Un tasso di crescita che rimane invariato nel più “prudente” degli scenari, quello targato Pd, e che invece sale a ritmi più o meno intensi a colpi di politica economica negli altri casi; perché spinto dalle riduzioni fiscali, centrali soprattutto nelle diverse Flat Tax del centro-destra, oppure dagli investimenti pubblici «ad alto potenziale», che giocano da protagonisti nei programmi di Liberi e Uguali e Movimento 5 Stelle.
Def espansivi per tutti i partiti
Le privatizzazioni escono praticamente di scena, con l’unica eccezione di Forza Italia, ma il «combinato disposto» di misure e analisi di contesto produce in tutti i casi riduzioni più o meno rapide del debito. Il passivo torna al 100% in dieci anni negli obiettivi del Partito democratico, impiega la metà del tempo per fare lo stesso percorso nei progetti di Forza Italia, e scende in fretta anche secondo gli altri partiti. Il tutto, sempre, grazie all’ottimismo che anima tutti gli scenari, e a calcoli complicati da cifrare in modo solido a preventivo sugli effetti delle diverse proposte, fiscali e non. Il risultato è che tutti i «Def dei partiti» sono più espansivi rispetto all’ultimo Def ufficiale, aggiornato nell’autunno scorso dal governo: ma fanno scendere il debito a ritmi generalmente più intensi rispetto alle previsioni “bollinate”.
Il filo rosso che lega le varie proposte è ovviamente una ricerca di consenso che viene facilitata da tasse in discesa e misure pro-famiglia più che dall’enfasi sui conti. Ma queste premesse si colorano di tinte diverse nei vari programmi. Più “continuista” quello del Pd, anti-tasse nel centro-destra e pro-investimenti da M5S a Leu.
Il richiamo di Bankitalia
Quasi tutti, in realtà, spiegano di rispettare l’ultimo invito alla politica a «non lasciare dubbi al mercato», ribadito sabato dal governatore di Bankitalia Ignazio Visco. «Lo prendiamo tanto sul serio da presentare l’unico programma credibile di riduzione progressiva del debito», rivendica dal Pd Tommaso Nannicini. I conti tornano se crescita e tassi di interesse si mantengono stabili, e se l’inflazione si avvicina all’obiettivo Ue del 2%. Proprio sulla base del richiamo ai calcoli europei Nannicini giudica «solide» le condizioni alla base del programma, e al riparo da sorprese sul debito aggiunge «la durata media dei titoli, che riduce le oscillazioni, e la crescita finalmente raggiunta». In caso di sorprese, entrerebbe in campo il cuscinetto di sicurezza delle dismissioni, con l’operazione Capricorn. La reazione opposta arriva invece dai Cinque Stelle, che con Laura Castelli chiedono di «discutere nel merito di quali riforme parliamo, perché serve un cambio di approccio radicale che ci porti a puntare su una vera riqualificazione della spesa». Riqualificazione che non significa “taglio”, al punto da portare i Cinque Stelle a evitare previsioni sull’avanzo primario che «non è un riferimento chiave» se la sua difesa porta a «ridurre spesa pubblica produttiva e imprescindibile». Resta, da dettagliare, il maxi-piano di tagli agli «sprechi».
Azzurri pro flat tax
“Ortodosso” nelle premesse ma “di rottura” negli strumenti è il menù di Forza Italia. «Con un debito che non è sceso e la produttività che ristagna bisogna presentarsi ai mercati con uno shock fiscale - è la tesi di Renato Brunetta - che attiva un circolo virtuoso su crescita e debito». Il finanziamento della Flat tax arriverebbe da una razionalizzazione delle tax expenditures («che deciderà il governo», spiega Brunetta evitando anticipazioni) e da misure come l’azzeramento del contenzioso: «L’importante è il principio della copertura integrale - chiosa - rivolto ai mercati più che all’Europa, che ormai ha perso credibilità come ente del rigore». Il programma di Forza Italia è poi l’unico a ospitare privatizzazioni, da 6 decimali di Pil all’anno secondo i numeri forniti all’Osservatorio della Cattolica guidato dall’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli (che si trincera dietro a un “no comment” sulla poltrona ministeriale offertagli domenica via Tv da Silvio Berlusconi). Ma il «piano di attacco al debito» di Fi contempla anche l’idea di dismettere a società veicolo i beni dello Stato «disponibili e non strategici».
Salvini e la “pace fiscale”
Niente dismissioni di peso, invece, nei piani della Lega, che gioca le sue carte sul rilancio atteso da Flat Tax al 15% e «pace fiscale». «Non immaginiamo di sforare il rapporto deficit/Pil - chiarisce Armando Siri - anzi semplificazione e abbattimento delle imposte si propongono di espandere la base imponibile». Nel collage delle coperture entra anche l’azzeramento in tre anni di 18 miliardi di «sostegno all’occupazione nelle sue svariate forme» e di 7 miliardi di incentivi alle imprese. «Noi vogliamo ridurre di 9 punti le imposte alle imprese - riassume Siri - e poi vogliamo che le imprese riescano a cavarsela da sole senza elemosine di Stato».
La sinistra punta sugli investimenti pubblici
Ai tagli fiscali del centro-destra la sinistra replica con gli investimenti pubblici. Da Leu, Stefano Fassina la spiega così: «La nostra strategia punta sulla crescita con l’aumento della spesa per investimenti di tre punti di Pil nella legislatura, per riportare ai livelli del 2007 questa voce oggi caduta al minimo storico». Ma a completare il quadro c’è anche un complesso coté europeo che chiede di rilanciare la richiesta di strumenti di condivisione dei rischi sul debito. «Le difficoltà politiche sono evidenti - chiarisce lo stesso Fassina - ma è la ricetta da contrapporre alle irricevibili proposte alla tedesca della commissione Junker».
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