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La provincia di Pisa tiene fede alla sua magna "Carta" e ritira le deleghe

In un'Italia in cui i bei propositi rimangono spesso sulla carta, c'è chi prova a dare luce all'eticità dei comportamenti. Questa premessa è necessaria, così come è necessario dire che il caso affrontato nulla ha a che fare con le mafie ma ha a che fare con le scelte nei percorsi politici.

Nella seduta del consiglio di lunedì 13 gennaio, infatti, il presidente della Provincia di Pisa, Andrea Pieroni, ha applicato quanto previsto dalla Carta di Pisa, il codice etico-comportamentale proposto dall'Associazione Avviso Pubblico e approvato il 7 marzo 2012, per rafforzare la trasparenza e la legalità nella pubblica amministrazione.

Pieroni, con decreto, ha revocato le deleghe all'assessore all'Ambiente Valter Picchi, a seguito della comunicazione dello stesso, di essere stato oggetto di un rinvio a giudizio in relazione a un'inchiesta della Procura di Massa sull'attività di gestione e trattamento dei rifiuti da parte di due aziende (e l'articolo 20 della Carta di Pisa contempla che, in caso di rinvio a giudizio per determinati reati, scatti l'impegno a dimettersi dall'incarico).

Il presidente della Provincia di Pisa, durante la comunicazione al consiglio provinciale, ha ringraziato l'assessore Picchi per l'impegno nel suo mandato in quasi dieci anni di attività, ha riaffermato come, in ogni caso, «nessuno possa essere dimostrato colpevole fino a che una sentenza definitiva non lo dichiari tale» ma poi si è soffermato sul ricorso alla Carta che, proprio nel capoluogo di provincia, è nata e che dunque sarebbe stato paradossale non rispettare ed attuare.

«Con la Carta di Pisa, gli amministratori locali, dopo anni di impegno sui temi della legalità e della responsabilità etica – dichiara Pieroni – hanno inteso alzare l'asticella costituita dalle norme di legge e aderire con convinzione a un codice il cui obiettivo è dare palese dimostrazione di quanto si voglia essere trasparenti, esigenti e rigorosi con se stessi».

Picchi, la cui onestà intellettuale è fuor di dubbio e sulle cui attività indagate dovrà esprimersi un giudice (o più fino a eventuale passaggio in giudicato di una sentenza), si è comportato come pochi avrebbero fatto. Il 10 gennaio, dunque ancor prima della decisione del presidente della Provincia, ha spedito una lettera ai media locali di questo tenore: «Ritengo mio preciso dovere rendere noto di essere stato rinviato a giudizio e che per il prossimo 28 maggio davanti al Tribunale penale collegiale di Massa, con l'accusa di avere fatto parte di un'associazione illecita. Decisione che vivo con profondo stupore, disappunto ed amarezza. Profondo stupore e disappunto, perché neanche per l'accusa avrei ottenuto qualche vantaggio da questa mia asserita partecipazione: il che sembra incredibile, ma è davvero così! Soprattutto, perché le condotte che dovrebbero dimostrare questa mia partecipazione "no profit" sono condotte che ancora oggi tornerei a tenere e di cui sono assolutamente fiero: continuo infatti ad essere convinto che si dovesse trovare il modo per far terminare, una volta per tutte, il conferimento alla discarica di Peccioli dei rifiuti prodotti a Massa e che Massa finalmente si dotasse di un impianto, fra l'altro strategico per tutta la costa toscana, di produzione di combustibile da rifiuto. Provo profonda amarezza, inoltre, perché all'udienza preliminare, il giudice inizialmente investito della richiesta di rinvio a giudizio – chiamato a ricoprire altissimi incarichi istituzionali – è stato sostituito da altro giudice di altro Tribunale, quando ormai un'ampia istruttoria era stata compiuta e si trattava solo di tirare le conclusioni. Resto infatti dell'idea che ciò abbia influenzato non poco la decisione finale di rinviare a giudizio tutti gli imputati e sostanzialmente per tutte le imputazioni, scelta questa che costituisce in realtà – nell'udienza preliminare – la soluzione più deresponsabilizzante, demandando ad altri, ovvero al Tribunale, la parola definitiva sul fondamento dell'accusa mossa. Peraltro, proprio per questo, non mi perdo d'animo, nella certezza che in sede di giudizio dibattimentale, l'assoluta inconsistenza dell'accusa che mi è stata rivolta potrà essere agevolmente dimostrata».

Alla lettera ha aggiunto un P.S.. Eccolo: «Andrea Pieroni, presidente della Provincia, e Francesco Nocchi, segretario provinciale del Pd, hanno chiesto a Picchi di dimettersi sulla base di codici etici come la Carta di Pisa. Con tutto il rispetto per i codici etici, per chi li ha scritti e firmati; e lungi da me l'idea di confondere il piano dell'etica con quello giuridico, non posso tuttavia fare a meno di osservare che un rinvio a giudizio è tutto fuorché una sentenza definitiva di colpevolezza e che tra l'uno e l'altra è come tra il dire e il fare: c'è di mezzo il mare. Ma forse sbaglio a essere sempre così garantista».

«La pronta applicazione delle previsioni della Carta di Pisa da parte dell'amministrazione provinciale – ha invece dichiarato il presidente di Avviso Pubblico, Roberto Montà, che è anche sindaco del Comune torinese di Grugliasco e che non deve essersi intenerito più di tanto dal gesto e dalla lettera di Picchi – è la concreta testimonianza dell'importanza e dell'efficacia di questo strumento a garanzia della credibilità delle Istituzioni in un momento delicato nel rapporto con la cittadinanza. In situazioni come questa è necessario che chi ricopre una carica istituzionale abbia il diritto-dovere di difendersi in sede giudiziaria non continuando ad occupare una carica amministrativa pro tempore, eliminando dubbi e sospetti sull'integrità e l'immagine delle Istituzioni».

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