Il vino da tavola ha bisogno di regole, non può continuare a essere una sorta di Far West, ne va dell'immagine di tutto il settore del vino made in Italy. E' con quest'obiettivo che l'Alleanza delle cooperative italiane (che rappresenta circa il 60% del vino prodotti in Italia con nomi del calibro di Cavit, Gruppo italiano vini, Mezzocorona, stabilmente ai vertici della classifica Mediobanca delle imprese vitivinicole col maggiore giro d'affari) ha organizzato a Roma un tavolo di riflessione sul futuro del settore vitivinicolo per lanciare alcune proposte anche in vista del prossimo Vinitaly di Verona e in particolare della tavola rotonda “Parlano i Presidenti: conversazioni con le organizzazioni della filiera vitivinicola”, in calendario domenica 7 Aprile nell'Area Talk Show dello stand del ministero delle Politiche agricole.
«La nostra proposta è semplice – ha spiegato la coordinatrice del settore vino di Alleanza Coop, Ruenza Santandrea -: l'Italia del vino ha puntato da tempo le sue carte sulla qualità ma questa va declinata lungo tutto il portafoglio di prodotti made in Italy. E quindi non può essere limitata alla fascia dei vini premium e a quelli a denominazione d'origine ma deve riguardare anche la base della piramide qualitativa e cioè i vini comuni da tavola che non possono restare senza alcuna regola».
La proposta avanzata da Alleanza delle cooperative trova spunto in particolare nell'attuale fase congiunturale. «Dopo qualche annata difficile– ha spiegato nel corso dell'incontro a Roma, Tiziana Sarnari di Ismea – nel 2018 l'Italia ha registrato una vendemmia molto positiva con una crescita della produzione del 29% rispetto all'anno precedente. In più dopo anni di flessione e trainate dai due fenomeni enologici del Nord-Est, Prosecco e Pinot grigio, sono tornate a crescere le superfici a vigneto che sono infatti dai 638mila ettari del 2015 ai 658mila del 2018. Tutti aspetti che suggeriscono un attento monitoraggio dell'offerta se non vogliamo assistere a ondate di crolli dei listini sui mercati».
E per questo quindi la proposta di immaginare dei meccanismi in grado di tenere a freno la produzione anche in segmenti di offerta che finora non sono stati particolarmente monitorati.
Un tetto anche per la produzione
«E noi vogliamo evitare che i produttori si trovino travolti da listini fuori controllo – ha aggiunto la Santandrea -. Per
questo abbiamo pensato di proporre l'introduzione di un tetto di resa produttiva anche nella base della produzione italiana
e cioè i vini da tavola spesso commercializzati allo stato sfuso. SI potrebbe cominciare dalla nicchia dei vini ‘varietali'
cioè quei vini da tavola con indicazione della varietà, come Chardonnay, Merlot o Cabernet. Si tratterebbe di un primo passo
per introdurre regole di gestione dell'offerta anche nel comparto dei vini da tavola».
«Siamo tra i leader a livello mondiale per la qualità – ha aggiunto il capo dipartimento del ministero delle Politiche agricole
responsabile per l'Ispettorato repressione frodi, Stefano Vaccari -. Abbiamo strumenti per monitorare in maniera dettagliata
la nostra produzione di vino, in particolare di quella a denominazione d'origine. Dobbiamo ora chiudere il cerchio fissando
regole per garantire una qualità diffusa che abbracci anche quei segmenti produttivi, comunque significativi come i vini da
tavola, finora spesso sfuggiti a regole stringenti».
Per saperne di più:
Vino: Alleanza coop, gestione offerta con tetti di resa anche per i prodotti da tavola
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