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Autostrade: sicurezza o utili? Ecco dove va l’incasso dei gestori

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LA TRAGEDIA DI GENOVA

Autostrade: sicurezza o utili? Ecco dove va l’incasso dei gestori

Dal 2008 a tutto il 2016 i gestori autostradali hanno speso in manutenzione ordinaria poco più di sei miliardi di euro e in investimenti 15 miliardi. Pochi o tanti? Per i loro bilanci, è stato un onere più che sopportabile: per tutto questo tempo, agli azionisti del settore è rimasta in tasca mediamente una quota del valore aggiunto distribuibile (Vaid) compresa tra il 7 e il 9 per cento. Ai gestori è andata una quota ben superiore: circa il 30% annuo. Ma più di tutti hanno preso lo Stato e le istituzioni in genere: fra il 35 e il 38 per cento. Per la sicurezza di chi viaggia, salita in primo piano dopo il crollo di Genova di martedì scorso, il discorso è più complesso: i numeri non dicono tutto.

I numeri sono quelli contabilizzati ufficialmente dal controllore pubblico, la direzione generale Vigilanza concessioni autostradali (Dgvca) del ministero delle Infrastrutture, nella sua relazione sull’attività svolta nel 2016. Stato e istituzioni dominano non solo per le imposte e gli oneri sociali, ma anche per i canoni che le concessionarie autostradali devono versare come quota sui pedaggi incassati. Questa va all’Anas e per anni è stata importante per i suoi bilanci, prima che s’intraprendesse la strada verso l’autonomia finanziaria dell’azienda e la sua uscita dal perimetro del pubblico.

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Quanto agli azionisti, un approfondimento merita Autostrade per l’Italia, il maggior gestore (ha circa metà della rete nazionale) al centro delle polemiche dopo il crollo di Genova. Nella grafica qui a destra colpisce il dato della distribuzione del valore aggiunto di appena l’1% per investimenti e accantonamenti. Ma il dato riguarda il solo 2016 e il ministero non dispone di una serie storica. Inoltre, nei suoi 16 anni di storia la società ha destinato buona parte degli utili (2,1 miliardi) agli azionisti, con i dividendi: in sostanza 130 milioni di euro l’anno. Al socio di riferimento, la famiglia Benetton, è andato in media il 30% dei dividendi, anche se non tutto è stato distribuito (ci sono ad esempio le quote per le riserve). In modo molto sommario si può dire che ai Benetton siano andati circa 600 milioni. A fronte di investimenti per 18,6 miliardi: 13,5 in nuove opere, ampliamenti e migliorie, 5 in manutenzione.

Le retribuzioni dei dipendenti si situano tra il 15 e il 17 per cento. E in alcuni casi si parla di un numero rilevante di persone: i lavoratori di Autostrade per l’Italia sono 10mila; per loro hanno iniziato a esprimere preoccupazione i sindacati, alla luce della procedura che dovrebbe portare a togliere la concessione alla società dopo i fatti di Genova. Quanto a investimenti e manutenzioni, la spesa effettiva è spesso inferiore a quella contabilizzata. La differenza è dovuta al meccanismo degli appalti in house, più volte bersaglio della Ue e oggetto di modifiche normative, a conferma della sua nevralgicità. In sostanza, le concessionarie autostradali preferiscono appaltare i lavori a società del loro stesso gruppo, le quali poi li subappaltano con ribassi consistenti. Anche il 30% e più (molto di più, nel caso delle progettazioni). La cifra che viene contabilizzata è quella uscita dalle casse della concessionaria, che però resta nell’ambito dello stesso gruppo. Questo, tra l’altro, aiuta a rispettare in pieno gli obiettivi di spesa previsti dai piani economico finanziari allegati alle convenzioni con lo Stato, come emerge dalla grafica qui a sinistra. L’attuazione degli investimenti (per nuove costruzioni e ampliamenti), invece, è ben più indietro (69,4%), non solo perché più onerosa ma anche perché ci sono ostacoli autorizzativi maggiori.

I gestori hanno sempre chiesto (e non di rado ottenuto) di tenere alta la quota percentuale dei lavori assegnabili in house, affermando che si perderebbero posti di lavoro nelle società coinvolte e che un appalto che resta all’interno del gruppo ha procedura più snella e abbatte il rischio di contenziosi. Ciò, di per sé, è vero. Ma a volte il prezzo è affidare i lavori a piccole imprese che li eseguono con budget ridotti all’osso e devono rinunciare ad utilizzare abbastanza personale qualificato o ad impiegare i migliori materiali possibili. Qualcuno lamenta anche che certi lavori si limitano a un lifting di facciata, lasciando inalterato il degrado strutturale. C’è un risvolto anche per i professionisti, di solito giovani ingegneri, che a volte accettano incarichi mal pagati per certificare lavori di cui può accadere che dubitino gli stessi esecutori.

CHI RICEVE IL VALORE CREATO DALLE AUTOSTRADE
Il valore aggiunto integrato distribuibile (VAID) è l'indice che qualifica la ricchezza prodotta da un'azienda nella sua attività di impresa e consente di valutare come sia ripartita tra i principali stakeholders.
Valore 2016 in milioni di euro e ripartizione % (nota: il totale delle ripartizioni non sempre arriva al 100% per gli arrotondamenti. Fonte: Ministero delle Infrastrutture, relazione attività di vigilanza sul settore autostradale nel 2016)

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