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Governo, Fico vede di nuovo delegazioni Pd e M5s

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le trattative per il governo

Governo, Fico vede di nuovo delegazioni Pd e M5s

Le consultazioni del presidente della Camera Roberto Fico riprenderanno domani nel Salottino del Presidente. Alle 11 è fissato l’incontro con la delegazione del Pd, alle 13 con quella del M5S. Occhi puntati dunque all’esito della trattativa con i dem. Da un lato le aperture a “vedere le carte” del reggente Maurizio Martina, consapevole delle distanze dal M5s, ma molto preoccupato «rispetto a un governo a trazione leghista». Dall’altro la chiusura secca dei renziani a qualsiasi ipotesi di governo M5s-Pd. Mentre una buona fetta della base di entrambi i partiti ribolle di fronte a un’ipotesi di accordo. 

La posizione ufficiale del leader del M5s Luigi Di Maio è che, chiuso il «forno» con la Lega, rea di non aver voluto “mollare” l’alleato Berlusconi, se fallisce il tentativo di governo in corso con il Pd «c'è il ritorno al voto». Il M5S infatti «non è disponibile a dare la sua fiducia a esecutivi tecnici o istituzionali». Da Trieste intanto Berlusconi, intervenendo alla cerimonia del 25 aprile alle Malghe di Porzus (Udine), ha lanciato inviti al dialogo dicendosi impegnato « a cercare una soluzione alla crisi politica, senza veti né preclusioni, rispettosa del voto espresso dagli italiani». E si è reso protagonista di nuove invettive contro i Cinquestelle davanti a M5s gente si sente come ebrei con Hitler»)

Martina: non poche possibilità di voto a ottobre
Alla vigilia del secondo round di consultazioni, Martina ha ribadito oggi a margine di una manifestazione per il 25 aprile, le motivazioni delle sue posizioni “aperturiste” (esplicitate già subito dopo il primo round di consultazioni con il presidente della Camera Roberto Fico), legandole alla «preoccupazione vera rispetto a un governo a trazione leghista». E ha spiegato meglio: «Se il rischio è consegnare il Paese a derive pericolose, c’è una consapevolezza del Pd nel provare a prendere un’iniziativa, sapendo che è complicato, nessuno la fa facile».

Poi, consapevole delle divisioni nel partito, Martina ha aggiunto: «Abbiamo bisogno di tutte le forze del Pd. Decideremo insieme e quel che decideremo impegnerà tutti». Intervenendo in serata a Porta a Porta, il reggente ha anche ammesso che «ci sono non poche possibilità di voto a ottobre». Una prospettiva definita però «da evitare, soprattutto perché pericolosa per il Paese». Quanto ai rapporti con Renzi ha ammesso l’esistenza di «punti di vista differenti». Ma ha anche aggiunto: «Non c'è nessun problema, anzi. Facciamo bene a confrontarci».

La spaccatura nel Pd
La mossa di Sergio Mattarella di sondare il canale M5s-Pd ha di fatto spaccato i dem, che si sono presentati ieri all’appuntamento con Fico con una delegazione divisa a metà: da una parte il presidente del partito Matteo Orfini e il capogruppo al Senato Andrea Marcucci, fermi sulla linea del “no all'accordo con i 5 Stelle” dettata da Renzi; dall'altra il reggente Martina, che come il ministro Dario Franceschini, è favorevole ad andare a vedere le carte senza pregiudizi e senza veti preventivi; in mezzo il capogruppo alla Camera Graziano Delrio, e con lui il coordinatore della segreteria dem Lorenzo Guerini.

Rosato: distanze abissali con M5S ma valuteremo
Cauto il vicepresidente della Camera, Ettore Rosato (Pd): «Le distanze tra noi e il M5S sono abissali, enormi, siamo stati avversari per cinque anni non per
caso ma per profondi motivi di divergenza sui programmi» ha detto , a margine della cerimonia alla Risiera di San Sabba per il 25 Aprile. Tuttavia, con senso di responsabilità - ha aggiunto - convochiamo i nostri organismi dirigenti” per capire “se è utile o no, nell’interesse del Paese, fare un governo con forze politiche così distanti». Mentre il sottosegretario Antonello Giacomelli (area renziana) è arrivato addirittura a chiedere a Matteo Renzi di «ritirare le sue dimissioni e guidare tutto il partito in questo confronto», perché «si tratta di una verifica importante, per i diversi scenari che possono aprirsi ed il Pd non può affrontarla con un assetto provvisorio».

L’allargamento del fronte governista
La sensazione è che il partito governista si stia allargando in queste ore (dalla moral suasion dei “padri” nobili Romano Prodi e Walter Veltroni alla posizione dialogante di un dirigente come Piero Fassino, vicino a Renzi). Ma l’ex segretario dem sulla carta controlla la maggioranza dei gruppi. E non va dimenticato il margine ristretto che avrebbe un governo M5S-Pd in Senato (161 più i 4 senatori di Leu e i 5 delle Autonomie).

L'ipotesi scissione
La conta ora si sposta in direzione, probabilmente il 2 maggio. Renzi e i suoi contano di vincerla, ma lo scenario resta fluido. E da parte dell’ex segretario dem aleggia la “minaccia” del rischio scissione e della formazione di un nuovo partito europeista alla Macron se alla fine un governo M5s-Pd dovesse andare in porto.

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