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Dossier | N. 52 articoli L’Europa dopo il voto

Il ritorno di Berlusconi in Europa per difendersi dal mini-Pdl targato Meloni-Toti

Due punti e poco più. È questa la distanza che separa Forza Italia, fermatasi all’8,8%, da Fdi, il partito di Giorgia Meloni, salito domenica al 6,5%, che si prepara ora alla spallata finale. Il progetto è noto: costruire una nuova formazione politica che nasca dall’alleanza di Fdi con i dissidenti forzisti. A partire dal governatore della Liguria Giovanni Toti che ieri ha sentenziato il «game over» per il suo (ex?) partito. Una sorta di mini-Pdl sovranista, con riferimento a quel Popolo della libertà che il Cavaliere lanciò a fine 2007. E che oggi, sia pure in formato «mini», consetirebbe la nascita di un centrodestra deberlusconizzato. Questo l’obiettivo del duo Meloni-Toti, da cui Salvini apparentemente si tiene alla larga.

Berlusconi però è pronto a resistere. Il Cavaliere vuol far valere il suo ritorno nel Parlamento di Strasburgo e ha già anticipato che lavorerà per orientare il Ppe verso un’alleanza con i sovranisti guidati dal leader della Lega. Oggi sarà a Bruxelles per partecipare alla riunione dei popolari, che precede il Consiglio europeo. Berlusconi scommette su un’imminente crisi del governo gialloverde, che oggi ancora non consentirebbe a Salvini di lasciar fuori dall’alleanza elettorale Forza Italia.

Nel frattempo però deve anche frenare il rischio implosione del suo partito. I big azzurri scalpitano, temono la fine. In molti chiedono un congresso (da Mara Carfagna a Mariastella Gelmini), con la nomina di un coordinatore non più indicato da Arcore, ma scelto dalla base. Una vera e propria rivolta difficile da sedare, perchè in gioco ora è la stessa sopravvivenza politica. Il Cavaliere non sembra preoccupato. Il ritorno in un’aula parlamentare quale quella di Strasburgo, forte delle 500mila preferenze ottenute in questa tornata elettorale, lo ha ringalluzzito e soprattutto gli ha restituito un ruolo, un palcoscenico da cui è stato tenuto ai margini per 5 lunghi anni. Proprio per questo stavolta il processo di riorganizzazione di Forza Italia potrebbe non essere veicolato dagli umori e dalle indicazione di Arcore.

Finora tutte le posizioni di rilievo sono sempre state calate dall’alto, nel bene e nel male coperte dal Cavaliere, da sempre insofferente per le beghe nel suo partito, risolte spesso con decisioni trachant delle quali egli stesso si è poi pentito (sia Toti che Angelino Alfano sono due sue invenzioni) . Adesso però se vuole mantenere un ruolo in Europa ed essere ancora determinante in Italia ha bisogno che Forza Italia si trasformi in un vero partito mettendo nel conto anche l’ascesa di un possibile futuro leader (se mai ci sarà).

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