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Questo articolo è stato pubblicato il 05 giugno 2010 alle ore 08:14.
Marco Mele
«È stata una decisione in forte discontinuità con il passato. Quando i Piani rimanevano sulla carta. Se c'è stata sinora, nel sistema televisivo, la guerra dei trent'anni, il trattato di Westfalia tra cattolici e protestanti (del 1648) non può che arrivare con il Piano di assegnazione delle frequenze digitali».
Stefano Mannoni, consigliere dell'Autorità per le comunicazioni, indicato dal centro-destra, rivendica all'intero Consiglio l'approvazione del Piano digitale. Il voto favorevole dei consiglieri designati dall'attuale opposizione è dovuto ad alcuni obiettivi rivendicati anche da Mannoni. Come l'assoluta equivalenza delle reti nazionali quanto a copertura del territorio e qualità del segnale: «Un dogma, che ha ricevuto consenso trasversale nel Consiglio». Non che siano mancate le pressioni per approvare un Piano con reti non equivalenti. Un principio, del resto, richiesto dalla legge (e, a suo tempo, dalla Corte Costituzionale). «Con tale decisione abbiamo salvaguardato i diritti dei nuovi entranti e delle tv nazionali "minori". E abbiamo tenuto fede ai patti stretti con la commissione Ue. La legalità internazionale è stato uno dei criteri fondamentali nell'approvazione del Piano. Abbiamo la coscienza a posto e riteniamo ingiustificate le critiche. C'è stata coesione tra presidente, Consiglio e uffici».
Le dichiarazioni di guerra di molte tv locali non inquietano più di tanto l'Autorità: «C'è una dialettica vivace, in parte comprensibile – commenta Mannoni – ma il processo di digitalizzazione non poteva proseguire così, nella continuità. Non sconfessiamo il passato, ma andremo avanti con i criteri stabiliti, rispetto ai quali continueremo ad avvalerci delle competenze e della professionalità del professor Antonio Sassano della Sapienza. L'Autorità si farà rispettare». I ricorsi non mancheranno di certo, «e la legge Maccanico prevede una procedura di conciliazione di cui intendiamo avvalerci. Siamo convinti di quello che abbiamo fatto».
Un secondo obiettivo introdotto nel Piano, che ha portato al voto favorevole dei consiglieri d'opposizione, è il principio del "dividendo digitale", a favore della banda larga mobile. Si tratta di un incipit, «perchè sono Governo e Parlamento – sottolinea Mannoni – che dovranno decidere tempi e procedure. In Germania, ricordo, solo il 5% delle abitazioni si è convertito dall'analogico al digitale. Il resto riceve la tv via cavo e satellite. Per questo è stato facile arrivare all'asta». In ogni caso, «l'Autorità è contro ogni ipotesi di Borsa delle frequenze tra tv e telefonia. Bisogna che lo Stato recuperi capacità trasmissiva, che poi potrà essere messa all'asta, penso dal 2015 in poi, ovviamente con un indennizzo congruo per chi utilizza quella parte di spettro». Quanto, infine, alla soluzione della banda Vhf, rebus che appariva destinato "a solutori più che abili", «il negoziato con la Rai è durato otto mesi. È stato molto duro, ma va dato atto alla Rai di averci aiutato a trovare una soluzione ragionevole, soddisfacente per entrambi». Nella banda Vhf hanno trovato posto la radio digitale, Europa 7, un canale da assegnare più tre per il servizio pubblico.