Con il raddoppio dei consensi rispetto alle Politiche del 2018 è la Lega il primo partito in Italia, stando ai risultati delle elezioni europee. Il Pd sorpassa invece i Cinque stelle, crollati rispetto ai picchi raggiunti nelle elezioni nazionali del 2018. A scrutinio completato in tutte le 61.576 sezioni italiane la Lega di Matteo Salvini è arrivata al 34,33% e il Partito democratico al 22,69%, mentre il Movimento Cinque Stelle guidato da Luigi Di Maio scende al 17,07% dei consensi. Fra le altre sigle sopra alla quota di sbarramento del 4% seguono Forza Italia all'8,79% e Fratelli d'Italia al 6,46 per cento.
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"Sotto soglia" si piazzano +Europa di Emma Bonino con il 3,09% dei voti, i Verdi (2,29%) e la Sinistra (1,74%). Da prefisso telefonico le preferenze andate ai partiti delle estreme, sia di destra (come Casa Pound e Forza Nuova), che di sinistra (come il Partito Comunista).
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Il voto nazionale va in controtendenza rispetto all'Europa, sia per i risultati che per l'affluenza media registrata rispetto al 2014. Sul primo fronte, si è assistito a un rovesciamento dei rapporti di forza fra alleati di governo, con il boom della Lega e il crollo pentastellato. Nel dettaglio, a spoglio praticamente ultimato, nelle due circoscrizioni del Nord la Lega sfonda il tetto del 40%, il M5S sprofonda sia al Nord Est che al Nord Ovest e il Pd sale sopra il 23 per cento. Risultato da record per la Lega anche nella circoscrizione Centro Italia, tradizionalmente orientata a sinistra: con il 33,45% dei consensi, il Carroccio è il partito più votato in Toscana, Marche, Umbria e Lazio. Il secondo partito risulta il Pd con il 26,82%, seguito da M5S (15,95%), FdI (6,98%), FI (6,25%). Il M5S si consola solo nella circoscrizione Sud (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria), dove è il primo partito con il 29,20% dei voti. A seguire Lega (23,34%), Pd (17,91%), FI ( 12,25%) e FdI ( 7,57%).
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«Sono convinto che il nuovo Parlamento europeo e la Commissione europea saranno amici dell'Italia. È cambiata la geografia
in Europa». Così Matteo Salvini in conferenza stampa nella sede del Carroccio a Milano. «A Riace e Lampedusa la Lega è primo partito. Evidentemente la richiesta di una migrazione regolare, qualificata, positiva
è volontà degli italiani, non solo un capriccio di Salvini», ha attaccato commentando alcuni dei risultati emersi dalle Ue.
È maturato il momento - ha aggiunto poi - «perché i leader europei, al di là delle appartenenze, si mettano attorno a un tavolo per rivedere parametri vecchi e superati,
altrimenti un voto come questo non si spiegherebbe». «Sforare il 3%? Non ho voglia di sfidare nessuno, ma non sto a impiccarmi a un parametro, un numero o una regoletta. In Europa bisogna rivedere le politiche sulla crescita», ha concluso il vicepremier della Lega.
«Più lavoro, meno tasse: risponderemo con educazione ma non aumenteremo di mezza virgola le tasse. Quindi - ha sottolineato
Salvini - è chiaro che l'aumento del'Iva ormai è morto e sepolto». Sul Fisco Salvini, intervenuto a Porta a Porta, ha detto
di voler partire con la riduzione dell’aliquota sulle imprese al 15% (attualmente è al 24%).
Spazio anche per gli equilibri interni all'Italia: Lega e 5 Stelle sono «due partiti che ormai da un anno, contro molti se non tutti, superano il 50%. È un unicum a livello continentale e vedremo di usarlo bene», ha assicurato. Per la manovra d'autunno ha preannunciato priorità «al tema delle regole e dei vincoli fiscali: una riduzione della pressione fiscale è un dovere, ed è prevista nel contratto di governo». Idee chiarissime anche sui nodi del rapporto con il M5S: su autonomia differenziata e Tav «si va avanti, questo gli italiani ci chiedono, abbiamo già il cronoprogramma». «Questo voto italiano e francese permetterà all'Europa di investire ancora più soldi sui grandi opere, come la Tav e altre infrastrutture stradali, portuali e aeroportuali. È un mandato chiaro: andate e fate».
Nella notte, in una delle sue prime dichiarazioni sull'esito del voto, il leader della Lega si era invece preoccupato di chiarire la linea per la prossima stagione delle nomine europee. «Non abbiamo nomi e cognomi. Chiederemo un commissario di economia e non certo di filosofia: commercio, agricoltura o concorrenza. E come Lega avremo una chance in più di avere una voce in più. I miei avversari sono i Renzi, i Boschi, gli Orlando del Pd mentre gli amici del 5S sono alleati», ha sottolineato parlando della scelta dei commissari europei della nuova commissione. Di primo mattino, Salvini ha invece rassicurato l'alleato M5S sul fatto che non userà il fiume di consensi «per regolamenti di conti interni: il mio avversario è la sinistra. Si torna a lavorare serenamente».
