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Dossier | N. 177 articoliElezioni 2018-Ultime notizie, interviste e video

Steni Di Piazza, il candidato che ha lanciato in Sicilia il modello dell’«economia civile»

Folgorato sulla via del Movimento. Non è una forzatura ma è quanto sostiene Stanislao Di Piazza, 61enne siciliano candidato al Senato per il M5S.
La folgorazione, anziché sulla via di Damasco, è avvenuta a Palermo dove Steni (tutti lo conoscono così) vive e lavora. C'è anche una data: 6 maggio 2014.
Quel giorno i 14 consiglieri regionali del Movimento firmarono davanti a un notaio la donazione di un milione di euro alla Fondazione di Comunità Messina con lo scopo di costituire un fondo di garanzia a favore di operazioni di micro credito che la banca etica di Palermo ha poi erogato per alcune piccole e medie imprese siciliane.

«Elemento essenziale per concludere un'operazione di micro credito – spiega Di Piazza al sole24ore.com – sono i fondi di garanzia, che servono a garantire i finanziamenti. I fondi di garanzia in genere sono in capo ad un ente pubblico, Regione, Provincia o Comune che sia. Noi non riuscivamo a trovare una sponda di questo tipo. Vennero a trovarmi due consiglieri regionali del M5S e alla fine ci trovammo con tutti gli altri a firmare la donazione alla Fondazione di Comunità di Messina, che ha stipulato la convenzione con la filiale di Palermo di Banca etica. Questo triplice passaggio era fondamentale. Dapprima i consiglieri regionali si dovevano spossessare delle risorse e dopo poteva essere avviato il rapporto diretto tra Fondazione e Banca etica. Fu una folgorazione perché la loro generosità si sposava appieno con la mia esperienza».

Già, perché Steni Di Piazza aprì nel 2007 e diresse per anni la filiale della Banca etica a Palermo, con la quale portò a compimento il progetto Jeremie, attraverso il quale la Regione Sicilia e il Fondo europeo per gli Investimenti (Fei) hanno destinato risorse per supportare lo sviluppo delle Pmi siciliane che operano con finalità sociale, al tasso dell'1,3%.
A gennaio 2012 Di Piazza ha dato vita ad Avola (Siracusa), al primo Laboratorio nazionale di economia civile. In quella occasione 250 persone, studenti e operai, imprenditori e banchieri, impiegati e disoccupati, giovani ed anziani, donne e uomini, lanciarono l'idea di nuove regole per un nuovo modello di economia, l'”economia civile”, in cui il mercato non è combattuto, ma vissuto come luogo aperto anche ai principi di reciprocità e di solidarietà e perciò capace di costruire le città. «L'economia civile, a differenza dell'economia capitalistica – afferma Di Piazza – che tende alla massimizzazione del profitto, guarda, prima all'uomo e poi al capitale».

Dal 1° luglio 2015 Di Piazza è referente per il sud di Etica sgr, società di gestione del risparmio del Gruppo Banca Etica, che istituisce, promuove e gestisce esclusivamente fondi comuni di investimento socialmente responsabili con lo scopo di «rappresentare i valori della finanza etica nei mercati finanziari, sensibilizzando il pubblico e gli operatori finanziari nei confronti degli investimenti socialmente responsabili e della responsabilità sociale d'impresa».
Di Piazza – già folgorato dalla politica nel 1990 quando si candidò e venne eletto con la Democrazia Cristiana al consiglio comunale di Palermo dove rimase fino al 1993 – si è avvicinato al movimento lo scorso anno, quando sottoscrisse un documento in cui una serie di professionisti, imprenditori e docenti universitari dichiararono che avrebbero votato per il M5S alle elezioni regionali.
«L'idea della candidatura per le politiche – afferma Di Piazza – è nata per il fatto che il M5S ha fatto la scelta di aprirsi alla società civile e mi hanno dunque chiesto la disponibilità. Dall'altro lato, però, avevo le mie motivazioni interne. Ho 61 anni, dalla vita ho avuto tanto ed è giusto dunque restituire qualcosa con la prospettiva di dare una vita diversa ai nostri figli. Anche la borghesia siciliana soffre quel che soffre il resto della popolazione isolana, vale a dire avere i figli fuori a caccia di un'occupazione. E' drammatico. I nostri figli devono scegliere di andarsene e non essere costretti a lasciare la Sicilia».

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