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Finanza e Mercati Azioni

Nokia crolla in Borsa, ecco perché le sue spine nel fianco sono iPhone e Android

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2010 alle ore 19:40.

Nokia controlla la quota più ampia del mercato degli smartphone, nell'ultimo trimestre la sua share su scala mondiale si è assestata al 44%, e sul fatto che continui a essere la regina dei super cellulari non c'è quindi dubbio. Almeno sotto l'aspetto dei volumi di vendita. La casa finlandese denuncia però un problema evidente: negli ultimi due trimestri gli iPhone, i BlackBerry e i nuovi terminali basati su Google Android hanno rosicchiato spazi importanti a Symbian (il sistema operativo montato a bordo della quasi totalità dei prodotti Nokia) nei segmenti più alti del mercato, quelli che garantiscono i profitti maggiori.

Per inquadrare la questione, anche alla luce dell'ultimo taglio delle stime relative ai ricavi e ai margini operativi del secondo trimestre della divisione Devices & Services (debolezza dell'euro e forte concorrenza le cause della revisione al ribasso delle previsioni, con relativo crollo in Borsa), si può guardare a un indicatore sempre di moda. E cioè il prezzo medio di vendita dei prodotti all'utente finale. Quello di uno smartphone Nokia è sceso a 155 euro a fine marzo 2010 dai 190 euro di un anno prima: rispetto ai costi di un iPhone la differenza è assai evidente. E che uno dei punti dolenti per la casa finlandese sia in effetti il prezzo lo ha confermato a chiare lettere anche Nick Jones, Vice president and distinguished analyst di Gartner, che nel commentare il taglio ha ripreso le giustificazioni esibite dalla società parlando di "prezzi medi di vendita e volumi inferiori alle aspettative".

La concomitanza di questi due fattori è riassunta in queste cifre: le entrate nette derivanti da terminali e servizi mobili per il secondo trimestre dell'esercizio 2010, questo ha comunicato ufficialmente Nokia, saranno nella parte bassa, o appena al di sotto, della forchetta indicata in precedenza e compresa tra i 6,7 e i 7,2 miliardi di euro. I margini operativi oscilleranno invece fra il 9% e il 12 per cento.

Parlare di ridimensionamento non è quindi fuori luogo, anche se Nokia ha confermato che la sua quota di mercato globale nei cellulari, in volumi, dovrebbe essere in linea con quella del 2009: stando ai dati Gartner questa si è ridotta al 36,4%, per complessivi oltre 440 milioni di cellulari spediti sul mercato. Considerando però il fatto che la domanda dovrebbe crescere nell'ordine del 10% è scontato che Samsung (seconda nel ranking mondiale con una fetta del 19,5%), Lg Electronics, Research in Motion e Apple (queste ultime due in chiave smartphone) potranno approfittare della crescita zero della prima della classe. Ancora più negativo il discorso in termini di valore. La nuova previsione aggiorna infatti per difetto – nella nota si parla di una quota «leggermente inferiore a quella del 2009» - i numeri relativi al fatturato della divisione mobile e per l'intero esercizio 2010 la stima per i margini operativi della stessa si colloca sul limite inferiore, o poco sotto, dell'intervallo compreso tra l'11% e il 13%.

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Nokia ammette in buona sostanza le difficoltà congiunturali che «stanno impattando negativamente sul business con una portata maggiore di quanto previsto in precedenza» e non nasconde neppure il fatto che la concorrenza si sta facendo sentire soprattutto nella fascia alta del mercato. Da qui la necessità di puntare sui prodotti con minore marginalità, che come si è visto impongono grandi sacrifici. Le conseguenze di tale circolo vizioso sono quindi facilmente immaginabili: nel primo trimestre fiscale, chiuso in crescita a livello di gruppo sia in fatto di ricavi netti e di margini operativi, la divisione Devices & Services ha prodotto entrate per poco meno 6,7 miliardi di euro, il 70% dell'intero giro d'affari netto della società.

La contrazione del business dei telefonini ha cioè un impatto vitale sui conti di Nokia (e, per quota parte, anche sul Pil della Finlandia, tornata in recessione nel secondo trimestre oltre che fresca di procedura di deficit eccessivo da parte della Commissione europea) , che non può di conseguenza permettersi di perdere ulteriormente terreno sul mercato. Sul mercato però, come osserva ancora Jones di Gartner, la società deve fare i conti con almeno due problemi di sostanza nell'ambito dei cellulari: la pervasività attualmente in calo della piattaforma Symbian e il poco tempo a disposizione per i terminali di fascia alta basati su Meego, il sistema open source nato dall'alleanza con Intel, per incidere sulle vendite dell'anno solare.

Cosa significhi infine la revisione al ribasso delle stime sui risultati finanziari è abbastanza intuibile, almeno a detta di Carolina Milanesi, Research Vice Presidente Mobile Devices di Gartner. «Il messaggio – ha spiegato l'analista al Sole24ore.com - è chiaro: la fascia alta rimane per Nokia un problema ed è un problema che non verrà risolto quest'anno. I nuovi telefonini serie N8 (basati sull'ultima versione di Symbian, in arrivo in estate, ndr) e i prodotti che arriveranno sul mercato nel quarto trimestre saranno più competitivi di quelli oggi a catalogo, ma non all'altezza degli iPhone o dei terminali Android di fascia alta».

C'è quindi il rischio che Nokia possa perdere, nel lungo termine, la supremazia negli smartphone? Secondo Milanesi questo pericolo a breve non c'è - «visti i prezzi cui Nokia può comunque arrivare mantenendo dei margini superiori alla concorrenza non penso che ci sia un pericolo imminente» – ma il solco che fino a un paio d'anni fa divideva il produttore europeo dai vendor asiatici e americani non è più così profondo e all'apparenza incolmabile.

I prossimi concreti riscontri li avremo il 22 luglio, quando Nokia comunicherà i risultati del secondo trimestre e il nuovo outlook sul 2010. A quel tempo saranno oltre tutto operative da una ventina di giorni le tre nuove distinte unità (Mobile Solutions, Mobile Phones e Markets) frutto della nuova riorganizzazione, la seconda in sette mesi, della divisione "Device & Services. «La ristrutturazione – ha comunque sottolineato in proposito Milanesi - aiuta a snellire il sistema di management e potenzialmente il time to market ma non aiuta a risolvere il problema fondamentale del portafoglio prodotti nella fascia alta».

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