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Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2010 alle ore 16:40.

frontiera >HUMAN BODY 2.0 La nanomedicina concentra le proprie energie per sconfiggere il cancro e potenziare il cervello DI ANDREA CAROBENE
La battaglia contro i tumori può essere vinta anche con una nuova alleanza tra fisici, ingegneri, matematici, biologi e medici nel nome della nanotecnologia. Nell'estate del 2004 il ministero della Salute Usa pubblicò il «Cancer nanotechnology plan»: un piano strategico basato sull'applicazione delle nanotecnologie per "trasformare l'oncologia clinica". Il programma nasceva, come scrisse il direttore del National cancer institute Andrew C. von Eschenbach, per «aiutare a raggiungere l'obiettivo di eliminare la sofferenza e la morte per tumore entro il 2015». L'italiano Mauro Ferrari, che allora lavorava proprio al National cancer institute, è stato colui che ha scritto questo piano, dando vita, come ci spiega «al più grande progetto di nano medicina nel mondo». Ferrari oggi dirige all'Università del Texas di Houston il primo dipartimento di Nanomedicina integrato alla facoltà di medicina. In questi anni ha contribuito a redigere i piani strategici di nanoncologia per il Giappone, la Cina, per il Canada e l'Unione europea, e a ragione può esser definito il padre della nanomedicina: «Questa è la mia vita» ci dice.
È lui a spiegarci che i primi farmaci costruiti con tecniche di nanomedicina sono già sul mercato da 15 anni, e il fatturato generato da questi prodotti nel 2007 è stato di 6 miliardi di dollari. Ma si tratta solamente dell'inizio. Secondo Ferrari, tra quale anno, diventerà davvero possibile non tanto eradicare completamente il cancro così come è stato fatto con il vaiolo, quanto piuttosto «rendere il tumore una malattia cronica con la quale si può convivere senza vedere diminuita la propria qualità di vita». Nei prossimi 5-10 anni sono infatti attesi cambiamenti fondamentali tanto in campo diagnostico che terapeutico. Le diagnosi diventeranno sempre più precoci e affidabili. «Ogni tumore è una disregolazione di espressioni molecolari molto complesse», e questo significa che occorre effettuare analisi in parallelo capaci di individuare singole molecole: un risultato che può essere ottenuto solo grazie alle nanotecnologie puntando alle caratteristiche di ogni singola persona. Accanto alla diagnosi personalizzata l'altra sfida è quella della terapia personalizzata: «I farmaci devono essere misurati e trasportati in maniera mirata a seconda delle caratteristiche individuali» e devono colpire le cellule malate tralasciando quelle sane.

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All'Università di Houston sono stati così realizzati dei nanovettori di silicio multistadio: ossia delle "pillole" di dimensioni nanometrica che trasportano il principio attivo superando le diverse barriere biologiche che il nostro organismo oppone ai corpi estranei. Questi nanovettori possono raggiungere l'obiettivo con precisione. «La scelta del silicio – spiega Ferrari – è motivata dal fatto che si tratta di un materiale già presente nell'organismo umano; in più questi vettori hanno il vantaggio di essere completamente biodegradabili».
Anche l'Italia vuole entrare nella sfida, e dieci mesi fa è nato il Centro europeo di nanomedicina (Cen) di Milano: una Fondazione presieduta da Adriano De Maio, patrocinata e finanziata della Regione Lombardia e che vede al suo interno ben 10 centri di ricerca pubblici e privati: l'Ifom – Istituto Firc di Oncologia molecolare, la Scuola europea di Medicina molecolare e l'Ospedale Maggiore policlinico Mangiagalli e Regina Elena; il Besta e l'Ieo; le Università di Milano e Pavia; il Politecnico di Milano; Genextra e StMicroelectronics. Chiarman del comitato promotore del Cen, e direttore scientifico di Ifom, è Marco Foiani che, parlando delle possibili applicazioni delle nanotecnologie, sottolinea la possibilità di «realizzare microtelecamere contenute in pillole usa e getta che, viaggiando attraverso tutto l'apparato digerente e l'intestino, forniranno un'immagine completa dello stato di salute» costituendo così un'alternativa semplice alla più invasiva colonscopia. Tra il progetto di Milano e quello di Houston vi è un legame stretto. Ferrari ha lavorato per due anni come consulente esterno per De Maio e Foiani per sviluppare il programma del Cen del quale sarà chairman dello scientific advisory board. Il centro di Milano, spiega Ferrari, «ha tratto ispirazione esattamente dell'Alliance for NanoHealth di Houston, un consorzio di 8 università e ospedali, di cui sono presidente dal 2006».
Le prospettive sono dunque estremamente interessanti, ma se nel dipartimento di Nanomedicina di Houston vi sono 220 studenti all'anno, «in Italia – ricorda Foiani – non abbiamo nanomedici. L'Ifom ha avviato per questo motivo il reclutamento di esperti stranieri tramite il Centro europeo di nanomedicina. È stato così avviato, in collaborazione con l'Istituto Besta, il primo progetto del Centro che sarà diretto da Francesco Stellacci, docente al Mit di Boston e a Losanna. La ricerca sarà soprattutto diretta al settore neurologico, e punterà tra l'altro a sviluppare nanoparticelle magnetiche e fluorescenti da usare per la diagnosi precoce delle anomalie cerebrali, e a sintetizzare nanomateriali per favorire la ricrescita delle connessioni nervose lesionate. Anche Stellacci non è un medico di formazione, così come Ferrari. Il primo si è laureato al Politecnico di Milano, mentre il secondo ha ottenuto la laurea in matematica all'Università di Padova e un Ph. D. in Ingegneria meccanica al l'Università della California. Proprio in queste biografie risiede la sintesi della nanomedicina: una disciplina frutto dell'alleanza tra scienziati di diverse aree, perché a livello nanometrico le distinzioni fra chimica, fisica e biologia sfumano. Ma è proprio grazie a questa dissolvenza, tipica del nanomondo, che la lotta contro i tumori sta facendo passi da gigante.
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... Robert Freitas A. jr. e Ralph Merkle hanno fondato nel 2000 la Nanofactory Collaboration mirata alla meccanosintesi del diamante.
Piccolo mondo prossimo Applicazioni. Nella lotta al cancro e alle malattie neurodegenerative scende in campo una nuova alleanza tra fisici, ingegneri, matematici, biologi e medici nel nome della nanotecnologia. Per arrivare a farmaci di precisione e innovative interfacce macchine-cervello

