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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2010 alle ore 08:21.

Tempi duri per i coach potatoes, la generazione che ha albergato per oltre cinquant'anni nel salotto di casa fruendo la tv in modo passivo. Sono ormai una razza in via d'estinzione. E tempi duri anche per i broadcaster e per i big spender, che devono ingegnarsi per proporre soluzioni alternative per catturare il pubblico della tv su internet. Grazie al digitale e alla diffusione intensiva dei social network, anche la tv diventa partecipata, interattiva. Si diffonde (anche in Europa) la social tv. Almeno stando all'ultima ricerca dell'Università Bocconi, presentata in esclusiva per Nòva24.
Fenomeno globale quello della social tv. Per il Massachusetts institute of technology (Mit) è una delle dieci innovazioni tecnologiche del 2010 e rappresenta la nuova frontiera dell'impresa televisiva.
Partecipazione attiva sincrona e verticalizzazione dell'offerta sono i trend emergenti. Lo studio Bocconi – effettuato su un campione di 820 utenti di social tv distribuiti tra Europa e America (60% Oltreoceano, il restante 40% da noi) – dimostra come i canali fidelizzino maggiormente il pubblico facendolo oggi interagire con il proprio network sociale.
D'altronde l'ha sostenuto con forza anche Joe Kilar, ceo di Hulu: «La rivoluzione è la possibilità per gli utenti di trasportare i video preferiti, anche intere puntate, negli spazi di social networking, sul proprio blog, inviarli agli amici e discuterli». Succede in America, ma – sorpresa – per i ricercatori Bocconi è soprattutto in Europa che si sta imponendo questo differente coinvolgimento della tv su internet.
Unità di misura è il personal engagement, un parametro che monitora il coinvolgimento personale rispetto al contenuto proposto, un dato frutto di otto indicatori differenti. Ecco allora che differenziante per la social tv diventa l'esperienza immersiva nella fruizione, un impatto emotivo più alto per gli europei rispetto agli utenti americani. «È la dimostrazione di come l'Europa interpreti la presenza sui social network», afferma Margherita Pagani, docente di e-marketing dell'Università Bocconi e curatrice della ricerca.
Lo studio si è focalizzato sulle sette piattaforme di social tv più rilevanti nel mondo in termini di utenti registrati: Joost, Justin tv, Veetle tv, Loom tv, Hulu e Sidereel. Unica presenza europea (e italiana) è Qoob tv, esperienza di Telecom Italia, in vita durante la ricerca, chiusa da un paio di mesi.

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«La social tv è molto più di una tv: attraverso database centralizzati è possibile aggregare contenuti video da fonti online, condividere i dati relativi agli utenti di social network, consentire al l'utente di inviare commenti, suggerimenti e rating attraverso terminali mobili come l'i-phone», precisa Pagani. «Con la social tv trionfa chi ha saputo aggregare community e ideare formule interattive. La social tv è di interesse del consumatore, ma anche un profitto per distributore e spender», afferma Andrea Materia, esperto di new tv e direttore di «Oltre la siepe» per Lombardia Film Commission.
Altra unità di misura è «Il social interactive engagement», ovvero il grado di coinvolgimento in relazione agli altri utenti. Il coinvolgimento porta a una minore partecipazione sui forum, mentre l'interattività sociale la incoraggia, influendo però solo marginalmente sull'aumento degli utenti. I tool sociali sono dunque più utili nel trattenere gli utenti che nell'acquisirli.
Differenze di genere. Il sentirsi parte della community per gli uomini influenza maggiormente il coinvolgimento, mentre per le donne incrementa l'interazione.
«L'apertura della televisione ai social network offre agli inserzionisti pubblicitari e ai produttori di contenuti nuove possibilità di fornire contenuti personalizzati – continua Pagani –. Si possono raggiungere target mirati, comprendendo preferenze d'acquisto».
Ma attenzione. Il coinvolgimento può significare anche una minor propensione a essere distratto. Così l'impresa 2.0 deve entrare in punta di piedi. Conclude Pagani: «Non si può comunicare lo spot, occorre offrire un servizio. E soprattutto un ascolto».
giampaolo.colletti@altratv.tv
© RIPRODUZIONE RISERVATA


>Joost
La pioniera diventa agenzia Hello public. Trasformata oggi in un'agenzia di sevizi dopo il fallimento, ma in realtà esperienza pionieristica di social tv. «Ha commesso l'errore grave di lavorare non sullo streaming ma sul peer-to-peer e quindi con uno scarico di plug in di almeno 30 secondi non accettato dal pubblico occidentale», afferma Andrea Materia. Joost fu accesa da Niklas Zennstrom e Janus Friis (più conosciuti come fondatori di Skype e Kazaa). Da sempre distintasi per la fluidità di visione, a fine 2008 si convertì alla tecnologia flash. L'arrivo di Joost fu salutato con l'inoltro di 6,5 miliardi di inviti digitali. Nel post di inizio programmazione, dall'eloquente titolo «Hello public», Joost da subito affermò la volontà di proporre la più grande selezione di commedie, video musicali, documentari e oltre 15mila ore di show. Tutto rigorosamente online. www.joost.com

>Hulu
Concorrente della tv via cavo Cose preziose. Sin dal nome è tutto un programma. Hulu deriva da un vecchio proverbio cinese che significa «detentore di cose preziose». Questa social tv – attualmente al 3% rispetto sul mercato americano di fruitori di tv online di 140 milioni di utilizzatori – ha in catalogo migliaia di video, soprattutto provenienti dal bouquet Nbc e Fox (ma sono presenti altri titoli di altre tv via cavo): dal «Dottor House» a «Heroes», passando per «The Office» e «30Rock». Intere puntate, intere stagioni, a risoluzione 720x480 con qualità dvd o 1.280x720 con qualità Hd. I video pubblicati sono visibili anche su altri network come Aol, Msn, MySpace, Yahoo e Fancast.com. Secondo Solutions Research Group, il pubblico di Hulu è prevalentemente maschile, ha un'età media di 32 anni e un reddito del 22% superiore allo standard americano. «Hulu al momento funziona soltanto su pc, mentre la sua grande forza, grazie alla libreria dei network co-fondatori, sarebbe quella di andare in tv, ma andrebbe poi in concorrenza con la tv via cavo», precisa Materia. www.hulu.com

>Justin.tv
Una potenza da 30mila canali Live streaming. Piattaforma di social tv di "live-streaming" fondata nel marzo 2007. Ad aprile 2008 i canali di Justin.tv sono diventati 30mila. Potenza del live-streaming. Già Google ha fatto esperienza con la trasmissione del concerto degli U2 o dei campionati di cricket indiano, che hanno totalizzato due mesi fa 50 milioni di views. «Non ci sono differenze così radicali tra lo streaming in differita o quello live, entrambi hanno una radice di socialità nel consumo e la possibilità di condividerlo con le community ed editarlo, anche in modalità collettiva», precisa Materia. Condivisione, possibilità di fruizione in comune, rielaborazione del messaggio. «Per la pubblicità – vero driver della social tv – non cambia molto, eccezion fatta per le modalità creative: contest che vivono nel corso di 30 minuti e call to action molto rapide e mirate», conclude Materia. E così le aziende sperimentano: Toyota ha testato il reality in streaming con un contest online. 7-Eleven ha ideato un video-rally in giro per l'America. Bud attualmente produce ancora oggi «Bud House», un reality (ma su YouTube) con 32 concorrenti di differenti paesi. www.justin.tv

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