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Dal Def 2018 allo stop di Bruxelles, i round della sfida tra Italia e Ue…

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IL FARO DI BRUXELLES SULLA MANOVRA

Dal Def 2018 allo stop di Bruxelles, i round della sfida tra Italia e Ue sui conti pubblici

Entro il 13 novembre la Commissione europea attende dall’Italia una nuova versione del Documento programmatico di bilancio (nella foto il Commissario europeo per gli affari economici e monetari Pierre Moscovici e il ministro del Tesoro Giovanni Tria)
Entro il 13 novembre la Commissione europea attende dall’Italia una nuova versione del Documento programmatico di bilancio (nella foto il Commissario europeo per gli affari economici e monetari Pierre Moscovici e il ministro del Tesoro Giovanni Tria)

Il programma di bilancio predisposto dal ministero dell’Economia che il governo M5s-Lega invierà entro la mezzanotte alla Commissione europea per evitare una procedura di infrazione che, allo stato attuale, appare probabile è l’ultima tappa di un braccio di ferro sui conti pubblici tra l’esecutivo M5s-Lega e l’Ue. Una partita, dai toni talvolta accesi, che inizia formalmente il 15 ottobre, quando l’esecutivo Conte invia alla Commissione europea il Draft Budgetary Plan o Documento programmatico di bilancio per il 2019. È un fischio di inizio formale. Nella sostanza la partita è iniziata ancora prima.

Il testo, che contiene le stime macro e il programma degli interventi dell’esecutivo Conte, prevede per il 2019 uno scostamento di 1,6 punti tra il deficit programmatico fissato al 2,4% nel 2019 rispetto allo 0,8% previsto dal Documento di economia e finanza, approvato il 26 aprile dal governo precedente (ministro del Tesoro di allora Padoan).

Nel Def 2018 definito dal governo Gentiloni, infatti, che si limita ad aggiornare le previsioni macroeconomiche per l’Italia e il quadro di finanza pubblica tendenziale, il rapporto deficit/pil prosegue il cammino di discesa collocandosi all’1,6% nel 2018 allo 0,8% nel 2019 per raggiungere il pareggio nel 2020. Anche il rapporto debito/pil è previsto in calo al 130,8% nel 2018, al 128% nel 2019, al 124,7 nel 2020. Le scelte dell’esecutivo giallo verde, espresse nel Dpb inviato a Bruxelles, vanno in tutt’altra direzione.

Una direzione, attacca Bruxelles,che fa fare retromarcia al cammino di riforme strutturali finora percorso dall’Italia in linea con le raccomandazioni Ue. Si tratta di una deviazione senza precedenti dai parametri di bilancio. Non solo: l’Ue punta l’indice contro stime di crescita troppo ottimistiche.

Risultato: il Documento programnatico di bilancio è bocciato da Bruxelles. La Commissione chiede al Governo di rivederlo entro tre settimane, che scadono il 13 novembre. Si va verso un muro contro muto. Nelle ore che precedono lo scoccare del termine ultimo, l’esecutivo Conte conferma la linea, sottolinea che non intende ritoccare le cifre più “indigeste” a Bruxelles: il 2,4% deficit-Pil e la crescita all’1,5% nel 2019.

Oltre alla nuova versione del Documento programmatico di bilancio, la Commissione attende la risposta alla lettera con cui il 30 ottobre ha chiesto al governo di fornire una relazione sui cosiddetti «fattori rilevanti» che possano giustificare un andamento del rapporto debito/Pil con una riduzione meno marcata di quella richiesta.

Si va verso l’ennesimo capitolo di una sfida che ha registrato già molteplici round. Eccone alcuni.

18 ottobre: la lettera della Commissione Ue consegnata nelle mani di Tria
In una lettera firmata dal vice presidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis e dal commissario europeo agli Affari economici Piere Moscovici, indirizzata a Giovanni Tria, e consegnata nelle sue mani del ministro dallo stesso Moscovici in visita a Roma, Bruxelles chiede di modificare il Piano di bilancio per il 2019 e di indicare «i fattori rilevanti che giustificano la violazione delle regole sul debito». La Commissione denuncia una «deviazione senza precedenti nella storia del Patto di Stabilità e Crescita». La manovra mostra una deviazione significativa dal taglio del deficit strutturale richiesto e non rispetta la regola del debito.

