La discesa in campo del governatore del Lazio Nicola Zingaretti per la corsa alla segretaria del Pd spariglia le alleanze all’interno del partito. In mancanza di altri candidati di peso, la vecchia intesa che aveva portato al vertice Matteo Renzi inizia a sgretolarsi. Per ora a fianco dell’ex rottamatore, sono rimasti i renziani della prima ora e gli ex Giovani Turchi schierati attorno al presidente Pd Matteo Orfini. La potente corrente di Areadem, guidata da Dario Franceschini, spina dorsale dell’alleanza renziana, si è avvicinata a Zingaretti dopo la sconfitta del 4 marzo. Forse nuove indicazioni si avranno oggi, quando il segretario “traghettatore” Maurizio Martina riunirà la segreteria.
Il ruolo di Areadem e di Franceschini
Areadem, la componente del Pd che fa capo a Dario Franceschini, fu determinante nella conquista del Pd da parte di Matteo Renzi. Nella scorsa legislatura rappresentava la componente più consistente dei gruppi parlamentari Pd. Ma dopo la sconfitta del
4 marzo, Franceschini ha rotto con Renzi. L’ex ministro della Cultura ha criticati soprattutto la chiusura a ogni trattativa con i 5 stelle, che ha consegnato i grillini alla Lega e ha creato un asse sovranista che rischia di estendersi anche alle amministrazioni locali. Precludendo al Pd ogni margine di manovra.
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Gentiloni e la rottura con Renzi
Dopo la sconfitta del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Renzi ha scelto come suo successore a Palazzo Chigi Paolo Gentiloni, suo fedelissimo anche se non renziano della prima ora. Dopo la sconfitta del 4 marzo, tuttavia, i rapporti
tra i due si sono incrinati. Con l’ex sindaco di Firenze che ha imputato a Gentiloni parte della responsabilità della debacle alle politiche («Imbarazzante», è stata la replica di Gentiloni). Non sorprende che ora Gentiloni si sia avvicinato a Zingaretti.
L’appoggio a Zingaretti della minoranza
«Nicola Zingaretti è il candidato segretario più forte per ripartire, per esperienza e profilo», ha detto l’ex guardasigilli
Andrea Orlando, ex sfidante di Renzi alla segreteria. Una posizione che non sorprende, data l’opposizione passata all’ex rottamatore. Una
linea che potrebbe seguire anche l’area che fa capo a Michele Emiliano, sebbene ancora non sia arrivato un endorsement esplicito. Le due anime della minoranza condividono con Zingaretti l’idea
di recuperare l’allenaza con la sinistra fuori dal partito.
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Il ruolo di Calenda
Da chiarire come si muoverà un’altro personaggio di spicco del Pd, l’ex ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda. Considerato vicino a Renzi, ha acquistato sempre più una posizione autonoma, contraddistinta tuttavia dall’opposizione ad
ogni tentativo di alleanza con i 5 stelle. Calenda, iscritto al Pd proprio dopo la sconfitta del 4 marzo, ha già annunciato
che non si candiderà alla segreteria, ma ha già dato una indicazione: bisogna andare oltre il Pd e creare un “fronte repubblicano” contro i populisti.
Renziani in cerca di un candidato forte
Il riposizionamento delle aree del Pd è anche una conseguenza del fatto che i renziani non hanno ancora trovato un candidato
in grado di poter vincere contro Zingaretti. L’ex rottamatore ha detto che non scenderà di nuovo in campo, come pure si è chiamato fuori un altro pezzo da novanta, l’ex ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio. Si sono fatti
i nomi di Debora Serracchiani, Matteo Richetti, del governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini. Ma ancora non è stato individuato il candidato su cui puntare.
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