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Istat, Italia in recessione. Pil -0,2% nel quarto trimestre

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boccia (confindustria): reagire subito

Istat, Italia in recessione. Pil -0,2% nel quarto trimestre

L'economia italiana nel quarto trimestre 2018 ha registrato una contrazione dello 0,2%. È quanto comunica l'Istat in base ai dati provvisori e si tratta del secondo trimestre consecutivo di calo dopo il -0,1% del periodo luglio-settembre. Così l'Italia è entrata in recessione tecnica dopo cinque anni (su base tendenziale il Pil è invece aumentato dello 0,1% e la variazione acquisita per il 2019 è stimata da Istat pari a -0,2%). «I dati Istat sul Pil testimoniano una cosa fondamentale: chi stava al governo prima di noi ci ha mentito, non ci ha mai portato fuori dalla crisi» è stato il commento del vicepremier Luigi Di Maio in conferenza stampa. Ma «non credo ci sarà bisogno di correggere le stime» sulla crescita dopo la certificazione arrivata dall’istituto.

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La novità era stata anticipata in qualche modo ieri dal premier Giuseppe Conte con l’accenno alla probabile «ulteriore contrazione del Pil». Ma allo stesso tempo il presidente del Consiglio si è detto sicuro in un pronto recupero già a partire dalla seconda metà del 2019, mentre l’esecutivo faceva subito filtrare l’intenzione di sgravarsi di qualunque responsabilità diretta nel risultato negativo. «La nostra manovra è entrata in vigore meno di un mese fa. Reddito di cittadinanza e quota 100 produrranno i loro effetti da aprile».

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IL PIL
Variazione congiunturale trimestrale

Per Palazzo Chigi è «evidente a chiunque che la recessione tecnica del terzo e quarto trimestre 2018 è il risultato di fallimenti del passato. Noi siamo qui per invertire la rotta, e lo stiamo facendo». Acqua sul fuoco, dunque. «Non abbiamo assolutamente ragione per perdere fiducia e anzi c'è molto entusiasmo per il 2019», ribadisce da Roma il premier che non teme pressioni di Bruxelles alla luce di un risultato «che era nell'aria». Dato, quello di stamani, atteso anche dal ministro dell’Economia Giovanni Tria, «determinato dal ciclo economico europeo» e che non sta intaccando in ogni caso il recupero di fiducia dei mercati finanziari nel debito italiano («acceleriamo gli investimenti pubblici»).

Ma la risposta dell’ex ministro dell’Economia Gian Carlo Padoan e ora deputato dem taglia la strada a questa lettura dei numeri. «Quelle di Palazzo Chigi sul Pil sono dichiarazioni infami e ignoranti» e «i dati parlano chiaro. L'andamento negativo è cominciato con la nuova maggioranza e con l'impatto dello spread. Alla base di tutto c'è la fiducia. Se non ci fidiamo l'uno dell'altro nulla è possibile. Quello che Di Maio ha detto mina la fiducia reciproca su istituzioni indipendenti». Matteo Renzi va giù duro. «Da quando c'è il nuovo governo l'Italia ha perso 76mila posti di lavoro (dati ufficiali Istat) e il Pil è per la seconda volta in negativo. Siamo in recessione. Chi vuol bene all'Italia sa che le scelte economiche di Salvini e Di Maio sono sbagliate. Con le nostre scelte quattordici trimestri di crescita, con le loro scelte subito recessione. Stanno portando il Paese a sbattere: cambiamo strada prima che sia troppo tardi».

Negli industriali l’allarme implica doverosamente un cambio di passo. «Bisogna reagire quanto prima, in modo da compensare» il rallentamento dell'economia globale e dell'Italia, cominciando ad aprire «immediatamente» i cantieri, su cui ci sono risorse già stanziate, compresa la Tav. Per il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia «noi abbiamo adesso il problema del rallentamento, a gennaio avremo un rallentamento ancora superiore rispetto al trimestre scorso». Nessuna sorpresa, solo la conferma di aspettative già abbondantemente manifestate nei mesi scorsi. «Era ed è evidente che ci sarebbe stato un rallentamento anche dell'Italia, un Paese ad alta vocazione all'export. Questo significa non fermarci alla constatazione dei dati, ma evidentemente prendere atto della nuova fase e costruire delle misure compensative della manovra economica: aprire immediatamente i cantieri, ci sono risorse già stanziate per oltre 26 miliardi, che superano i 30 miliardi se si considera anche la Tav. Bisogna aprirli quanto prima, si pone una questione temporale oltre che sostanziale», secondo il numero uno degli industriali. «Non è una questione di trovare le colpe degli altri, ma di dare una soluzione nell'interesse del Paese, mettendo il lavoro e l'occupazione al centro», prosegue. E «siccome abbiamo una fase di rallentamento che viene dall'economia globale, la reazione dell'Italia deve essere su due assi: investimenti privati e pubblici».

