Italia

Migranti, dalle piattaforme regionali ai rimpatri: il dizionario della…

  • Abbonati
  • Accedi
verso il vertice ue di domenica

Migranti, dalle piattaforme regionali ai rimpatri: il dizionario della crisi

Dai movimenti primari a quelli secondari; dai rimpatri alle piattaforme regionali; dal regolamento di Dublino ai reinsediamenti. Sono tanti e non sempre di facile comprensione i termini utilizzati per raccontare i tentativi di gestione a livello italiano ed europeo della emergenza migranti. Mentre si inasprisce il clima sull’immigrazione tra l’Italia e gli altri partner europei a pochi giorni dal summit straordinario di domenica a Bruxelles che dovrebbe preparare l'intesa per il consiglio europeo del 28-29 giugno sempre nella capitale belga. Qui di seguito alcune delle parole chiave della crisi.

Piattaforme regionali
Definiti anche «centri di sbarco» sono la nuova proposta Ue per l’accoglienza dei migranti dopo le operazioni di salvataggio in mare per una prima valutazione del loro diritto d'asilo. Le piattaforme regionali di sbarco dovrebbero essere situate sulle coste dei Paesi del Nord Africa e co-gestiti da Unhcr (agenzia Onu per la protezione dei rifugiati) e Ue. Alle porte di Tripoli, l'Unhcr sta completando i lavori per la costruzione di un grande centro di identificazione. Molto più difficile appare la situazione per realizzare analoghe strutture in Tunisia ed Egitto. La prima non ha né i mezzi né le condizioni né la capacità di creare questi centri. Quanto all'Egitto, il Paese ha da tempo sigillato le sue frontiere e già accoglie 5 milioni di rifugiati tra siriani, sudanesi ed eritrei.

Hotspot
Attualmente sono in funzione gli «hotspot» ossia aree attrezzate nei Paesi Ue di primo arrivo (come l’Italia) dove i migranti sono accolti, sottoposti alle operazioni di identificazione e informati sui loro diritti.

Regolamento di Dublino
L’attuale regolamento di Dublino (604/2013) è il regolamento Ue che «stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide». In altre parole, la legge che definisce quale paese debba prendere in carico la protezione di un richiedente asilo. Entrato in vigore il gennaio 2014, il regolamento Dublino III stabilisce che il Paese competente per l’esame della domanda d’asilo è quello di primo ingresso nel territorio Ue. Un principio che scarica il peso dei flussi via mare dall’Africa sulle spalle dei paesi esposti alle rotte del Mediterraneo, come l’Italia e la Grecia. Di qui i tentativi di modifica in corso con un meccanismo di ricollocamento e redistribuzione dei richiedenti asilo all’interno dei Paesi Ue.

Ricollocamenti
Sono appunto i trasferimenti da un Paese all’altro, all’interno dell’Ue, dei migranti che rientrano nella categoria dei richiedenti asilo in base a un sistema di quote fissato a livello europeo.

Il ruolo di Frontex
Frontex è l’agenzia europea aiuta gli Stati membri dell’Ue e i Paesi della zona Schengen a gestire le loro frontiere esterne e ad armonizzare i controlli. Ad essa si vorrebbe affidare il compito di diventare una vera polizia di frontiera, con mandato a pattugliare e inviare autonomamente le proprie guardie.

Movimenti primari e secondari
I “movimenti primari” indicano la rotta percorsa dai migranti per sbarcare nell’Ue dal Paese d'origine. I “movimenti secondari” sono il passaggio da uno Stato Ue all'altro di persone in attesa di asilo nel Paese di primo arrivo. Un’opzione non ammessa dal regolamento di Dublino.

Reinsediamenti
Sono i trasferimenti dei migranti riconosciuti bisognosi di protezione internazionale da un Paese extra-Ue a un Paese Ue dove sono ammessi per motivi umanitari o con lo status di rifugiati. È un canale di immigrazione
regolare e sicuro. Rientra in questa categoria lo strumento dei «corridoi umanitari».

Rimpatri
I migranti vengono rimpatriati da un Paese Ue verso il Paese di origine quando non sussistono le condizioni per l’accoglimento della richiesta di asilo o per altri motivi di ordine pubblico. Sono due i problemi principali che impediscono il ricorso più massiccio allo strumento del rimpatrio: il costo (si parla in media di 1.200-1.300 euro a straniero cui vanno aggiunti i costi per il personale di polizia che deve accompagnarlo e che portano a triplicare la cifra finale); l’accordo con i Paesi di origine; l'Italia ha siglato intese per i rimpatri con Tunisia, Egitto, Nigeria, Sudan e Gambia. Senza l’ok degli Stati di provenienza, i migranti non possono ovviamente essere rimandati in patria.


© Riproduzione riservata