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Questo articolo è stato pubblicato il 20 maggio 2010 alle ore 08:10.
:L'ultimo allarme è di pochi giorni fa. Viene da Icann: gli indirizzi Ip stanno finendo, ne restano ormai disponibili solo l'8-9% del totale. Già da fine 2010 la penuria si farà sentire, ma di certo oltre il 2012 non si potrà andare e quindi toccherà passare dall'Ipv4 all'Ipv6, nuovo standard che rende utilizzabili molti più indirizzi. Questi sono la materia prima delle applicazioni internet. Se scarseggiano, anche l'innovazione rischia di risentirne. Ma allora perché l'industria ritarda il passaggio? Di fatto l'Ipv6 fa da cartina di tornasole della maturità del mercato internet. I vendor di apparati hanno già approntato il nuovo standard, mentre gli operatori non hanno fatto altrettanto con le reti. Soprattutto quelli italiani, com'è emerso dall'ultimo Ipv6 Forum di fine aprile. «I nostri primi switch Ipv6, rivolti ad aziende e operatori, sono stati certificati già nel 2008. Nei due anni successivi abbiamo pubblicato i primi firmware che danno compatibilità Ipv6 a modelli di router già usati dagli utenti – spiega Riccardo Cerioni, product manager di D-Link Italia –. Vediamo in Europa sempre più operatori intenzionati a trasportare le proprie reti verso l'Ipv6, ma nessun progetto è operativo in Italia. Portugal Telecom e Telefonica invece hanno già ordinato prodotti compatibili con il nuovo standard».
«Uno dei principali test europei è basato sui nostri prodotti: in Olanda, con un provider controllato da Kpn – aggiunge Giovanni Cristi, project engineer della tedesca Avm, tra i principali fornitori di router per utenti finali –. Da fine 2009 abbiamo un firmware in beta compatibile con l'Ipv6. È ancora una tecnologia molto giovane per i router». Il punto è che passare a Ipv6 non crea nell'immediato nuove fonti di guadagno, ma è solo un rimedio alla fine degli indirizzi Ip. Di conseguenza, gli operatori che non hanno questo problema possono pure temporeggiare. «Avviene nei mercati come quello italiano, dove non c'è una grande crescita di abbonamenti internet», spiega Cerioni. Del resto, «adottare il nuovo standard è costoso: bisogna ridisegnare l'architettura di rete e formare il personale tecnico», aggiunge Cristi.