C'è un patrimonio grande di cui l'Italia dispone. Non si tratta dei 5 mila e 300 miliardi della ricchezza delle famiglie che potrebbero essere messi a repentaglio dal rialzo dello spread, dalla caduta dei corsi dei titoli e dei valori degli immobili e da una fine prematura e immeritata della ripresa in corso. Si tratta della grande fiducia di cui oggi l'Italia gode presso i suoi partners, la fiducia nella nostra tenace capacità di risparmiare e di recuperare i ritardi, e anche, in definitiva, della fiducia in noi stessi e nel nostro futuro. È a questo che il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco ha fatto appello nelle venti asciutte cartelline della sue Considerazioni finali. Non buttiamo via il molto che abbiamo, ha fatto capire.
C'è una ripresa che dura da 20 trimestri e che, pur non essendo di costituzione robustissima, è la migliore performance degli ultimi dieci anni . I conti con l'estero vanno bene e la posizione netta sull'estero del paese ha ridotto a un minimo storico il suo valore negativo. Ci sono miglioramenti strutturali della nostra economia, che dopo vent'anni di bassa produttività sta ritrovando la capacità di far nascere imprese innovative e di esportare puntando soprattutto sulla qualità . C'è la coscienza della necessità di curare il disagio sociale e quella povertà assoluta che durante la crisi più grave della nostra storia è arrivata a sfiorare il 7 per cento. Per farlo , avverte il governatore è importante non perdere la consapevolezza di quelli che sono inostri vincoli di bilancio.
Un debito del 132 per cento del Pil, percentuale che supera del 50 per cento la media del resto di Eurolandia, espone a crisi di fiducia particolarmente pericolose quando si deve rifinanziare ogni anno 400 miliardi di titoli pubblici oltre al nuovo fabbisogno, dice Visco, nel giorno in cui lo spread sfonda i 300 punti percentuali. Visco spiega che se le tensioni di questi giorni si ridurranno, si ridurrà «leggermente» anche lo stock del debito pubblico, a mano a mano che verranno a scadenza i titoli collocati a tassi più elevati. Ma di certo , scandisce, ridurre l'incidenza del debito è un obiettivo irrinunciabile.
E fa capire chiaramente che le politiche fiscali ultra-espansive hanno le gambe corte, come le promesse di quel contratto che mancava di coperture fiscali per circa 5 punti di pil. L'eventuale impatto sulla domanda, oltre al rischio di essere vanificato dal giudizio negativo dei mercati , sarebbe controbilanciato da un maggiore debito e una maggiore spesa per interessi. Non si debbono fare passi indietro ma, al contrario, occorrerebbe cogliere l'occasione della buona congiuntura per aumentare leggermente l'avanzo primario , «senza pregiudizi» dice il governatore, verso un aumento delle imposte meno distorsive ( come ad esempio il ritocco dell'Iva previsto dalla clausole di salvaguardia, ndr).
Tutto ciò andrebbe fatto, secondo Visco, non perché ce lo chieda l'Europa. Sul fatto che il destino dell'Italia sia in Europa, ovviamente, non si discute, secondo il governatore, per il quale è essenziale la presenza italiana nei contesti in cui si decide il futuro europeo. Ma per l'Italia oggi alcuni passi sono obbligati: li impongono la razionalità economica e il dovere morale di non compromettere il futuro dei nostri figli.
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