DA LEGGERE - Il testo della lettera recapitata a Tria
Il progetto del bilancio, si legge nel testo della missiva, «prevede un tasso nominale di crescita della spesa pubblica primaria netta del 2,7%, al di sopra dell’incremento massimo raccomandato di 0,1%. Il deterioramento strutturale ricalcolato nel 2019 ammonta allo 0,8% del pil, che rappresenta una significativa deviazione dal miglioramento dello 0,6% del pil nel 2019 raccomandato dal consiglio del 13 giugno 2018».

GUARDA IL VIDEO - I rilievi Ue alla politica di bilancio del governo Conte

Moody’s declassa l’Italia ma mantiene stabile l’outlook
Venerdì 19 ottobre. L’agenzia Moody’s declassa il rating dell’Italia a Baa3 da Baa2, cambiando l’outlook in stabile. Fra le ragioni del downgrade, l’agenzia cita la prospettiva di un deficit più alto delle attese e gli impatti negativi dello stallo di riforme strutturali e fiscali («Manca un piano coerente per la crescita»). La prospettiva non è scivolata a un livello negativo perché l’Italia conserva «punti di forza» nel credito che bilanciano le sue fragilità a livello fiscale.

GUARDA IL VIDEO - Le conseguenze sui mercati della decisione dell’agenzia

Tria: «La manovra non cambia»
Il 22 ottobre Tria invia a Dombrovskis e Moscovici una lettera, con la quale risponde a quella dei due commissari del 18 ottobre. Il responsabile del Tesoro conferma il quadro macroeconomico contenuto nel Dpb. Ricorda che già la la Nadef, ovvero la Nota di aggiornamento del Documento di economia e di finanza (Def), chiarisce che il governo prevede di discostarsi dal sentiero di aggiustamento strutturale ma non intende espandere ulteriormente il deficit strutturale nel biennio successivo, e si impegna a ricondurre il saldo strutturale verso l’obiettivo di medio termine a partire dal 2022. Se il Pil dovesse tornare al livello pre-crisi prima del previsto - assicura Tria nella lettera - il Governo giallo verde intende anticipare il percorso di rientro.

La Commissione boccia la manovra e dà tre settimane per riscriverla
Martedì 23 ottobre. Passano poche ore e si va allo scontro. La bocciatura Ue, attesa, arriva. La Commissione europea decide di adottare una opinione negativa sul Documento programmatico di bilancio dell’Italia, e quindi nei confronti della manovra 2019. Il collegio dei commissari chiede che l’Italia inviii entro tre settimane, quindi entro il 13 novembre, un nuovo Dpb. È la prima volta che la Commissione chiede a uno Stato di rivedere le sue scelte di bilancio. Moscovici conferma che c’è una «deviazione significativa» dei conti pubblici rispetto agli impegni presi dall’esecutivo giallo verde. Il Commissario sottolinea che il Governo Conte non ha risposto a nessuno dei tre rilievi della lettera di Bruxelles su deficit, debito e prospettive di crescita.

GUARDA IL VIDEO - Perché la Commissione ha bocciato la manovra italiana

Draghi lancia l’allarme spread
Giovedì 25 ottobre. Il presidente della Bce Mario Draghi, durante una conferenza stampa a Francoforte che sarebbe dovuta essere sull’addio del Qe, ovvero l’acquisto di titoli pubblici da parte della Bce, parla dell’Italia. Con uno spread sopra quota 300, avverte, rischiano banche, famiglie e imprese, rischia la crescita. «Sono personalmente fiducioso («non molto fiducioso», preciserà poi) che un compromesso si possa raggiungere», confida. Sul come, Draghi si affida alle parole di Dombrovskis: «dobbiamo applicare le regole di bilancio, ma stiamo anche cercando il dialogo».

S&P conferma il rating dell’Italia e rivede al ribasso l’outlook
Il 26 ottobre l’agenzia Standard & Poor’s conferma il rating dell’Italia a BBB e rivede al ribasso l’outlook a negativo da stabile. La decisione arriva dopo il declassamento deciso da Moody’s solo una settimana prima e la bocciatura della
manovra da parte dell’Ue.