Giudizi carichi d’ansia giungono anche dai sindacati all’unisono. Per la Cgil «non si può aspettare oltre e occorre rilanciare subito la crescita, lo sviluppo e l'occupazione, attraverso investimenti pubblici e la creazione di lavoro, misure del tutto insufficienti nella legge di Bilancio appena approvata. Per questo - conclude la nota - sabato 9 febbraio Cgil, Cisl e Uil scenderanno in piazza, allo scopo di ridare lavoro, sviluppo e futuro al Paese, con l'idea di poter ancora cambiare davvero». Il segretario generale della Uil Carmelo Barbagallo evidenzia il nesso tra la recessione annunciata dall’Istat e i segnali di rallentamento dell’economia tedesca. «Poiché anche la Germania rallenta - spiega - vuol dire che l'Europa sta continuando a sbagliare con le politiche di austerità. Bisogna cambiare le regole e rilanciare l'economia: non si esce dalla crisi senza investimenti pubblici e privati nelle infrastrutture, per il riassetto urbanistico delle città e per la messa in sicurezza del territorio». Il quadro è «molto preoccupante con gravi rischi per l'occupazione» anche dal punto di vista della segretaria generale Cisl Annamaria Furlan. La presidente di Confesercenti Patrizia De Luise evidenzia d’altro canto come il calo del Pil incida «pesantemente» sui consumi delle famiglie perché «il rallentamento delle esportazioni si accompagna alla frenata della domanda interna. «Fondamentale adesso - conclude De Luise - non ripetere gli errori del 2011-2012 ed evitare manovre correttive improntate all'austerity. Per contrastare il ciclo negativo è necessaria anzi una manovra “migliorativa”, servono più risorse sul piatto per investimenti e consumi, non più tasse».

Malgrado i tentativi di dribblare il pressing avversario, da parte della maggioranza gialloverde, si moltiplicano con il passare delle ore le voci tese a chiamare in causa il governo per quanto accaduto. «Alla base di tutto c'è la fiducia. Se non ci fidiamo l'uno dell'altro nulla è possibile. Quello che Di Maio ha detto mina la fiducia reciproca su istituzioni indipendenti. Se non ci fidiamo di quei numeri non possiamo fare nulla assieme. Questo atteggiamento è pericoloso», aggiunge Padoan nell'Aula della Camera riferendosi alle affermazioni sull'Istat del vicepremier. Forza Italia con Renato Brunetta chiede invece che il presidente Conte «riferisca all'Aula sulle sue capacità divinatorie, visto che ieri ha anticipato dati che erano segreti fino alle 11 di oggi». Il quale non si nega. «Sono sempre disponibile se le opposizioni chiedono chiarimenti, quindi vediamo», assicura Conte. Dopo la richiesta al governo di riferire alla Camera sullo stato dell'economia italiana, tutti i deputati del Partito democratico intervengono nel pomeriggio a Montecitorio «per sottolineare la gravità della situazione del Paese, di cui l'Istat ha registrato in maniera definitiva lo stato di recessione». I parlamentari democratici evidenziano inoltre l'urgenza di un cambio di rotta dell'esecutivo e il varo di misure in grado di affrontare la grave emergenza.

Dal canto suo, con riferimento all’invito di Boccia, Di Maio dice che «i cantieri si apriranno e sono aperti, ma dobbiamo velocizzarne il lavoro e smantellare una parte del Codice degli appalti: su questo il dl semplificazioni sarà fondamentale, ma anche i soldi che abbiamo iniettato nei piccoli comuni con i 500 milioni e la procedura semplificata sugli appalti fino a 150mila euro sono una ricetta per far ripartire l'economia». Nell’insieme vengono confermate le previsioni sulla crescita «nonostante siamo in una congiuntura economica difficile». Facendo ancora rilevare che sul down dell’eceonomia «pesa anche il dato dell'export, perché c'è la guerra dei dazi» ma non dubita che aiutando le fasce più deboli di questo Paese, i pensionati, i piccoli e medi imprenditori e coloro che cercano lavoro e hanno difficoltà a trovarlo si permetterà un aumento della domanda interna.

La contrazione del Pil registrata nel quarto trimestre 2018, pari a -0,2%, come detto è per l'economia italiana il peggiore risultato da cinque anni a questa parte. Secondo i dati dell'Istat, per ritrovare un calo simile si deve infatti risalire al quarto trimestre del 2013, quando il Pil segnò appunto un equivalente -0,2%.

La stima del quarto trimestre diffusa è espressa in valori concatenati con anno di riferimento 2010, corretta per gli effetti di calendario e destagionalizzata. L'andamento del Pil su base congiunturale determina un ulteriore abbassamento del tasso di crescita tendenziale del Pil, che scende allo 0,1% dallo 0,6% del trimestre precedente. Il quarto trimestre del 2018, segnala l’Istat, ha avuto una giornata lavorativa in meno rispetto al trimestre precedente e due giornate lavorative in più rispetto al quarto trimestre 2017. La variazione congiunturale è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto di agricoltura, silvicoltura e pesca, di un “netto peggioramento” dell'industria e di una stagnazione dei servizi. Dal lato della domanda, vi è un contributo negativo della componente nazionale (al lordo delle scorte) e un apporto positivo della componente estera netta.

Nel 2018 il prodotto interno lordo corretto per gli effetti di calendario è aumentato dello 0,8%. Per l’Istat la variazione annua del Pil stimata sui dati trimestrali grezzi è invece pari all'1% (nel 2018 vi sono state tre giornate lavorative in più rispetto al 2017). L'Istat sottolinea che i risultati dei conti nazionali annuali per il 2018 saranno diffusi il prossimo primo marzo, mentre quelli trimestrali coerenti con i nuovi dati annuali verranno presentati il 5 marzo.

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