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Questo articolo è stato pubblicato il 28 maggio 2010 alle ore 18:56.
Il passaggio al digitale terrestre coinvolgerà, entro fine anno, il 70% degli italiani. Chi ci è già passato, come gli abitanti di Lazio, Campania, Torino-Cuneo, sa cosa ha significato. Salvare capra e cavoli non è facile: la capra, il modello italiano di passaggio al digitale (a poco serve dire: si passa ovunque, tutti sono digitali) tende a mangiare i cavoli. Che sono, nella fattispecie: la concorrenza tra editori diversi, l'ingresso di nuovi soggetti, il riordino delle frequenze attraverso la pianificazione nazionale, la qualità complessiva dell'offerta.
«La nuova televisione-Il passaggio al digitale terrestre», Il libro di Alberto Guarnieri e Angiolino Lonardi edito da Rai-Eri e Odoya, presentato stamattina a Viale Mazzini, ha il merito di evidenziare l'intero ventaglio dei problemi posti dal modello italiano, finanziato dai cittadini, secondo gli autori, con circa 10 miliardi di euro. Vi affiancano sempre le opportunità offerte dal nuovo sistema: ma sulla decantata moltiplicazione dei canali, perchè non far vedere tutti i canali (sic) in onda e non in onda nel Lazio? Il viceministro Paolo Romani, alla Conferenza di Milano, ha denunciato che quasi il 50% della capacità trasmissiva assegnata (gratis) alle tv locali è inutilizzata.
Presentando il libro, Antonio Pilati dell'Autorità Antitrust, ha proposto di creare una sorte di Borsa per il mercato delle frequenze, dando una quota di fiscalità allo Stato, altrimenti escluso dal trading tra privati (com'è peraltro accaduto finora). Un sostenitore del mercato dovrebbe meglio auspicare una gara per l'assegnazione delle frequenze al miglior offerente, anche per valutare al meglio il valore di tali frequenze. Nel finale Pilati lancia un'altra, interessante, proposta: destinare il canone, almeno in parte, e i fondi pubblici per il cinema per finanziare la produzione nazionale audiovisiva, senza distinzioni tra cinema e televisione.
Paolo Gentiloni, Pd, mette sotto accusa il bilancio molto negativo del dividendo digitale: in Germania lo Stato ha incassato 4,4 miliardi di euro e 1,2 miliardi li ha investiti Vodafone. «In Italia non è possibile immaginare che le compagnie telefoniche acquistino frequenze dalle tv locali sulla banda 800Mhz, senza che lo Stato incassi nulla. Le frequenze non sono di chi le usa, sono un bene pubblico» sottolinea Gentiloni.