«Siamo seri, chi ha perso non può andare al governo. Il 4 marzo non è stato uno scherzo. Ora tocca a loro governare. Non possiamo rientrare dalla finestra con un gioco di palazzo». L’ex segretario del Pd Matteo Renzi, intervenendo a Che tempo che fa, la trasmissione di Fabio Fazio su Rai 1, chiude a un governo Pd-M5S. «Incontrarsi è un bene – ha aggiunto – si sono incontrate le due Coree. Si possono parlare anche Pd e 5 stelle. L’incontro, anzi – ha sottolineato – andrebbe fatto in streaming, per vedere se hanno cambiato idea sui vaccini, sulla Tav, sul reddito di cittadinanza. Incontrarsi con Di Maio sì, votare la fiducia a governo Di Maio no», ha precisato.
L’ex segretario rilancia sulle riforme: stop a bicameralismo
E sulla direzione del Pd del 3 maggio, Renzi ha detto: «Deciderà la direzione, il referendum tra gli iscritti... Ma ci sono 52 senatori Pd, almeno 48 devono votare la fiducia a Di Maio per far partire il suo governo. Non ne conosco molti che voterebbero una fiducia a Di Maio» . Ma Renzi ha anche rilanciato sulle riforme, come anticipato dal Sole24Ore: «Se i vincitori non riescono a fare un governo, prima di tornare a votare siamo disponibili a ragionare di riforme costituzionali con tutti, ma la prima proposta deve venire dai vincitori. La nostra è stata già bocciata con il referendum del 4 dicembre 2016». L’ex segretario Pd non ha comunque rinunciato a dare le sue priorità: «Il sistema sta in piedi se c’è una Camera sola. Con due Camere il ballottaggio non è possibile». Se ci saranno i presupposti, si potrà avviare una legislatura costituente con «un governo di tutti. Con chi? Deciderà il capo dello Stato Sergio Mattarella. Un governo che potrà andare avanti un anno o due».
Calenda: governo istituzionale aperto a tutti
Nel pomeriggio era intervenuto Carlo Calenda: all’Italia serve «un governo istituzionale, aperto alla partecipazione di tutti i partiti, non composto da figure dei partiti e con obiettivi che siano condivisi», il rispetto «degli obblighi internazionali e che anche metta mano» alla «legge elettorale», ha detto il ministro dello Sviluppo economico (da poco iscritto al Pd e tra i contrari a una intesa con il M5S), a in 1/2h più. Calenda non ha voluto dare un’identikit del premier ma si è detto contrario «a un governo di professori. Oggi la grande questione è gestire la realtà e la teoria ha mostrato dei limiti enormi».
Luigi Di Maio rilancia i punti comuni con il Pd
Il leader del M5S Luigi Di Maio, da parte sua, è convinto che una collaborazione con i democratici sia possibile. E lancia, in una lettera al Corriere della sera, un appello elencando i punti in comune su lavoro, povertà, Europa, giustizia: «Credo - scrive Di Maio - che la situazione delicata e un passaggio simile comportino la responsabilità da parte di tutti, quindi qualunque sarà la decisione della direzione deve essere rispettata da tutti». Ne potrebbe derivare non un’alleanza, precisa, che implicherebbe «scambi di poltrone» ma un “contratto” che, assicura Di Maio, «verrà sottoposto alla votazione dei nostri iscritti online sulla piattaforma Rousseau». A Di Maio ha risposto Matteo Orfini, presidente del Pd e vicino a Matteo Renzi: «non basta una letterina di Natale a cambiarne la natura e nascondere la realtà».
Salvini attacca l’intesa M5S-Pd
Intanto il leader della Lega Matteo Salvini attacca l’ipotesi di intesa M5S-Pd: «Noi i programmi non li cambiamo in corsa: abolire l’infame legge Fornero sarà la nostra priorità. Voglio andare al governo con chi ci darà una mano per FARE, per realizzare il programma premiato dagli elettori. Gli italiani meritano RISPETTO, altro che governi col Pd!», ha scritto Salvini, su twitter.
Tajani: governo di centrodestra di minoranza
Intanto il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani (Fi), è tornato a rilanciare l’obiettivo che sembra essere anche quello di Silvio Berlusconi: In Italia «si può fare un governo di centrodestra di minoranza sostenuto da parlamentari di buona volontà, che si occupi di alcuni punti, lotta all’immigrazione irregolare, lavoro per i giovani, sicurezza dei cittadini», ha detto a Domenica Live. Per Tajani l’avvicinamento tra Pd e M5s sembra «teorico, non credo che il matrimonio si farà, sono troppo differenti, si sono azzannati per anni. Credo che Salvini - ha concluso il presidente del Parlamento europeo - sia una persona leale e corretta e rispetterà gli impegni presi con gli elettori del centrodestra, non farà un governo Lega- 5 stelle».
Ipotesi referendum tra gli iscritti dem
Intanto l’idea di un referendum interno al Pd sul dialogo con gli ex arci-nemici del Movimento 5 Stelle è stata rilanciata ieri dal segretario reggente Maurizio Martina. Lo Statuto del Pd attribuisce proprio al leader la possibilità di indire la consultazione. Nel caso di Martina, però, subentrato a Matteo Renzi dopo le sue dimissioni, la “reggenza” escluderebbe questa facoltà.
Il ruolo della direzione Pd
L’organismo titolato a sottoporre agli iscritti il quesito (dialogo sì, dialogo no) resta perciò la direzione.Dove, però, serve il voto favorevole della maggioranza assoluta dei suoi componenti. L’organismo che si riunirà mercoledì e che sarà chiamato per primo a decidere la linea da tenere per poi sottoporla alla valutazione della “base” conta 210 membri. Quelli considerati fedeli alla linea dell’ex segretario Matteo Renzi (contrario a un accordo con i pentastellati) sono oltre la metà (130). Un veto dell’ex premier sarebbe perciò determinante. Ci sarebbero altre due vie per celebrare la consultazione: la richiesta del 30% dei componenti l’Assemblea nazionale o del 5% degli iscritti. Procedure troppo lunghe rispetto ai tempi imposti dalla crisi post-elezioni.
Il regolamento della consultazione
Spetta sempre alla direzione varare il regolamento che deve essere approvato con il sì della maggioranza assoluta dei suoi componenti. Anche in questo caso, perciò, sarebbe determinate la posizione dei renziani. Un dettaglio non da poco. La decisione, infatti, riguarda aspetti decisivi di un eventuale referendum sull’avvio della trattativa con M5S in vista di un governo insieme: solo consultivo (e quindi con esito non vincolante) oppure deliberativo? Aperto a tutti gli elettori (come vorrebbe Andrea Orlando) o riservato ai soli iscritti (come potrebbe concedere al massimo Renzi)?
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