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Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2010 alle ore 16:30.
L'ARCHITETTO Mara Servetto: «VIVERE L'INTEGRAZIONE
TRA LA TECNOLOGIA E GLI SPAZI» DI FEDERICO CAPITONI
Museo: per quanto tempo ancora potremo chiamare in questo modo, antico e affascinante, un luogo deputato alla conservazione e alla mostra delle più svariate concretizzazioni di una cultura? La desacralizzazione degli spazi museali è prepotentemente arrivata e ora si traduce tutta nell'interattività; ossia nella possibilità di azione da parte del visitatore che può respirare – vivere – la dimensione che è venuto a vedere. Scordatevi di passeggiare tenendo le mani dietro la schiena se a Varsavia vi inoltrate nel nuovissimo Chopin Muzeum, appena aperto al pubblico e già prenotato dai visitatori fino a giugno. Poderoso parto dei due architetti italiani Ico Migliore e Mara Servetto, questo ambiente museale ipertecnologico trasfigura completamente sia il precedente museo dedicato al grande musicista polacco e che fino a ieri si trovava in quella sede (il castello Ostrogski) sia più in generale il concetto vero e proprio di museo. A vederlo da fuori, lo storico palazzo – risalente al 1600 e recentemente ricostruito – non sembrerebbe serbare tanta innovazione; e invece appena entrati si viene forniti di una innovativa tessera elettronica, che costituisce anche il biglietto d'ingresso, personalizzata in base a quanto si pensa di approfondire la visita: «Si va dal livello più ricco, quello del musicologo – spiega Mara Servetto – a quello più superficiale, tipicamente di un pubblico giovane o completamente all'oscuro della vita e delle opere di Chopin». Nella carta è poi memorizzata anche la lingua preferita dal visitatore (che può scegliere tra otto idiomi). Per ognuna delle oltre 70 stazioni interattive è possibile decidere preventivamente quanto a fondo andare nelle spiegazioni e in che lingua ascoltare o leggere i contenuti (senza bisogno quindi di audio guide suppletive). Altri due livelli di diverso approfondimento sono previsti per gli ipovedenti e gli ipoudenti. Accanto alle tradizionali teche sono installati touch screen con cui esplorare disegni, partiture o dipinti; cassetti che si aprono liberando musica; proiezioni e spartiti che suonano. Basta passare la carta su appositi sensori e si apre un mondo, il mondo di Chopin, in cui si può entrare personalmente, come se a visitare il museo si fosse soli: non accedono all'edificio più di cento persone alla volta, lo spazio in totale è di 1.300 metri quadrati. È facile dunque che si crei una dimensione intima; il museo dialoga davvero con la persona, grazie alla tecnologia identificativa Rfid lo riconosce e gli parla direttamente. È finita l'epoca del «guardare e non toccare», finalmente si possono sfogliare e leggere tutte le pagine di un manoscritto, di un'agenda: «Una voce che legge per noi una lettera che possiamo ingrandire e spostare sullo schermo ci permette di fare ciò che è sempre stato proibito, ossia toccare le carte e tentare di capire una grafìa di primo acchito indecifrabile».