Samuel Beckett aspettava Godot. Andò a finire come sappiamo: «Non accade nulla, nessuno arriva, nessuno se ne va, è terribile!» Kostantinos Kavafis aspettava i barbari. Pure lui restò deluso: «S’è fatta notte, e i barbari non sono più venuti». Bel problema: «E adesso, senza barbari, cosa sarà di noi? Era una soluzione, quella gente». Napoli aspetta Cavani. «Arriva il 9 agosto per questioni di sponsor, presentazione a sorpresa, ha un volo già prenotato, ha passato le vacanze ad Agropoli». Una suggestione che tiene banco da un mese, un sogno, forse un’allucinazione calcistica collettiva. Il problema è che il 9 agosto è adesso.
Il Matador è tornato a casa (a Parigi)
Cavani è «tornato a casa», come aveva detto di voler fare dopo i Mondiali di Russia. Ma a casa in riva alla Senna, al Paris
Saint Germain, dove si è accasato nell’estate del 2013, non dove avrebbero sperato i tifosi del Napoli, non alla rotonda di
Lucrino che ancora oggi porta il nome del centravanti uruguagio, a imperitura memoria delle gesta compiute nelle tre stagioni
in maglia azzurra. Era piuttosto improbabile che accadesse, era stato lo stesso presidente Aurelio De Laurentiis a smorzare gli entusiasmi con le parole pronunciate durante il ritiro di Dimaro: «Quando leggo che il Psg lo valuta 55 milioni,
penso che gliel’ho venduto io a 63. Non permetterei mai ai francesi di recuperare quei soldi».
Aspettando la «mandrakata»
Tradotto: l’operazione, ammesso che Cavani avesse accettato di dimezzarsi lo stipendio rispetto agli attuali 10 milioni annui,
avrebbe comportato una minusvalenza per il Napoli. E il Napoli non è società da fare minusvalenze. Ma al tifoso azzurro non
basta: la Juventus ha preso Cristiano Ronaldo, la Roma Pastore, il Milan Higuain, l’Inter dopo aver messo sotto contratto Nainggolan tratta Modric. Il Napoli orfano di
Sarri ma non del pensiero sarrista non può, non deve restare a guardare. Certo, sono arrivati Verdi, Fabian Ruiz, Meret, Karnezis
e Malcuit, ma il primo è tutto da verificare ad alti livelli, il secondo tutto da verificare in serie A, Meret s’è subito
scassato, Karnezis esce a farfalle e Malcuit, chi era costui? Non scherziamo: qui serve il messaggio al campionato, il colpo
a effetto, la «mandrakata» o meglio, come ha titolato qualche quotidiano sportivo, la «ronaldata».
Doppia (fantomatica) operazione con Di Maria
La ronaldata non arriva e il popolo napoletano si attrezza a modo suo e cioè con fantasia. Che nell’epoca dei social network
ha definitivamente preso il potere, più di quanto auspicassero i ragazzi del ’68 parigino: ai piedi del Vesuvio, da un mese
a questa parte, è tutto un tripudio di tweet, post su Facebook e messaggi Whatsapp contenenti indiscrezioni che proverrebbero
da insider vicini ad Adl, a Cavani, al Psg o a chissà chi. C’è il file col tizio che, con marcato accento napoletano, sottolinea:
«Tu lo sai che io, mio fratello e Amadou siamo stati a cena con Di Maria?». Quest’ultimo, insieme con il Matador, è «entrato
in un solo contratto, perché a Paris va Benzema». C’è la ricostruzione calcio, business e rock and roll che fa cadere l’annuncio ufficiale dell’operazione Cavani
a Napoli il 9 agosto, giorno di scadenza dell’accordo di sponsorizzazione che il numero 21 della Celeste ha con la Nike.
Fenomenologia della bufala campana
È oggi il «Cavani Day», diventato immediatamente trend topic su Twitter. E c’è persino il biglietto aereo Parigi Charles De
Gaulle-Capodichino con data odierna e atterraggio previsto per il primo pomeriggio. Qualcuno, tra il serio e il faceto, è
andato ad accogliere il fantasma del campione al varco degli arrivi. Poi c’è chi millanta di aver incrociato, soltanto poche
settimane fa, il Matador. Ad Agropoli, tra un bagno in Cilento, una visita ai templi di Paestum e una degustazione di mozzarella
di bufala. Bufale, appunto. Una specialità da queste parti: dai tempi dei borbone crescono, si moltiplicano e in alcuni casi
riescono persino a produrre qualcosa di buono. Chissà che non succeda pure questa volta: ci si sveglia dal «sogno ingannatore»
e magari si scopre che ciò che si ha in casa non è poi così brutto come lo si dipinge. Dopo tutto, se se lo è fatto piacere
un signore che si chiama Carlo Ancelotti, ci sarà un motivo.
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