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Si svuota il tavolo della rete hi-tech

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Questo articolo è stato pubblicato il 15 settembre 2010 alle ore 08:03.


MILANO
Alla fine la frattura c'è stata e in gran carriera gli operatori di maggior "peso" del Comitato Ngn – in primis Vodafone, Fastweb, Wind, Tiscali e Bt – hanno voltato le spalle all'organo consultivo dell'Agcom presieduto dal professor Francesco Vatalaro.
Al centro dello scontro il documento anticipato dal Sole 24 Ore del 9 settembre, nel quale veniva delineata la prima «proposta non vincolante» di linee guida per la transizione verso la nuova rete in fibra ottica, in sostanza una bozza di regole per costruire il super internet del futuro.
I gestori «evidenziano che i contributi da loro mandati in questi mesi non sono stati presi in considerazione dal presidente del Comitato e che non sono emersi elementi nuovi tali da far supporre un cambio di indirizzo nelle logiche che sottendono al funzionamento del Comitato stesso – si legge in una nota congiunta – con linee guida proposte che non sono in nessun modo rappresentative dei contributi da loro forniti e che rispecchiano quasi totalmente le richieste di Telecom Italia». E ancora: «Gli operatori alternativi si sono visti costretti a ritirare la propria adesione al comitato in attesa di poter rappresentare le proprie posizioni su una materia di tale rilevanza in una audizione in Consiglio Agcom».
Uno dei capitoli chiave del report è il primo, intitolato «Procedure di migrazione dal rame alla fibra». Si parte con una divisione geografica delle aree nelle quali investire: le zone ad alta profittabilità, con grandi centri come Milano e Roma, «dove si prevedono tipicamente più reti, con annunci di piani di cablatura ottica da parte degli operatori». Sono le così dette "zone nere", dove la concorrenza sarà serratissima e dove tutti vorranno essere presenti. Ci sono poi le aree a media profittabilità (zone grigie), nelle quali «la forza del mercato non è sufficiente a generare in modo spontaneo la concorrenza infrastrutturale e dove può essere sviluppata una sola rete in virtù della quale si produrrà la concorrenza sui servizi». Qui il documento ipotizza la collaborazione di enti pubblici territoriali, partenariati pubblico-privati oppure solo finanziamenti privati. Le terze aree sono quelle a fallimento di mercato, dove vivono comunque 7,5 milioni di italiani e dove la rete «non verrà realizzata sulla base di logiche economiche ma con finalità sociali».

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Tags Correlati: Comitato Ngn | Corrado Calabrò | Fastweb | Francesco Vatalaro | Internet | Metroweb | Tiscali | Tre | Vodafone | Wind

 

Tra le critiche dei gestori proprio la poca chiarezza nella stesura delle regole visto che, secondo loro, non sarebbero state definite nel dettaglio le procedure di migrazione dal rame alla fibra, ma anche il tema della reciprocità degli investimenti.
Al di là delle polemiche, però, il Comitato non è tecnicamente sciolto (oggi c'è una riunione), ma continuerà a lavorare fino alla fine del mese quando sottoporrà al Consiglio dell'Agcom una nuova bozza delle linee guida, a quanto si apprenda riveduta in dose omeopatica. Quello del comitato, infatti, è un mandato triennale e solo nel caso in cui Corrado Calabrò dovesse respingere in toto o in buona parte il documento – ipotesi a oggi poco probabile – si potrebbe parlare di vero rimescolamento delle carte. Tra l'altro i membri del comitato sono circa quaranta e tra quelli che rimangono, oltre alla silenziosissima (almeno in queste ore) Telecom Italia, ci sono anche Tre e Metroweb.
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IL SETTORE IT
-2,5%
L'andamento del comparto
Complessivamente l'Information technology ha registrato nel primo semestre ancora un calo del 2,5%, ma è in netta ripresa rispetto al -9 dello stesso periodo 2009. Il comparto vale oggi 8.918 milioni
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Ancora negativo ma in recupero il segmento software (che fattura 1.931 milioni di euro), che lo scorso anno aveva perso 4,1 punti percentuali nei primi sei mesi dell'anno.
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Con un valore di oltre 4mila milioni (quasi la metà dell'It), il comparto registra ancora un calo di poco inferiore ai 4 punti percentuali. Ma lo scorso anno la perdita era stata del 7,3%

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