovrà versare a 27 ricorrenti 45 mila euro per danni morali, mentre ai restanti 2, vista la gravità dei danni fisici, il governo dovrà versare 55 mila euro. A Strasburgo pendono ancora diversi ricorsi delle vittime della caserma di Bolzaneto. Sono i ricorrenti che non hanno aderito al patteggiamento con il governo lo scorso aprile sulle cause intentate presso la Corte.
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