«Il calcio italiano non è all’anno zero. Il calcio italiano è già ripartito».
Alla vigilia delle elezioni del 22 ottobre che torneranno a dare alla Figc una governance politica dopo la parentesi del commissariamento, il direttore generale Michele Uva ha rivendicato il cammino fatto dalla Federcalcio e i risultati ottenuti negli ultimi anni. Un’eredità consegnata al prossimo presidente federale (sarà Gabriele Gravina, fino a ieri numero uno della Lega Pro) e la fotografia di un movimento che non può essere semplicemente ricondotto ai, seppur fondamentali, risultati della sua nazionale maggiore.
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L’occasione è stata la presentazione del Bilancio Integrato 2017 con i numeri del conto economico, il rendiconto dell’attività sportiva e comunicativa, la promozione giovanile, lo sviluppo sul territorio e l’organizzazione interna.
La dimensione sportiva
Il numero dei tesserati continua a crescere: sono 1,4 milioni tra professionisti (la punta dell’iceberg), dilettanti e settore giovanile e scolastico. Aumentano gli under 20 (838mila) compresi quelli tesserati e nati all’estero (sono 38.687). Ogni giorno si disputano 1.600
partite e il contesto sociale è quello di un Paese ancora malato di pallone: 28 milioni di persone si dichiarano interessate al calcio e in un anno sono 39 milioni i biglietti venduti per eventi calcistici.
Una curiosità. L’Italia è la nazione europea nella quale si parla di più di calcio nel corso della settimana: 8 ore. Un bar
sport che non chiude mai. Tutto si traduce in un’esposizione sempre maggiore sui social media (7,7 milioni la fan base legata
alle nazionali azzurre) e nei primi dieci posti tra gli sportivi più amati dai giovani ci sono 9 calciatori.
L’impatto economico
Il calcio si conferma un business tra i più rilevanti del sistema Italia. Nel suo complesso fattura 4,5 miliardi di euro (3,4 quello professionistico) e nell’estate 2017 ha rappresentato il terzo settore economico italiano per investimenti M&A
(fusioni ed acquisizioni) alle spalle del comparto pubblico e alle istituzioni finanziarie. Il calcio incide per il 35% sul volume d’affari generato dallo spettacolo in Italia, occupa direttamente 40mila persone e genera un indotto economico stimato in 18,1 miliardi di euro. Negli ultimi dieci anni l’ammontare della contribuzione fiscale e previdenziale è stata pari a 10,2 miliardi di euro (1,1
nel 2015): per ogni euro investito nel sistema, il Governo ha avuto un ritorno in termini fiscali e previdenziali di 14,4.
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L’impatto delle riforme sui campionati
In attesa della riforma dei format dei campionati e dopo un’estate di ricorsi e ritardi, la Figc ha potuto anche presentare
i primi risultati del primo piano triennale di regolamentazione della concessione delle licenze nazionali. Il calcio italiano rimane in convalescenza, ma gli indicatori economici migliorano. Il valore complessivo della produzione del settore professionistico è cresciuto del 28% (da 2,6 a 3,4 miliardi di euro)
mentre i costi operativi sono saliti del 7%. Il risultato netto è ancora negativo, ma si è passati da -536 a -156 milioni di euro: «Se i club non riescono a iscriversi al campionato non è necessariamente una cattiva notizia, ma la conferma che il sistema
di controlli funziona e sta dando i suoi effetti» ha spiegato Uva. Perché il sistema diventi pienamente sostenibile o, addirittura,
possa produrre utili come accade a livello europeo (0,6 miliardi nel 2017 da un passivo di 1,7 nel 2011, ultima stagione dell’era
pre-Fair Play Finanziario) servono gli stadi nuovi e una fase di investimenti sulle infrastrutture che aiuti l’Italia a diminuire il gap con il resto
d’Europa.
I conti della Figc
La Federcalcio ha chiuso il 2017 con un bilancio in utile per 4,5 milioni di euro post-imposte e un margine operativo lordo
di 34,1 milioni. Ha fatturato 162,9 milioni pur avendo dovuto assorbire il taglio dei contributi del Coni che dal 2009 al 2017 si sono ridotti di quasi il 60% passando da 81 a 33,8 milioni con un’incidenza sul valore della produzione che è ormai del 20,7%. Il patrimonio netto è salito
a 51,3 e l’indice di liquidità cresciuto all’1,63. «Abbiamo riserve per 40 milioni e disponibilità per 80, siamo un’azienda
sana che può guardare al futuro» ha rivendicato Michele Uva.
Nazionale, che passione
Malgrado il fallimento mondiale, i colori azzurri continuano ad attirare i tifosi. Nel 2017 l’audience media delle partite della nazionale maggiore è stata di 8 milioni (14.798.821 il record nella notte dell’eliminazione per mano della Svezia). Il valore complessivo dei diritti tv per la Figc
è ammontato a 38,8 milioni e anche le nazionali giovanili e femminile, che ha staccato il pass per il Mondiale del 2019, hanno
guadagnato in esposizione a livello mediatico.
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