Sull’immigrazione serve una spending review. Con l'obiettivo di «rendere più efficienti e efficaci le procedure al fine di favorire la riduzione, la razionalizzazione e la trasparenza». Dalla Corte dei Conti arriva un messaggio esplicito sul tema migranti: mettere ordine tra le spese, coordinare l'azione amministrativa, fare chiarezza sui flussi di finanziamento e ridurre gli oneri ingiustificati o eccessivi. Nel Rendiconto generale dello Stato 2017 pubblicato di recente sul sito istituzionale (www.corteconti.it) la magistratura contabile ha dedicato una sezione apposita nel primo volume del Rendiconto: «La spesa per l'immigrazione».
Un tema già in discussione, visto che nel 2017 lo Stato ha accumulato la cifra record di mezzo miliardo di debiti fuori bilancio sul capitolo accoglienza. Il focus fatto ora dai magistrati di viale Mazzini mette in risalto l’aumento abnorme delle spese dal 2016 al 2017: quasi raddoppiate. Il “pagato totale” della spesa statale per l'immigrazione è stato di 2,1 miliardi di euro due anni fa e 4,1 miliardi l'anno scorso. In particolare «l’esame degli impegni e dei pagamenti totali della sola missione 27 (quella principale di spesa del Viminale, ndr), evidenzia un crescente aumento della spesa del fenomeno migratorio che si caratterizza per un incremento piuttosto rilevante nel corso dell'ultimo anno (pari a quasi due miliardi di euro)». E ancora: «A partire dal 2014 cresce, invece, marcatamente la macro-area “Accoglienza” passando, nell'ultimo quinquennio, da 729,8 a 2.540,3 milioni di euro».
Nell’analisi contabile, prendendo a riferimento il Documento programmatico di bilancio 2017, emerge «un costante aumento della spesa per l'immigrazione nel corso degli ultimi sette anni con un incremento per la macro-area dell'accoglienza, più marcata nell'ultimo triennio, con una media di crescita annuale pari a circa il 54 per cento».
Ma nel lavoro dei giudici della Corte presieduta da Angelo Buscema emerge soprattutto un aspetto originale e finora poco considerato: la spesa per l’immigrazione viene sempre imputata al ministero dell’Interno e, in una quota parte minore, al dicastero del lavoro. Mentre l’analisi presentata quest’anno rileva come i costi coinvolgono numerose amministrazioni: «Salute, Lavoro, Istruzione, Infrastrutture, Difesa, Esteri, Giustizia». Così salta fuori che «in molte altre missioni siano ricomprese le spese per l'immigrazione. In particolare, la quota maggiore è a carico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che presenta, per il 2016 e 2017, pagamenti totali per oltre i 700 milioni di euro» all'anno.
Insomma secondo la Corte dei Conti le spese per l’immigrazione sono molte, in crescita ma soprattutto complesse da valutare perché non classificate in modo sistematico. Davanti a un fenomeno di ingenti dimensioni con un impegno comunque gravoso per le casse dello Stato. «Appare necessario un coordinamento delle attività amministrative relative alla gestione del fenomeno immigratorio, che consentirebbe di poter monitorare complessivamente tutte le sue diverse fasi (accoglienza, assistenza, rimpatri». Di più: «Occorrerebbe coniugare la programmazione della spesa con l’emergenzialità del fenomeno. Altra esigenza è stabilire un livello di controllo – sottolinea la Corte - idoneo a garantire la corretta gestione delle risorse pubbliche impiegate. Infatti, la pluralità di fondi pubblici stanziati nel settore rendono necessaria la gestione in piena trasparenza e controllo in ogni fase». Non manca una nota di rammarico per la Ue: «Nonostante negli ultimi anni il fenomeno dell’immigrazione abbia assunto dimensioni notevoli, appaiano comunque limitati i finanziamenti e i fondi assegnati dall’Unione europea, rispetto alle spese che annualmente vengono sostenute dall’Italia per provvedere alla gestione complessiva del fenomeno migratorio».
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