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Neuroni DEL MARKETING

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 settembre 2010 alle ore 08:13.

NEL SUO LIBRO «NEURO WEB DESIGN» Susan Weinschenk DESCRIVE L'INFLUENZA DELLA PSICOLOGIA NEI PROGETTI PER INTERNET
Durante la seconda settimana di agosto il «New Scientist» aveva una copertina con il nome del settimanale inglese scritto in rosso, una grande immagine al centro e la spirale di una galassia che puntava sulla parola fabric. Il titolo era: «La fine dello spaziotempo». È stata disegnata e selezionata con tecniche di neuromarketing. E ha venduto il 12% in più rispetto all'anno precedente. A sceglierla sono stati diciannove lettori abituali della rivista. Ma non hanno risposto a un'intervista per descrivere le loro preferenze. Si sono seduti e hanno fissato uno schermo. Poi una rete di elettrodi ha misurato le loro reazioni per valutarne l'attenzione, la memoria, il coinvolgimento. Ogni persona ha visto scorrere tre differenti cover del «New Scientist» disegnate in precedenza con metodologie di neuromarketing. Alla fine una copertina ha ottenuto un punteggio più alto delle altre ed è arrivata nelle edicole.
Il successo tra i lettori sembra aver confermato le scelte durante il test, in un mese come agosto che non brilla per vendite. A fornire il supporto scientifico per il design delle cover del settimanale inglese e per l'indagine di mercato è stato Anantha Pradeep, fondatore di Neurofocus: si tratta di una società che ha aiutato anche Google e Disney a valutare l'efficacia dei messaggi promozionali. Ex ricercatore di General Electric, Pradeep studia l'interazione tra neurobiologia, psicologia e scelte delle persone. Guarda con interesse alle applicazioni per il design degli spazi su internet, come vetrine di ecommerce, siti di informazione, social network. Per esempio nel suo ultimo libro, «Buying Brain», osserva che il cervello analizza i contenuti più velocemente se le immagini sono a sinistra e le parole a destra: è una scelta già adottata da molti siti di news. Pradeep inoltre sostiene che Facebook sia una sorta di "sistema operativo sociale" dove cambia il senso dei messaggi promozionali: i suoi test hanno mostrato che conta soprattutto il sostegno della propria cerchia sociale (advocacy) per un prodotto o un servizio.

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Tags Correlati: Anantha Pradeep | Architettura | Fabio Babiloni | General Electric | Google | Neurofocus | New Scientist | Susan Weinschenk | Walt Disney

 

I riflettori sul neuromarketing sono stati accesi nel 2004 da uno studio pubblicato sulla rivista «Neuron». I partecipanti dovevano scegliere tra due bevande: i ricercatori hanno dimostrato che le persone preferivano una delle due bibite soprattutto per l'esperienza legata al marchio. Da allora le università sono diventate terreno di coltura per società impegnate nelle ricerche di mercato con le metodologie delle neuroscienze. In Italia, per esempio, BrainSigns è uno spinoff della Sapienza di Roma e collabora anche con Gfk-Eurisko. In ambito pubblicitario è impegnato nell'analisi dei feedback biologici delle persone agli spot promozionali: valuta la reazione alle scene finali, l'interesse per una sequenza, il gradimento complessivo. Non utilizza interviste o sondaggi, ma rilevazioni attraverso tecniche non invasive come l'elettroencefalogramma. «Misuriamo le reazioni nervose per quantificare la piacevolezza di uno spot», sottolinea Fabio Babiloni, cofondatore di BrainSigns.
Gli studi di neurobiologia e psicologia influenzano anche l'evoluzione del design su internet. Due ricercatori dell'Università olandese di Twente hanno osservato che una macchina fotografica in vendita in un sito di ecommerce è acquistata il 20% in più se viene consigliata da altre persone. Si tratta di un esperimento descritto da Susan Weinschenk nel suo ultimo libro «Neuro Web Design» (Apogeo): l'autrice descrive l'influenza sullo sviluppo di progetti per internet di alcune dinamiche psicologiche, come validazione sociale, reciprocità, narcisismo. E ricorda che l'attenzione delle persone è calamitata dalle narrazioni: anche le ricerche neurobiologiche confermano che i racconti sono ricordati soprattutto attraverso immagini più che con le parole.
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