Diagnosi precoce. Diventa possibile riconoscere tumori nei primissimi stadi di formazione grazie a nanotelecamere che viaggiano nel corpo umano, così come sta sperimentando all'Università di Washington Eric Seibel. All'Università del Texas è stato invece presentato un nano-bio-chip che riesce a diagnosticare in 15 minuti la presenza di un tumore orale, con una sensibilità del 97 per cento. Bruno Frazier, dell'Università di Tecnologia della Georgia, ha realizzato un circuito microfluidico che identifica cellule tumorali nel sangue marcandole con nanoparticelle magnetiche che riconoscono le proteine neoplastiche. (an.car.)


Farmaci mirati. Contenitori riempiti di principio attivo eludono il sistema immunitario, raggiungono l'obiettivo e liberano il farmaco solo sulle cellule ammalate. Un prototipo dell'Università Washington di St. Louis è una gabbia di nanomolecole d'oro che si apre se illuminata da radiazioni infrarosse. Alla Rice University producono microbolle che esplodono in prossimità del tumore, distruggendolo, mentre al Caltech di Pasadena hanno ottenuto molecole che individuano le cellule tumorali e ne disattivano i geni. (an. car.)

Medicina rigenerativa. Una nanofibra bioattiva che favorisce la formazione della cartilagine è stata messa a punto nell'Illinois all'Università Northwestern da Samuel Stupp. All'Università del Massachusetts, hanno sperimentato con successo una matrice polimerica che favorisce la crescita dei tessuti biologici, compresi quelli ossei. (an.car.)


Domotica avanzata. Sono stati sviluppati chip impiantabili in grado di interpretare l'attività neurale e di tradurle, con un software, in comandi per l'attivazione di pc, tv, sedie a rotelle e altri device. Fino a offrirci la possibilità di controllare tutti gli oggetti elettronici con il pensiero. (ro.man.)

Chirurgia cerebrale ricostruttiva. A promuovere questo campo è il Mit di Boston che ha restituito parzialmente la vista a cavie con danni alla corteccia visiva. Questo è però solo l'inizio: in futuro si potranno ricostruire aree cerebrali danneggiate da traumi, ictus e patologie neurodegenerative. (ro.man.)

Imaging cerebrale. Con nano-cavi di platino più sottili di un capello umano alla New York University hanno dimostrato la possibilità di raggiungere il cervello attraverso i vasi sanguigni e avvolgerlo in una rete nanotecnologica che consentirà di rilevare l'attività di singole aree. (ro.man.)

Cervello ad alta velocità. All'Università di Trieste e al Politecnico di Losanna hanno dimostrato che con i nanotubi si creano "scorciatoie" intra-e inter- neuronali, rendendo i neuroni più efficienti e veloci. E in futuro forse incrementeremo le nostre capacità cognitive. (ro.man.)

Nuove tecniche di imaging. La diagnostica per immagini costituisce un'altra delle sfide delle nanotecnologie. All'Università Purdue di West Lafayette hanno sperimentato una tecnica, basata sulla fluorescenza generata da molecole di nanoparticelle d'oro e d'argento, per visualizzare i tumori nella fase iniziale. All'Università di tecnologia della Georgia, hanno invece proposto una nuova tecnologia di imaging usando marcatori formati da nanoparticelle d'oro unite a specifici anticorpi tumorali. Un miglioramento nelle tecniche di imaging potrà anche esser realizzato, secondo James Rabeau dell'Università australiana Macquarie, sfruttando le proprietà ottiche dei nanodiamanti. (an.car.)

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