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Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2010 alle ore 16:40.
DI ROBERTO MANZOCCO
Nanotecnologie, prossima fermata: il cervello. Si moltiplicano le ricerche futuribili che mirano a sviluppare dispositivi nanotech in grado di interagire con il nostro sistema nervoso, e le prospettive aperte sembrano a dir poco eclatanti. Si va infatti dalla riparazione di lesioni cerebrali oggi irreversibili all'eliminazione degli effetti dell'ictus, dalla cura della paralisi al trattamento di diverse gravi patologie, come l'Alzheimer o il morbo di Parkinson. Per non parlare della possibilità di potenziare le nostre capacità naturali, rendendo il cervello più veloce; dello sviluppo di innovative interfacce macchina-cervello, che ci permettono di controllare con il pensiero dispositivi elettronici di ogni tipo; della trasmissione di informazioni da una mente all'altra, arrivando così a creare una vera e propria forma di "telepatia sintetica".
Vediamo dunque lo stato del l'arte della nano-ingegneria neurale. L'ultimo studio di questo genere in ordine di tempo è quello condotto da Keiichi Torimitsu e dai suoi colleghi della Nippon Telegraph and Telephone di Kyoto; gli studiosi stanno sviluppando nano-sensori capaci sia di interfacciarsi con il cervello, raccogliendo informazioni di vario tipo, sia di manipolare i nostri tracciati neurali; lo scopo finale è quello di interagire con il sistema nervoso a livello neuronale e in modo bidirezionale. Grazie a tali sensori – alimentati dal glucosio contenuto nel sangue – si potrebbe non solo effettuare le suddette riparazioni, ma anche potenziare le protesi bioniche attualmente esistenti o in corso di sviluppo, ottenendo così arti, retine e impianti acustici artificiali molto più sofisticati. L'anno scorso il team di Yiyan Yang dell'Institute of bioengineering and nanotechnology di Singapore hanno creato nanoparticelle peptidiche capaci di combattere vari tipi di batteri farmaco-resistenti responsabili di meningiti ed encefaliti. L'importanza di questo studio sta nel fatto che le nanoparticelle in questione sono in grado di aggirare la barriera emato-encefalica, che controlla l'ingresso di batteri e virus nel cervello ma può bloccare anche i farmaci.