Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 02 settembre 2010 alle ore 08:10.
Intelligenza e cervello non sono sinonimi. Le formiche alla ricerca di cibo, per esempio, esplorano il territorio e depositano una sostanza chimica, il feromone, che permette alle altre di ricostruire una mappa dei percorsi già battuti. E nel tempo, dopo ripetuti tentativi, consente di semplificare la strada per portare il nutrimento al nido. È un'applicazione di "swarm intelligence": le comunicazioni tra i singoli insetti di una colonia consentono di scoprire il percorso più breve. Uno spin-off dell'università di Lugano, Antoptima, ha progettato software per l'ottimizzazione dei tragitti di camion durante le consegne che utilizza la "intelligenza di sciame" (in inglese, swar intelligence). Altre società hanno sviluppato tecnologie a partire dall'ispirazione di insetti e animali (si vedano i riquadri a sinistra). A intuire per primo le potenzialità delle formule matematiche ispirate dalle formiche è stato Marco Dorigo, direttore di Iridia, Centro di ricerca sull'intelligenza artificiale all'Université Libre de Bruxelles: un suo testo è citato anche nella bibliografia di un libro scritto da Michael Crichton, «Preda». All'inizio degli anni Novanta, durante gli studi al Politecnico di Milano, era interessato ad affrontare problemi con metodologie "non esatte": semplificando, si tratta di tecniche per trovare in tempi brevi una soluzione accettabile, anche se non necessariamente la migliore possibile, in casi altrimenti insolubili. La natura offriva già un esempio: le formiche che elaborano un percorso efficiente tra il cibo e il nido. Sono state le discussioni con alcuni biologi a far scoccare la scintilla per le sue ricerche, diventate in seguito una tesi di dottorato. Negli ultimi anni gli insetti hanno ispirato programmi software e anche esperimenti con gruppi di piccoli robot: invece di costruire un singolo automa, per esempio, il team dell'Iridia ha puntato a replicare la swarm intelligence con un gruppo di minirobot. Ma sono ancora i primi passi. «Entro l'anno mostreremo come tre squadre di robot coordinate siano in grado di prendere un libro su uno scaffale», osserva Dorigo.
Eppure le intelligenze distribuite in natura riservano ben altre sorprese. Pier Paolo Pandolfi è il direttore del Beth israel deaconess cancer center della Harvard medical school. Durante uno dei periodici "lab meeting" con i ricercatori ha avuto un'intuizione. E ha convinto subito il suo team. Dopo alcune verifiche hanno proposto un articolo scientifico a «Nature». Secondo il dogma centrale della biologia molecolare gli "Rna messaggeri" traducono le istruzioni del Dna per fabbricare proteine. Eppure soltanto il 2% della doppia elica è codificante. Non è chiaro, invece, il ruolo del restante 48% che viene comunque trascritto dal Dna. Pandolfi e i suoi ricercatori hanno dimostrato che gli "Rna messaggeri" hanno anche la capacità di comunicare tra di loro, in modo indipendente dalla costruzione di proteine: le parole del vocabolario per le "conversazioni" sono piccole molecole di poche lettere, i microRna e gli pseudogeni. «Il 50% del genoma è come un software che usa gli Rna messaggeri in modo sofisticato: la comunicazione avviene in un network e diventa prevedibile. L'idea sembra semplice, ma cambia la prospettiva», sottolinea Pandolfi. E la scommessa è di trovare applicazioni nella ricerca sulla cura dei tumori. (lu.d.i)