È il Giro d'Italia numero 101, ma è come se fosse il primo della sua lunga storia iniziata a Milano il 30 maggio del 1909. Un Giro che non solo esce dall'Italia (e questa non è una novità) ma che addirittura varca i confini dell'Europa con una partenza in tutti i sensi straordinaria: venerdì 4 maggio da Gerusalemme con arrivo finale, altrettanto affascinante ed evocativo, a Roma sui Fori Imperiali domenica 27 maggio.
Un Giro quindi che prima di entrare nella piccola storia del ciclismo entra di diritto nella Grande Storia collettiva sia perché sarà sotto i riflettori del mondo (2000 giornalisti accreditati, 198 paesi in diretta tv) sia perché con questa scelta, in un momento carico di nuove tensioni per le dure parole antisemite lanciate da Abu Mazen, il Giro assume un inedito ruolo di portatore di pace e fratellanza, simboli quanto mai unificanti in un terra martoriata dalle divisioni.
Lo sport, anche se non sono mai mancati gli ostacoli, aiuta a superare le differenze, ma questa volta il traguardo, unendo in un unico percorso le due città simbolo delle religioni monoteiste, è davvero ambizioso. Un'impresa titanica che sarebbe sicuramente piaciuta a Gino Bartali, nominato mercoledì cittadino onorario di Gerusalemme tra le colline della Memoria. Qui Ginettaccio aveva già dal 2013 un posto come Giusto tra le nazioni per aver salvato, portando documenti falsi nascosti nel piantone della bici, molti ebrei braccati dal nazismo.
Bartali, che come tutti i grandi, non si è mai vantato («Guardate che non ho fatto nulla di speciale, il bene si fa ma non si dice…») avrebbe gradito di sicuro questa nuova “missione” pur sapendo che non sarebbero mancati rischi e anche incomprensioni.
Ma al di là dei suoi significati storici, questo nuovo Giro si annuncia molto intrigante anche dal punto di vista sportivo. Il favorito numero uno è naturalmente il britannico Chris Froome. Con quattro Tour alle spalle e una Vuelta di Spagna, il keniano bianco vuole vincere anche il Giro per entrare nel leggendario Pantheon di chi ha centrato tutte le grandi corse a tappe (impresa riuscita solo a Merckx, Gimondi, Anquetil, Nibali, Hinault e Contador).
Froome, oltre a una super squadra come Sky, avrebbe tutte le carte in regola per farcela. Ma c'è un però. Il britannico parte infatti con una fortissima riserva: quella della famosa storia del Salbutamolo, sui cui pende il giudizio del tribunale antidoping.
Una vicenda pasticciata, come sono pasticciate quasi tutte queste vicende in cui grava l'ombra di un aiuto illecito. Tutto infatti può succedere. L'olandese Tom Dumoulin, vincitore dell'ultima edizione, lo dice senza giri di parole: «Io al suo posto non avrei partecipato. La sua presenza non è un bene per il ciclismo. Magari vince e, dopo poche settimane, gli tolgono la maglia rosa».
Parole pesanti cui Froome replica con la sua solita aria da bravo ragazzo finito per caso in una banda di bulli: «Comprendo la sua situazione, però non ho fatto niente di sbagliato. Il processo è in corso e non posso fornire dettagli. Ma io dormo tranquillo.. E lo dimostrerò cercando di vincere il Giro...».
Insomma, si parte già male. Anche se tutti, compreso il nostro Fabio Aru, dicono che punteranno alla vittoria finale senza condizionamenti, sapere però che sul più forte pende questa spada di Damocle, porterà sicuramente molti big a
correre in modo diverso. Sicuramente con qualche calcolo e tatticismo in più.
Dicevamo di Fabio Aru, il nostro candidato al podio in assenza di Vincenzo Nibali. Il sardo, pur promettendo battaglia, non è in prima fila nella pole. Oltre a Froome, davanti a lui, almeno sulla carta , c'è proprio Tom Dumoulin che pur tenendo bene in salita è anche un ottimo cronomen. Aspetto non secondario in un percorso che, pur presentando ascese come quella dello Zoncolan e arrivi in salita impegnativi come Prato Nevoso. Bardonecchia e Cervinia, verrà comunque condizionato dai complessivi 44,2 km a cronometro. Oltre alla partenza di Gerusalemme (9,7km), uno snodo molto importante sarà la prova di Rovereto alla sedicesima tappa. Una prova contro il tempo di 34,5 km, molto tecnica e adatta quindi agli specialisti.
Ecco perché Aru non è troppo tranquillo. Il sardo, che guida la Uae Emirates, sa che è arrivato al dunque: alla vigilia del suo 28° compleanno, è ben consapevole che deve uscire dal ruolo della bella promessa per entrare in quello più scomodo del campione a tempo pieno. E qui siamo alla resa dei conti. Non c'è più Nibali ad oscurarlo. Ora deve fare il capitano a tutti gli effetti. Un ruolo che porta responsabilità e anche logoramento.
Il sardo è un ottimo scalatore. E qui avrà pane per i suoi denti a partire dal primo arrivo in salita (sesta tappa) dell'Etna, poi seguito dalle tappe di Montevergine (ottava) e del Gran Sasso d'Italia (nona). Tornerà lo Zoncolan (14esima tappa) e il Colle delle Finestre (19esima) che con i suoi 2178 metri sarà la Cima Coppi del Giro. Selettivi, e probabilmente decisivi, saranno anche gli arrivi di Bardonecchia e Cervinia. Anche perché saranno gli ultimi prima di Roma.
Insomma, per il Fabio è tempo di esami. Qui al Giro arriva dopo 22 giorni di corsa sulle spalle e nessun successo. Nulla di male. «Preferisco non partire al 100%, piuttosto che poi avere un cedimento nel finale come è successo all'ultimo Tour», ha detto il Cavaliere dei 4 Mori facendo capire che la forma arriverà piano piano. Sperando che non sia “troppo” piano.
Anche perché di gente forte in salita non c'è solo Aru. Si faranno sentire anche il francese Thibaut Pinot e i colombiani Miguel Angel Lopez ed Esteban Chaves. Da non sottovalutare anche il sempre verde Domenico Pozzovivo, capitano della Bahrain - Merida. Domenico, che aiuterà Nibali al Tour, è un bel tipo: dopo 13 stagioni da professionista (e 13 vittorie) si vorra togliere qualche soddisfazione anche a questo Giro, magari in una tappa di montagna, dove i big si marcheranno stretti e forse gli lasceranno spazio per una sortita.
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