
«È molto importante e positivo che il Capo dello Stato abbia invitato tutti a fare proposte realistiche. Questo però non significa limitarsi alla manutenzione dell’esistente, di continuare con la logica dello zero virgola: l’Italia ha bisogno di uno scossone, di un vero e proprio shock, che non può che partire da una rivoluzione fiscale e i presupposti per realizzarla ci sono». Daniele Capezzone è da sempre un liberale convinto. Assieme a Direzione Italia, il partito guidato da Raffaele Fitto, e ad altre formazioni composte prevalentemente da ex Pdl ed esponenti dell’area moderata ha dato vita a «Noi con l’Italia», la cosiddetta quarta gamba della coalizione di centrodestra.
In che modo si concilia l’esigenza di non far saltare i conti pubblici, con lo «scossone» che lei auspica?
Il nostro mantra in questi tre anni, con Raffaele Fitto, è stato: “meno tasse-meno spesa-meno debito”. Ma non si tratta di un mero slogan. Abbiamo per tre anni, in tre successive leggi di stabilità, presentato emendamenti per un taglio di tasse da 40 miliardi, a cui abbiamo fatto corrispondere coperture vere: 40 miliardi di tagli alla spesa pubblica eccessiva e improduttiva. Sottolineo che questi emendamenti sono stati tutti ammessi e quindi ritenuti coperti dal punto di vista finanziario, a conferma che un intervento-shock è possibile, che si può fare! Il Governo invece ha deciso di puntare su mancette come gli 80 euro e contemporaneamente ci ha lasciato in eredità una zavorra da 15 miliardi per la copertura delle clausole di salvaguardia Iva. Ècome se il nuovo Governo dovesse partire subito da “meno 15”.
E da dove uscirebbero i 40 miliardi per coprire la riduzione fiscale?
I tagli di spesa erano largamente presi dal Rapporto Cottarelli e dai successivi lavori anche del professor Perotti. Li abbiamo trasfusi in emendamenti ammessi. In particolare, puntiamo su un fortissimo taglio alla piovra delle municipalizzate, prevedendone anche l’obbligo di chiusura, oltre all’applicazione immediata dei costi standard nella Sanità, a ulteriori tagli alla spesa improduttiva, intervenendo sugli acquisti di beni e servizi della Pa. Segnalo un dato: negli ultimi 20 anni, la spesa di Regioni, Province e Comuni è cresciuta di circa 38 miliardi per il personale e di 44 miliardi per l’acquisto di beni e servizi. Basterebbe riportare queste spese ai livelli del 2005 per risparmiare circa 17 miliardi di euro.
E chi beneficerebbe di questa rivoluzione fiscale?
Famiglie, imprese, lavoratori, proprietari di immobili. Stiamo ancora discutendo (qualcuno vorrebbe follemente reintrodurla!) della tassa sulla prima casa, e fingiamo di non vedere la valanga di Imu-Tasi che tuttora colpisce tutti gli altri immobili: immobili strumentali delle imprese, seconde case.
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