La proroga al 15 giugno della trattativa con Fs per Alitalia è un chiaro segnale a favore di un accordo con Atlantia. Il “quarto socio” potenziale della cordata guidata da Fs con il quale c'è da alcune settimane una trattativa informale, ma sempre più intensa.
Il “nemico” dei Cinque Stelle
La società autostradale dei Benetton, considerata il “nemico” da diversi ministri del M5S dopo la tragedia del crollo del ponte Morandi di Genova (43 morti), è l'unico soggetto rimasto in pista per tentare di completare
un'operazione che sei mesi fa sembrava quasi impossibile: la costituzione di una cordata a guida italiana per rilevare le
attività di Alitalia dalla gestione commissariale. Fino ad allora in 18 mesi ai commissari non erano mai state presentate
offerte vincolanti di acquisto. C'erano state solo manifestazioni d’interesse dirette a pezzi di Alitalia da ristrutturare
in maniera pesante, che avrebbero avuto come conseguenza diverse migliaia di esuberi (da quella di Lufthansa a easyJet, interessata
solo alle attività su Milano).
Il ruolo di Ferrovie dello Stato
La situazione è cambiata quando il governo a spinto a entrare in campo le Ferrovie dello Stato, guidate da un nuovo a.d. scelto
dal M5S, Gianfranco Battisti, promosso al vertice dalla carica di a.d. di Fs Sistemi Urbani. Ex capo della divisione passeggeri
di Trenitalia, oltre che manager con esperienza in aziende private (è stato tra l'altro direttore commerciale della Fiat).
Battisti ha presentato un'offerta vincolante il 31 ottobre 2018 ma ha posto alcuni paletti per evitare che i debiti e i problemi
di Alitalia possano distrarre il vertice delle Fs e assorbire risorse a scapito dell'attività ferroviaria, che ha bisogno
di ingenti investimenti, soprattutto per migliorare il trasporto regionale. Tra i paletti c'è la presenza di un partner industriale,
il ritorno economico, la limitazione della quota di Fs a non più del 30% del capitale della “newco Nuova Alitalia”. Questo
anche per evitare l'obbligo di consolidare i conti della compagnia nel bilancio di Fs.
Alitalia in rosso per oltre 500 milioni nel 2018
Alitalia ha continuato a perdere anche nella gestione commissariale. Benché i commissari non presentino un bilancio, chi ha
accesso ai dati (come gli advisor che studiano l'operazione per Fs e altri investitori) ha messo in fila i conti e ne è emerso
che anche nel 2018 la compagnia ha perso più di 500 milioni di euro (nel 2017 si parlava di almeno 600 milioni di perdita
netta). Insomma, non si può dire che il vento sia cambiato anche se la gestione commissariale ha tagliato alcuni costi (per
esempio sui contratti di hedging sul carburante con le banche, che incassavano così un “dividendo” occulto).
L'impegno di Delta
Partendo da questa base le Fs hanno ottenuto l'adesione a entrare nella “newco” di Delta Airlines, uno dei maggiori vettori
del mondo, con quasi 40 miliardi di euro di ricavi annui (rispetto a poco più di 3 miliardi di Alitalia). Delta vuole proteggere
la sua posizione di supremazia nei voli sul NordAtlantico, grazie ad accordi commerciali e industriali nella joint venture
a quattro, con Alitalia e insieme ad Air France e Klm. Il rischio per Delta sarebbe il passaggio di Alitalia nell'orbita di
Lufthansa, che fa parte di uno schieramento rivale. Delta era disponibile a mettere il 20%, poi ha ridimensionato al 15% il
suo impegno potenziale. Il partner americano si riserva di confermare l’impegno una volta chiarito il quadro della governance
e degli altri soci. E quando è apparso il profilo di Carlo Toto (dissoltosi quasi subito) gli americani si sono fatti più
guardinghi.
Il no dei grandi gruppi pubblici
Tutti i grandi gruppi pubblici interpellati da Fs e dal governo per completare il piano di salvataggio hanno risposto picche:
dall'Eni a Leonardo, da Poste a Fincantieri, dalla Cdp ad altri. “Non è il nostro mestiere”, è la sostanza delle risposte.
Restavano poche possibilità mentre il Mef, dopo qualche travaglio interno, ha deciso di aderire con il 15% del capitale per
corroborare la presenza italiana. Verranno usati i soldi che Alitalia deve versare allo Stato come interessi sul prestito
statale di 900 milioni: importo stimato in 145 milioni di euro nel decreto crescita. Invece i 900 milioni forse non verranno mai rimborsati. Il Mef dovrà insinuarsi nella procedura di ripartizione dell'attivo della compagnia commissariata, come gli altri creditori.
Potrà forse riaverne una parte, ci vorranno probabilmente anni.
Perché Atlantia
La cordata è arrivata ad adesioni pari al 60% del capitale previsto per la “newco”, pari a 850-900 milioni totali. Manca un
socio con il 40% circa. È al termine di questo percorso che si arriva ad Atlantia. La società autostradale dei Benetton controlla
anche Aeroporti di Roma, che gestisce lo scalo di Fiumicino, il principale aeroporto di Alitalia (vale “più o meno” il 40%
del traffico, ha detto l'a.d. Giovanni Castellucci). Atlantia ha un interesse industriale quindi per Alitalia, ma già in passato
aveva perso i 300 milioni investiti tra la Cai dei Capitani coraggiosi di Silvio Berlusconi e l'operazione con gli arabi di
Etihad.
Le condizioni di Castellucci
Ma lo scoglio era (ed è) soprattutto politico: con la guerra aperta dal governo per le concessioni autostradali, Atlantia
chiede una distensione dei rapporti prima di impegnarsi in un'operazione, il salvataggio di Alitalia, che potrebbe costare
molto più dei 300 milioni iniziali da versare nella “newco”. L'interesse di Castellucci è forte, anche se ufficialmente il
manager ripete di non potersi permettere di aprire un nuovo fronte complesso. Per tentare un accordo tra M5S e Atlantia la
partita aveva bisogno di tempo e la campagna elettorale avrebbe creato imbarazzo a Di Maio e ai Cinque Stelle. Ecco perché
la scelta del rinvio al 15 giugno, per la presentazione dell'offerta di Fs e relativi soci, indica chiaramente che il governo
ha scelto la strada del dialogo con Atlantia. Che poi l'accordo si realizzi effettivamente non si può dare per scontato.
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