Lifestyle

Milan, tutta la verità su Donnarumma (e perché un accordo…

  • Abbonati
  • Accedi
CALCIO

Milan, tutta la verità su Donnarumma (e perché un accordo conviene a entrambe le parti)

Gianluigi Donnarumma (Afp)
Gianluigi Donnarumma (Afp)

La clausola rescissoria nel contratto tra Milan e Donnarumma sottoscritto l'11 luglio 2017 non c'è. Ecco perchè non è stata depositata in Lega. Il Milan e la famiglia Donnarumma alla firma dell'accordo, in un clima assolutamente disteso secondo fonti ben informate, hanno deciso insieme di non inserirla più. Cosa che generato il dissenso dell'avvocato Rigo e dell'agenzia di Mino Raiola i quali avevano lavorato in quelle settimane per l'inserimento della clausola rescissoria.

Da quanto si apprende, sarebbe stata proprio la famiglia Donnarumma a non volere la clausola, che è stata inserita in una scrittura privata che alla fine avrebbe sottoscritto il solo a.d. rossonero Marco Fassone.
Dopo tre mesi dalla firma di quel contratto privo di clausola, ma che alzava a sei milioni netti all'anno l'ingaggio di Donnarumma, l'avvocato Rigo ha però scritto al legale del Milan Leandro Cantamaessa (che in questi giorni ha terminato la sua storica collaborazione con il club rossonero) evocando un vizio della volontà da parte del assistito all'atto della firma.
Secondo le ricostruzioni fin qui circolate sulla vicenda, nella lettera del legale di Donnarumma sarebbe stata evocata, per annullare il contratto senza clausola, la violenza morale (articolo 1435 del Codice Civile: “La violenza deve essere di tal natura da far impressione sopra una persona sensata da farle temere di esporre se o i suoi beni a un male ingiusto notevole. Si ha riguardo, in questa materia, all'età, al sesso e alla condizione delle persone”).

In verità, ammesso che ci sia stato un vizio della volontà dal tenore della contestazione si dovrebbe parlare più che di violenza morale, in cui si minaccia di un danno un contraente deformandone il giudizio ed estorcendone il sì, di vero e proprio dolo contrattuale (articolo 1439 del Codice civile: “Il dolo è causa di annullamento del contratto quando i raggiri usati da uno dei contraenti sono stati tali che, senza di essi, l'altra parte non avrebbe contrattato”).
In altre parole, in questa ipotetica ricostruzione del caso legata al dolo, sarebbe stato sottoposto dai dirigenti del Milan a Donnarumma e famiglia (a quel punto non più assistiti da Rigo) un contratto fittizio, facendogli credere che contenesse una clausola rescissoria che invece non c'era. Dunque il giovane portiere milanista avrebbe firmato il contratto convinto che ci fosse una clausola stralciata dalla controparte. Con inganno sarebbe stato indotto Donnarumma a firmare un accordo senza clausola. Assenza di cui l'entourage dello stesso Donnarumma si sarebbe accorto successivamente fino alla decisione di scrivere al Milan tre mesi dopo per denunciare l'accaduto. Un impianto accusatorio che difficilmente potrebbe reggere in ambito giudiziario.
Il problema evidentemente è un altro. Senza clausola il Milan ha – giuridicamente – il coltello dalla parte del manico potendo decidere di vendere come e quando vuole il proprio tesserato e alla cifra che riterrà congrua. Ecco spiegato l'interesse a vedere annullato un contratto che toglie a Donnarumma e soprattutto a Raiola potere d'azione.
Club e agente però potrebbero avere interesse comune a ritrovare un'intesa in vista della cessione del promettente numero uno, indispensabile per ammissione dello stasso ad rossonero Marco Fassone, per far fronte alle esigenze economiche del club. In quest'ottica perché abbia impatto sul bilancio 2017/18 è sufficiente che la vendita avvenga prima del 30 giugno 2018 (quindi non c'è tecnicamente il bisogno di procedere a gennaio). E, in ultima analisi, che si crei nella piazza una clima negativo nei confronti del portiere può essere utile a favorirne l'addio ai rossoneri.

© Riproduzione riservata