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Consultazioni: volti nuovi tra i capigruppo, eccezione Lega con Giorgetti

Giancarlo Giorgetti, capogruppo alla Camera della Lega e fedelissimo di Matteo Salvini
Giancarlo Giorgetti, capogruppo alla Camera della Lega e fedelissimo di Matteo Salvini

Volti nuovi al Colle tra i capigruppo dei principali partiti per le consultazioni iniziate oggi con i presidenti di Camera e Senato. Con l’unica eccezione della Lega, che, a confronto con lo scenario post elezioni 2013, nella sua delegazione conferma il presidente dei deputati Giancarlo Giorgetti, braccio destro di Matteo Salvini, l’uomo che ha gestito tutti i passaggi delicati del Carroccio da vent’anni a questa parte (attraversando le stagioni di Bossi, Maroni e Salvini), comprese le complicate trattative sulla legge elettorale.

Giorgetti, il fedelissimo di Salvini
Sul campo, in commissione Bilancio alla Camera, Giorgetti ha maturato anche una notevole competenza in materia di conti pubblici: è stato presidente della commissione bilancio nella XVI legislatura (2008-2013) nonché relatore della manovra correttiva nel 2011 e presidente della commissione speciale sul Def nel 2013. Filo-Usa convinto, sul piano internazionale Giorgetti riequilibra nella Lega in qualche modo l’aperto sostegno al presidente Usa Vladimir Putin da parte del segretario Salvini, che tuttavia non ha mai nascosto il suo apprezzamento per il presidente Trump.

Il confronto con la scorsa legislatura
Rispetto alla scorsa legislatura, dopo la “non vittoria” del Pd di Bersani e le lunghe consultazioni che portarono dopo 62 giorni dal voto al giuramento del governo Letta, i protagonisti sono dunque cambiati. In occasione del fallito mandato esplorativo affidato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano all’allora segretario dem Pier Luigi Bersani, per il Partito democratico salirono al Colle il capogruppo alla Camera Roberto Speranza (poi passato a Mdp-Liberi e Uguali) e al Senato Luigi Zanda, mentre domani lo studio della Vetrata ospiterà per i dem (oltre al reggente Maurizio Martina e al presidente Matteo Orfini) i neocapigruppo Graziano Delrio (Camera) e Andrea Marcucci (Senato).

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Volti nuovi anche per il M5s
Anche per il M5s sono lontani i tempi al Colle di Roberta Lombardi e Vito Crimi
(eletto oggi alla guida della Commissione speciale di palazzo Madama), protagonisti poi del famoso faccia a faccia con Bersani nel quale il segretario dem, in cerca di una maggioranza di governo, incassò a muso duro il no a qualsiasi ipotesi di fiducia. Ora è il momento per il M5s di Danilo Toninelli (Senato) e Giulia Grillo (Camera), fedelissimi di Di Maio, che in base al nuovo regolamento introdotto a dicembre scorso resteranno in carica 18 mesi (senza più l’alternanza ogni 3 mesi come accadeva in passato), mentre i successivi, fino alla fine della legislatura, avranno un mandato di un anno.

Per Fi rappresentanza femminile
Facce nuove anche per Forza Italia, che sale al Colle con una rappresentanza tutta femminile, guidata, come nel 2013, dal leader Silvio Berlusconi. Cinque anni fa c'erano Renato Schifani (poi sostituito da Paolo Romani al Senato) e Renato Brunetta. Domani faranno il loro debutto al Quirinale Anna Maria Bernini e Maria Stella Gelmini. Mentre per la Lega Giancarlo Giorgetti, affiancato nel 2013 da Massimo Bitonci (assente l’allora segretario Roberto Maroni), salirà al Colle con Salvini e il capogruppo al Senato Gian Marco Centinaio. Quest’ultimo è stato confermato in questa legislatura nel suo incarico a palazzo Madama dopo aver preso nel 2014 il posto di Bitonci dimessosi per incompatibilità a seguito della nomina a sindaco di Padova.

Lega e Fi insieme al Colle nel 2013
Da segnalare che in occasione del primo giro di consultazioni a marzo, sfociate nel mandato esplorativo affidato all’allora segretario dem Pier Luigi Bersani (dopo le elezioni politiche del 2013) le due delegazioni di Lega e Forza Italia salirono al Colle insieme. Unico e non ripetuto caso nell’ultimo decennio. Erano altri tempi. E il centrodestra era fermo sulla linea di stoppare il tentativo di formare un governo da parte di Bersani, che disponeva di una maggioranza alla Camera (grazie al premio di maggioranza previsto dal “Porcellum”) ma non al Senato.

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