Bologna, Torino, Firenze e, tappa conclusiva, Milano. Questo il tour organizzato da Bacardi Martini con il suo Caffè Torino, un vero e proprio format itinerante che ha riprodotto, in chiave moderna, un bar dedicato a tre dei cocktail che hanno reso celebre l'Italia nel mondo della mixology: l'Americano, il Negroni che celebrerà nel 2019 il centenario della sua nascita e il Mi-To, acronimo di Milano-Torino ovvero del primo matrimonio di sensi tra il torinese vermouth e il milanese bitter. L'iniziativa è stata anche l'occasione per celebrare le due Riserva Speciale di Martini, Ambrato e Rubino, e per organizzare momenti di approfondimento tra barman nelle varie città.
Nella tappa fiorentina, ospitata presso La Ménagère, il protagonista è stato Giorgio Bargiani, pisano di nascita ma trasferitosi da qualche anno dietro il bancone del prestigioso bar del The Connaught Hotel di Londra (quinto posto nella classifica mondiale 2018 per The World's 50 Best Bars) guidato da quel talento italiano dello shaker che
risponde al nome di Agostino Perrone.
Bargiani, che al Connaught è senior mixologist (in pratica il braccio destro di Perrone), ha ipnotizzato la platea con l'eleganza
dei gesti e l'eccellenza dei cocktail.
Ma ha pure fatto luce su alcuni meccanismi che regolano top bar come quello dove lavora. «Realizzare un cocktail è l'ultimo atto di un processo molto lungo», ha spiegato Bargiani. «Che prevede la sua ideazione, le prove tecniche di lavorazione, l'analisi dei costi e una serie notevolmente lunga di assaggi e verifiche da parte di tutte le persone che sono coinvolte nel processo. Sono poco meno di trenta le persone attraverso le quali il cocktail passa al vaglio prima di affrontare il giudizio del cliente».
Con tutti questi passaggi e con una drink list che cambia ogni anno, è facile capire come chi ha posizioni di responsabilità in un locale come quello del Connaught è decisamente qualcosa di più di un semplice, seppur bravissimo, “mescolatore” di alcolici. «Il nostro lavoro è sempre e comunque un lavoro di ricerca. Londra da questo punto di vista è una piazza molto ricettiva, con una clientela che si evolve costantemente.
Ecco, credo che in Italia manchi ancora questo aspetto, e che il cliente abbia bisogno di essere un po' stimolato a percorrere nuove strade senza restare “al palo” dei grandi classici. Che, tuttavia, non vanno certamente dimenticati».
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