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Tecnologia e mercati finanziari: fra rischi e crolli, un'eccellenza italiana

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Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2010 alle ore 16:57.

Pochi minuti. Bastano tecnicamente pochi minuti affinché la Borsa possa bruciare miliardi di dollari e di euro. È successo a inizio maggio, con lo scivolone che ha provocato il panico su tutti i mercati azionari mondiali, e non sarà probabilmente l’ultima volta. In questi giorni 25 se n’è avuto un altro assaggio, con il listino di Wall Street sceso sotto i 10mila punti. Il valore dei titoli ristagna ma il numero di scambi è sempre elevato, elevatissimo. E questo perché il flusso delle transazioni ha raggiunto livelli di velocità incredibili, impensabili solo 20 anni fa. La tecnologia software al servizio della finanza appare, oggi, un assunto banale, ma non lo era di certo all’inizio degli anni ‘90, quando soluzioni avanzate di gestione dei mercati elettronici vennero integrate nei sistemi di alcuni dei più grandi operatori al mondo. E c’è un altro aspetto della questione, poco noto ai non addetti ai lavori: la finanza è un settore dove l’eccellenza italiana, in termini di capacità di innovazione, ha conseguito importanti risultati, anche a livello internazionale. Lo conferma la storia di List Group, società fondata a Pisa nel 1985 e oggi realtà di primi piano su scala internazionale (opera in 18 paesi di tre continenti) nel campo delle soluzioni software per il mondo finance, dai sistemi di negoziazione, quotazione e gestione degli ordini al risk management. Quello che può esibire List è un biglietto da visita praticamente unico, e cioè quello di esportare software «made in Italy» ai grandi istituti bancari internazionali operando con le vesti multinazionale «tascabile» che da sempre ha nelle competenze il proprio valore aggiunto. 

Non solo prestazioni ma innovazione e capacità di controllo
Ma quanto pesano tecnologie e regole nell’economia del settore finanziario? La risposta è scontata: molto, e di questa tema se n’è parlato nel corso di una tavola rotonda tenutasi ieri a Milano per festeggiare i 25 anni di vita della società toscana. Enrico Dameri, fondatore e presidente di List Group, ha fatto un passo indietro per ricordare come «la tecnologia informatica per il mondo della finanza nasce negli anni ’80 per poter controllare i processi di più e meglio, per rendere trasparente il mercato a tutti e non necessariamente per farlo andare più velocemente. Le prestazioni, la capacità di poter assicurare più operazioni e transazioni è sicuramente importante ma altrettanto fondamentale è la capacità di controllo». In altre parole le tecnologie sono il motore vitale delle attività di Borsa ma il fine ultimo non è solo quello di moltiplicare il numero degli scambi e portare a termine ordini in tempi ridottissimi. «Gli strumenti tecnologici per la gestione del rischio – ha detto in proposito Dameri - ci sono ma vanno ovviamente usati con razionalità in funzione di regole procedurali chiare, finalizzate al monitoraggio ex ante del processo di negoziazione». Quanto alla componente di innovazione, necessaria per eccellere in un mondo complesso come quello della finanza, la ricetta del numero uno di List è esplicita: «le istituzioni dovrebbero fare da stimolo alle imprese, esigere cose nuove e non privilegiare sempre e comunque il fattore dei costi. Se una banca chiede di poter fare qualcosa che ancora non esiste genera un processo virtuoso di crescita delle imprese tecnologiche e di tutto il settore».

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Tags Correlati: Angelo Tantazzi | Borsa Italiana | Borsa Valori | Enrico Dameri | Imprese | Italia | List Group | Mip | Riccardo Varaldo | Sant'Anna | Wall Street

 

Che l’informatica influenzi direttamente i mercati e l’economia mondiale lo ha confermato anche Angelo Tantazzi, Presidente di Borsa Italiana, secondo cui «la tecnologia è la seconda componente vitale che muove le Borse. L’esecuzione degli ordini in tempo reale è pura tecnologia, lo stato dell’arte della trasmissione di informazioni finalizzate alla conclusione di un contratto». E il fatto che molti consumatori, scottati dalla crisi, siano legittimamente prudenti e timorosi a investire non deve far pensare al fatto che il movimento dei listini sia diminuito. Anzi. «Abbiamo rilevato anche di recente – ha spiegato in tal senso Tantazzi - un numero di scambi molto elevato, giustificato dall’esigenza di trovare liquidità là dove questa è disponibile. Quindi il sistema opera sempre a pieno regime anche in momenti di congiuntura negativa. La velocità di gestione ha raggiunto livelli incredibili, superiori alla capacità di controllo umane ed è lecito chiedersi se questa esasperazione del meccanismo finanziario è quello più giusto. Non si può certo bloccare l’evoluzione tecnologica ma non si può nemmeno rischiare di creare dei mostri incontrollabili. E non dimentichiamo che la caduta verticale dei listini Standard&Poor ha un precedente datato 1987, che portò delle modifiche nelle procedure di esecuzione degli ordini proprio per evitare la perdita di controllo delle operazioni».

I limiti dell’hi-tech made in Italy
«La tecnologia è un valore e la nostra grande mancanza come Paese è quella di non essere riusciti a far crescere persone e imprese tecnologiche capaci di affermarsi, in area consumer o su scala aziendale, a livello internazionale. Ci sono aziende italiane leader o co-leader nel mondo tecnologico ma in segmenti molto piccoli e specializzati». L’affondo di Umberto Bertelè, Presidente del Mip Politecnico di Milano, è deciso e circostanziato e non si limita all’aspetto delle competenze tecniche: la Borsa – ha detto Bertelè intervenendo all’evento di List - può contribuire a far crescere il nostro sistema economico? Serve essere più selettivi nel dare fiducia ad avventure imprenditoriali serie, strutturate e capaci di resistere alle debolezze dei mercati”.

A Riccardo Varaldo, Presidente della Scuola Superiore Sant’Anna di Studi Universitari e di Perfezionamento, è toccato infine rispondere al quesito più difficile: esiste un modello di replicabilità per le imprese innovative di successo? «Sarebbe bello poterne fare delle fotocopie», la pronta risposta del professore. «Ciò che si può fare – ha aggiunto Varaldo - è imitare gli esempi di riferimento. Un’impresa di successo necessita di alcuni ingredienti fondamentali, a cominciare dalla qualità delle risorse umane. Quindi la capacità di associare grande competenza tecnologica un forte orientamento al mercato, requisito indispensabili per anticipare i fabbisogni della domanda, tanto più se si tratta di operatori finanziari. Tanti spin off italiani, invece, sono troppo "technology push" e poco "market pull", e questo è un limite. Per fare innovazione serve un mercato che sappia recepire il significato delle nuove soluzioni e delle piattaforme innovative loro proposte. La visione del "made in Italy" legata esclusivamente al mondo manifatturiero va necessariamente corredata da un approccio al "research in Italy". La riproducibilità delle imprese di successo come List o di altre start up si misura con la capacità di queste realtà nel servire mercati molto avanzati e di creare nuove opportunità di mercato, capacità che vanno oltre il prezzo e la mera produttività».

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