Nuova lettera, questa volta al direttore generale del Tesoro Rivera
Lunedì 29 ottobre. All’Italia arriva una nuova lettera di Bruxelles. Questa volta è firmata dal direttore generale per gli affari monetari Marco Buti, ed è indirizzata a Alessandro Rivera, il direttore generale del Tesoro. La Commissione chiede maggiori informazioni sull’andamento del debito pubblico, e in particolare se vi siano fattori rilevanti che ne spieghino la sua recente evoluzione. Nella sua missiva, l’esecutivo comunitario annuncia in maniera implicita di essere al lavoro su un rapporto che potrebbe scaturire nell’apertura di una clamorosa procedura di infrazione per debito eccessivo. La richiesta di Bruxelles dimostra come la Commissione stia preparando un nuovo rapporto sul debito, di fatto il primo passo per aprire una procedura a carico dell’Italia. Se, infatti, la risposta di Roma non riuscirà ad invocare le circostanze eccezionali previste dalle regole per giustificare un andamento del debito peggiore di quello concordato, la Commissione Ue non potrà concedere all’Italia nessuna flessibilità e quindi sarà inevitabile l’avvio di una procedura per debito eccessivo.

L’allarme di Visco: attenzione a giocare con l’idea di un addio all’euro
Mercoledì 31 ottobre. In occasione della Giornata mondiale del risparmio, il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco mette in guardia sui rischi che scaturiscono dal giocare con l’idea di un’addio all’euro, mentre il Capo dello Stato Sergio Mattarella chiede tutela del risparmio ed equilibrio del bilancio pubblico.

All’Eurogruppo i paesi Ue fanno quadrato sulla Commissione
All’Eurogruppo del 5 novembre tutti i ministri dell’Economia dei paesi Ue si schierano con la Commissione, che ha bocciato il progetto di bilancio dell’Italia. I saldi di bilancio, è la richiesta dei partner europei, vanno modificati. Bruxelles, avverte Moscovici, si aspetta «un bilancio nuovo e rivisto» entro il 13 novembre. Tria spiega ai colleghi che il 2,4% del rapporto deficit Pil è un limite massimo di spesa, un tetto che, anche grazie al controllo della spesa pubblica, non necessariamente sarà raggiunto. I 17 miliardi stanziati per il reddito di cittadinanza e il superamento della legge Fornero tramite il meccanismo di quota 100, mette in evidenza Tria nei colloqui con i colleghi europei, difficilmente saranno spesi tutti entro dicembre del 2019. L’Italia, è il messaggio lanciato dal ministro, non vuole rompere con l’Ue né ritiene di essere una minaccia per l’eurozona, però allo stesso tempo non intende modificare la sua manovra e vorrebbe vedersi riconoscere un’”eccezione” nell’ambito delle regole esistenti.

La Commissione stima deficit Pil al 2,9% nel 2019
L’8 novembre la Commissione europea pubblica le previsioni economiche d’autunno. E certifica lo stop della riduzione del debito e quel peggioramento del saldo strutturale «senza precedenti» che ha fotografato nella lettera di ottobre . La Commissione europea prevede che il deficit aumenti gradualmente, dall’1,9% nel 2018, al 2,9% nel 2019, al 3,1% del Pil nel 2020 (1,8, 2,4 e 2,1% le stime del governo Conte).

Tria: per evitare procedura servirebbe stretta suicida
Il giorno dopo Tria incontra a Roma il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno. Per evitare la procedura Ue sul debito, osserva il ministro al termine del faccia a faccia, «dovremmo fare una manovra di restrizione fiscale violentissima, andare a un deficit dello 0,8%, che per una economia in forte rallentamento sarebbe un suicidio, non credo che la Commissione si aspetti una reazione di questo tipo anche se formalmente rispettosa delle regole di bilancio».

Arriva il monito del Fondo monetario internazionale
Martedì 13 novembre. Il giorno stesso della scadenza Ue. Arriva il monito del Fondo monetario internazionale all’Italia su pil, pensioni, spread e debito. L’Fmi prevede che la crescita sarà «di circa l’1% nel 2018-2020 e poi diminuirà». Il deficit del 2019 è previsto al 2,75% del pil. Per il 2020-2021 è stimato al 2,8-2,9% a meno di un ampio sostegno politico per attivare la clausola di salvaguardia sull’Iva o per misure compensative». L’Fmi mette in guardia sul debito che porta alla recessione e sullo spread troppo alto che può vanificare la manovra. Dubbi anche su quota 100 che, secondo il Fondo, «aumenta la spesa per le pensioni e impone pesi maggiori ai giovani», mentre non garantisce nuovi posti di lavoro in rapporto alle uscite.

Tria: per evitare infrazione servirebbe una manovra suicida

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