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MA LA TV NON SI FA LUDICA

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Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2010 alle ore 16:37.

Quando il videogioco si fa tv, la tv inizia a giocare. I videogame, nella vertiginosa evoluzione che hanno avuto negli ultimi 10 anni, hanno saccheggiato dal cinema idee e soluzioni visive, coinvolgendo in prima persona importanti registi come John Woo, Kinji Fukasaku, John Milius o John Carpenter, rifacendo (e disfacendo) l'immaginario televisivo, dalla cronaca («Michigan: Report From Hell») al serial («Lost»). Qualche anno fa la Quantic Dream di David Cage creò «Fahrenheit», dove la trama del gioco prendeva le forme di un serial e il giocatore era chiamato a determinare in tempo reale l'andamento della narrazione costituendo di fatto un film interattivo, creando un inedito cortocircuito tra il linguaggio videoludico e quello filmico. Un esempio paradossale, e a suo modo ironico, di totale annessione dell'universo cine-televisivo da parte di un videogame è certamente quello di «The Darkness», dove a un certo punto ci si offre la possibilità di guardare per intero, in un televisore al centro di una stanza, «Il buio oltre la siepe», il film di Robert Mulligan a cui il gioco è ispirato, sospendendo il gioco, aprendosi a una dimensione spettatoriale che normalmente i videogame dissimulano.
Difficile immaginare il contrario. Il solo caso in questa direzione sarebbero le sfide videoludiche di carattere sportivo trasmesse da alcuni canali televisivi sudcoreani, inglesi e tedeschi esclusivamente dedicati a questo. Per il resto la tv, in Italia come altrove, si limita a vetrine pubblicitarie, con pochissime eccezioni. Una di queste è «Playtime», un programma inventato da Federico Ercole e Alberto Momo per Rai4, che prosegue e rilancia il lavoro svolto negli ultimi anni per «Fuori Orario» attraverso l'oriente di immagini prodotte da game-designer dal tocco spudoratamente filmico come Tetsuya Nomura o Hideo Kojima, praticando un gioco di contaminazione piuttosto spericolato tra linguaggi diversi.
Lo stesso gioco che è alla base del progetto di serializzazione di «John Woo's Stranglehold» realizzato per la terza rete Rai (che andrà in onda a settembre), dove le immagini del gameplay dialogano e si scontrano con le immagini dei film del regista di «A Better Tomorrow» e «Face/Off» e con quelle filmate da Momo, in un continuo rimescolamento dei registri, dei codici, e dei piani di realtà, stravolgendo il progetto originale (il videogioco diretto da Woo) dandogli una nuova forma.

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Tags Correlati: Alberto Momo | Fahrenheit | Federico Ercole | Italia | John Carpenter | John Milius | John Woo | Kinji Fukasaku | Lost | Rai Tre | Robert Mulligan | Tecnologie |

 

«Playtime», ospitato all'interno del contenitore «Vite reali», si insinua nella dimensione del varietà televisivo attraverso una scelta autoptica, di blobbistica dissezione (o di rifrazione allucinatoria) di immagini che raccontano con ironica e spietata precisione la realtà di un immaginario che i videogiochi oggi rispecchiano molto meglio di quanto non sappia fare la tv.
Donatello Fumarola
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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