Resta solo Delta come potenziale partner industriale delle Fs nella nuova Alitalia. Il ritiro di easyJet, che era stata tirata dentro l'operazione quasi con una manovra d'emergenza all'inizio di febbraio, come “piano B” dopo la ritirata di Air France-Klm, non è un buon segno perché rende necessario trovare altri soci che coprano almeno la quota di capitale che avrebbe dovuto acquisire la low cost britannica, intorno al 10-15% del capitale.
Tuttavia dal punto di vista del piano industriale l'uscita di easyJet non modifica sostanzialmente le sfide dell'operazione, perché la combinazione tra una low cost specializzata nei voli punto-punto e un vettore forte sul Nordatlantico come Delta nel corpo malato di Alitalia non appariva facile da metabolizzare.
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Delta pronta a entrare con il 10%
Le sfide che rimangono sono impegnative. Ma almeno, nel seguito della trattativa che vede al centro le Fs, in stretto coordinamento
con il ministero dell'Economia e quello dello Sviluppo economico, adesso c'è un punto fermo: la disponibilità di Delta Airlines,
una delle tre maggiori compagnie del mondo, a proseguire la trattativa per entrare con una quota iniziale che sarebbe del
10%, stando all'indicazione che l'a.d. delle Fs, Gianfranco Battisti, ha portato a casa dalla trasferta negli Stati Uniti.
Questo non era scontato. La partecipazione di Delta, dice una fonte vicina alle trattative, potrebbe eventualmente in futuro
salire fino al 49% (direttamente o attraverso altre compagnie partner) se nei prossimi anni Alitalia avrà dei risultati positivi.
Ma prima di poter pensare a questo, bisogna completare il piano industriale e l'assetto societario di partenza dell'ipotizzata
“newco”, la nuova Alitalia.
La quota delle Fs fino al 30%
Le Fs rimangono il socio aggregatore, con un piano industriale che prevede una combinazione con le tratte ferroviarie ad alta
velocità (la cosiddetta intermodalità) nel breve raggio, questo consentirebbe di eliminare voli Alitalia che oggi sono in
perdita secca. La quota di Fs nel capitale della “newco” non potrà superare il 30%, Battisti lo ha detto fin dall'inizio e
questo è stato confermato sia negli incontri con Delta sia nei colloqui con il governo al massimo livello. L'altra condizione
posta dall'a.d. delle Fs è che l'operazione Alitalia non distragga risorse dalla capacità di investimento delle Ferrovie e
non ne intacchi le capacità reddituali.
Il Mef socio con il 15%
L'altro punto fermo è che nella “newco” potrà essere socio anche il ministero dell'Economia, con una quota massima del 15%,
a condizione che il piano industriale, almeno sulla carta, appaia in grado di avere successo (per Alitalia sarebbe la prima
volta, dopo tanti fallimenti) e di essere un'operazione di mercato, come chiede anche la Ue. Il Mef convertirebbe in capitale
una parte del prestito statale di 900 milioni concesso ad Alitalia dopo il commissariamento. Un prestito che oggi Alitalia
non ha le risorse per restituire (alme no non per intero) e infatti la scadenza del rimborso è stata prorogata più volte,
l'ultimo rinvio è al 30 giugno prossimo. La nuova compagnia per partire avrebbe bisogno di una dotazione di capitale dell'ordine
di 900 milioni-un miliardo, a titolo indicativo.
Il no secco di Eni, Leonardo, Cdp
Sommando i pacchetti di questi tre soggetti si arriva a una copertura pari al 55% del capitale. Pertanto l'operazione si potrà
chiudere solo se ci saranno altri soggetti disponibili a sottoscrivere il 45% residuo. Le ricerche e i sondaggi sono in corso,
soprattutto nell'area delle società pubbliche. Tuttavia la “moral suasion” che il governo, soprattutto il Mise di Luigi Di
Maio, ha tentato di esercitare sui capiazienda dei maggiori gruppi partecipati dal Mef non ha dato finora esiti positivi.
Si sono detti indisponibili in modo netto l'Eni di Claudio Descalzi, Leonardo-Finmeccanica di Alessandro Profumo, la Cdp di
Fabrizio Palermo.
I contatti con Poste e Fincantieri
Ci sono altri contatti in corso, con altre società dell'area pubblica. Le Poste di Matteo Del Fante non hanno escluso nettamente
di poter partecipare, ma neppure hanno aderito. E' stata sondata anche la Fincantieri, l'a.d. Giuseppe Bono è salito nei mesi
scorsi nell'operazione ricostruzione del ponte autostradale di Genova crollato il 14 agosto, guadagnando visibilità e consensi
politici. Ma sarebbe più difficile per un gruppo che costruisce navi ed è quotato in Borsa giustificare davanti ai soci e
ai finanziatori la partecipazione azionaria in una compagnia aerea, peraltro reduce da perdite croniche. Altri tentativi sarebbero
stati fatti con società partecipate da Cdp, come Fintecna e il fondo Quattro R. Probabilmente verranno sondati anche gruppi
privati. Adesso sembra questa la parte più difficile dell'operazione. L'obiettivo delel Fs è arrivare al traguardo prima di
Pasqua (21 aprile).
L'opzione Lufthansa
Sullo sfondo, rimane sempre l'alternativa Lufthansa. Questa comporterebbe comunque un impatto sociale più pesante: i tedeschi
rileverebbero poco più di metà della sola attività di volo (poco più di 70 aerei sui 118 attuali), con circa 3mila esuberi.
Inoltre resterebbero nell'Alitalia commissariata le attività di handling e manutenzione, con altri 5mila addetti circa da
collocare.
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