In casa pentastellata il risultato del voto europeo è un duro colpo, non negato da Luigi Di Maio. «La nostra gente non è andata votare ma la gente ora attende risposte: ci sono promesse da mantenere», ha detto in una conferenza stampa nel primo pomeriggio di lunedì al Mise. Il contratto di governo «non cambia» né è in discussione il ruolo di capo politico («oggi ho sentito tutti coloro che rappresentano le anime del M5S, Grillo, Casaleggio, Di Battista e Fico. Nessuno ha chiesto le mie dimissioni»). Al premier Conte è stato chiesto un vertice di maggioranza che servirà a fare chiarezza nel rimetter mano ai dossier lasciati in sospeso, stante la campagna elettorale. A cominciare dalla Tav («è nelle mani di Conte») per arrivare alla questione delle autonomie, cara alla Lega. «Il fatto è come si scrive il provvedimento. Se si deve fare non deve creare scuole di serie C o sanità di serie C. L'unica cosa che mi interessa è mettermi al lavoro per mantenere le promesse fatte agli italiani, e tra queste c'è la coesione nazionale». Il tavolo per fare il salario minimo e la flat tax «facciamolo, prima ci mettiamo a lavoro meglio è. Il vertice si doveva fare un mese fa, il ministro dell'Economia Tria ha detto che ci sono i soldi per fare la flat tax, facciamola».
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Laconico invece, davanti alla sconfitta, il tweet pubblicato dal leader storico del Movimento, Beppe Grillo («Oggi Radio Maria e Canti Gregoriani»). Una battuta d'arresto che brucia, al centro di un vertice d'emergenza post voto al ministero dello Sviluppo economico, cui sono arrivati tutti gli esponenti di peso del Movimento, da Alessandro Di Battista a Gianluigi Paragone, dai ministri Bonafede e Fraccaro ai sottosegretari Stefano Buffagni, Vincenzo Spadafora e Carlo Sibilla, ai capigruppo di Camera e Senato.
Il premier Giuseppe Conte, non entrato sinora nel merito del voto, ha avuto una telefonata con la cancelliera Merkel per un aggiornamento anche in vista del vertice informale a Bruxelles. Scambio di opinioni e valutazioni sull'andamento delle elezioni prima di affrontare il tema delle nomine ai vertici delle istituzioni Ue in merito al quale, informa una nota di Palazzo Chigi, si è convenuto che in questa prima fase ci si limiterà a discutere circa le questioni di metodo.
Mentre nel resto della Ue i sovranisti sono cresciuti al di sotto delle attese, con l'eccezione del Raggruppamento nazionale di Marine Le Pen in Francia (a scrutinio quasi ultimato la lista di destra Prenez le Pouvoir registra il 23,43% dei voti contro il 22,31 di En Marche del presidente Macron), in Italia il partito di Salvini riesce a conquistare quasi un terzo dell'elettorato. Ci sarebbero i presupposti per una frattura nella maggioranza, anche se Salvini ha già sottolineato che «non userà i consensi per un regolamento di conti interno». In giornata si saprà poi l'esito del voto amministrativo, e in particolare delle Regionali in Piemonte, per le quali il conteggio delle schede inizierà dalle 14.00. In attesa dei risultati, Salvini, sicuro di replicare l'exploit registrato alle Europee, ha già annunciato che «se la Lega andrà al governo in Piemonte è chiaro che sarà un messaggio per la prosecuzione delle grandi opere. Abbiamo chiesto il voto per il Sì».
Secondo partito in Italia, il Pd guidato da Zingaretti risulta in testa nelle preferenze nelle principali aree metropolitane. A Roma, i dem sono il primo partito con il 30,62%, seguiti dalla Lega al 25,78%, mentre il M5S è staccato a 17,58%. Nel Lazio però sfonda la Lega: il Carroccio, quando mancano solo 5 sezioni su quasi 5.300, è il primo partito nella regione della Capitale, governata dal Pd, con il 32,66% delle preferenze. In Lombardia, aMilano, il Pd conquista il podio con il 35,97%, seguito da Lega (27,39%), Forza Italia (10,18%) e Cinque Stelle 8.53%). Buona anche l'aggermazione a Torino, dove il Pd è primo con il 33, 47%, mentre la Lega si ferma a 26,89%; il Movimento 5 Stelle, che esprime la sindaca Appendino, registra il 13,33% dei voti. Dal risultato elettorale - sottolinea la vice segretaria dem Paola De Micheli in una intervista, emerge una «crescita del Pd, che non accadeva dal 2014: dopo il famoso 40% delle europee, siamo sempre scesi. È la prima volta che si risale, è un segnale confortante», e «la strada per risalire è quella giusta, ma per noi è solo l'inizio». Per Franco Roberti, l'ex procuratore nazionale Antimafia capolista del Pd nella circoscrizione Sud e primo eletto con oltre 143mila preferenze «il voto europeo ci dice che il Pd è l'unico partito in grado di contrapporsi alla marea montante di populismo demagogico e nazionalismo di questo governo e della Lega in particolare. I cittadini hanno capito che è importante avere un Pd forte».
