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Questo articolo è stato pubblicato il 15 giugno 2010 alle ore 08:08.
MILANO
Da qualche tempo c'era chi chiedeva a gran voce uno "sceriffo" per mettere ordine nella giungla dei test genetici che oggi possono essere effettuati semplicemente inviando online un campione della propria saliva e possono offrire informazioni di ogni tipo, dalla semplice paternità fino a un profilo di rischio di malattie molto gravi. Nelle scorse ore, forse, è partito tutto il settimo cavalleggeri: la Food and Drug Administration, l'ente americano per il controllo dei farmaci e degli alimenti, ha infatti inviato una lettera a cinque aziende, segnalando che questi test vanno considerati alla stregua dei dispositivi medici e dovranno sempre di più sottostare a precisi provvedimenti di approvazione delle autorità sanitarie. A far traboccare il vaso è stato "l'incidente" che ha visto protagonista il principale attore del mercato, la 23andMe, sostenuta da Google e guidata da Anne Kojcichi, moglie del cofondatore del motore di ricerca Sergey Brin.
Nelle scorse settimane poco meno di un centinaio di clienti potrebbe aver ricevuto per per errore i risultati di test effettuati da altri ignari cittadini: in pratica, pur se nello stile del terzo millenio, un cambio di risultati che ricorda la verve comica di Totò o Gilberto Govi. A creare questa confusione – che può aver portato ad esempio genitori in cerca di rassicurazioni sulla fedeltà delle partner e quindi fiduciosi sulla lora effettiva paternità a ricevere informazioni su un possibile rischio tumorale non richiesto – un errore nella procedura informatica che regola il flusso della posta elettronica. Più semplicemente, qualcosa non è filato liscio nei passaggi che, da un semplice campione di saliva inviato per posta portano a ricevere direttamente sul proprio pc, previa valutazione di laboratori esterni e per un costo medio di circa 400 euro, il responso di quanto richiesto.
Dopo la polemica seguita all'annuncio di rendere disponibili gli esami del Dna presso una grande catena di supermercati e di differenziare i dati più sensibili sulla salute da curiosità sulla propria predisposizione all'attività fisica, con questi test la privacy sarebbe a rischio. E l'Fda vuole vederci chiaro.
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