Tra i partiti all'opposizione, dal voto delle Europee spicca il risultato di Fratelli d'Italia, che debutta tra i banchi dell'Europarlamento con un ottimo 6,46% dei voti. Per la leader storica di FdI Giorgia Meloni «il messaggio è che gli italiani hanno votato per consegnare un'altra maggioranza rispetto a quella di oggi. C'è un'altra maggioranza possibile, formata da Lega e Fdi. Gli italiani hanno detto che non vogliono il M5S al governo, siamo pronti ad assumerci la nostra responsabilità». In conferenza stampa, Menoni lancia poi un messaggio al Capo dello Stato Sergio Mattarella: «Se il governo non sarà più in condizioni di andare avanti c'è un'altra maggioranza». Non servono accordi di palazzo, «l'unica alternativa sono le elezioni», conclude Meloni.
Forza Italia, pure all'opposizone da destra, rimane fortemente delusa dal voto, attestandosi ampiamente sotto la soglia psicologica dei 10% dei consensi. «Il successo personale del presidente Berlusconi non può né deve fare velo alla sconfitta di Forza Italia, che c'è, è pesante e deve indurre tutto il gruppo dirigente a una riflessione, a una profonda autocritica e anche ai passi conseguenti e necessari, prima di tutto per rispetto dei nostri elettori», rileva in una nota Anna Maria Bernini, fedelissima del Cavaliere e presidente dei senatori di FI. «Siamo dunque tutti in discussione tranne ovviamente Berlusconi, che con la sua infinita generosità ha aperto ancora una volta un paracadute fondamentale per il partito, ma è inutile girarci intorno: Houston, abbiamo un problema, perché l'emorragia di voti non si è fermata e siamo l'unico partito di opposizione che è arretrato», conclude Bernini.
Sul fronte dell'affluenza, il dato definitivo del nostro paese registra una sostanziale flessione: dal 58,69% del 2014 al 56,10% di questa tornata, in controtendenza rispetto alla crescita media dei votanti registrata nel resto della Ue. Ragionando in termini di Regioni, l'affluenza più alta è stata in Umbria (67,7%) ed Emilia-Romagna (67,3%), la più bassa in Sardegna (36,25%) e in Sicilia (37,51%). L'affluenza a livello europeo è stata invece del 50,95 per cento.
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Nel complesso, comunque, l'Eurocamera che si va disegnando rimane sbilanciata a favore delle forze politiche di impronta europeista. Come ha sintetizzato il portavoce della Commissione Ue Margaritis Schinas «i populisti non hanno vinto le elezioni, ma le hanno vinte le forze pro-Ue di tutto lo spettro politico».
Secondo l'ultima proiezione della composizione del futuro Parlamento Ue sulla base dei risultati ufficiali parziali al Partito popolare vanno 182 seggi, col 24,23%; ai Socialisti e Democratici 147 con 19,57%; e ai Liberali 109 seggi, col 14,51%. Quarti i Verdi con 69 seggi al 9,19%, seguono i Conservatori Ecr a 59 a 7,86%; mentre l'Enf (il gruppo della Lega di Salvini) avrebbe 58 seggi al 7,72%; e l'Efdd (il gruppo dei Cinque Stelle e di Farage) 54 col 7,19%. La Sinistra Gue ottiene 38 seggi al 5,06 per cento.
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L'arretramento dei grillini in Italia rispecchia i risultati deludenti dei partiti populisti anche in altri paesi. Nel complesso, al M5S e ai suoi alleati mancano i numeri (25 europarlamentari in rappresentanza di almeno 7 Paesi) per formare un gruppo politico nel Parlamento europeo. Sotto la soglia di sbarramento, in attesa dei risultati definitivi, il movimento polacco Kukiz'15, che resta fuori dall'Eurocamera. Nessun seggio anche per Akkel in Grecia, Elurikkuse Erakond in Estonia e al movimento Liike Nyt in Finlandia. In Croazia il partito anti-sfratti Zivi Zid conquista invece un seggio. In questo quadro i Cinquestelle potrebbero allearsi con i movimenti che ancora non hanno trovato una collocazione nell'emiciclo. Tra questi il partito satirico tedesco Die Partei, che dovrebbe ottenere due seggi nel Parlamento europeo. Formalmente il M5S è ancora Europa della Libertà e della Democrazia Diretta (Efdd), che stando alle proiezioni del Parlamento europeo raccoglierebbe 53 seggi, ma i Cinque Stelle hanno già dichiarato la volontà di formare un nuovo gruppo e rischiano perciò di rimanere senza una famiglia politica.
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