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Questo articolo è stato pubblicato il 16 settembre 2010 alle ore 08:11.
Gli strateghi delle prossime elezioni politiche sono avvertiti: la pubblicità elettorale attiva aree cerebrali diverse da quelle di un normale messaggio pubblicitario e quindi richiede un linguaggio differente.
È quanto ha scoperto Junko Kato in un esperimento di neuromarketing condotto all'Università di Tokyo. Il suo team ha analizzato le reazioni di un gruppo di 40 giovani alle campagne politiche di Bush e Clinton del 1992, osservando con la risonanza magnetica funzionale i cambiamenti cerebrali che si attivano guardando filmati di sostegno o di denigrazione dei due candidati. I ricercatori hanno spiegato su «Frontiers in Behavioral Neuroscience» che la regione mediana prefrontale si attiva maggiormente in quei giovani che rimangono fedeli al candidato preferito e non modificano la loro idea anche dopo la visione di uno spot negativo. Al contrario, chi cambia opinione durante la visione delle pubblicità elettorali utilizza maggiormente le aree prefrontali dorsolaterale sinistra e destra.
Kato ha così individuato le aree del cervello coinvolte nelle preferenze politiche e nella fedeltà ai leader.
Lo studio ha però svelato un'altra sorpresa: quando si esegue lo stesso esperimento con pubblicità di bevande gassate, le regioni cerebrali coinvolte risultano diverse da quelle attivate dagli spot presidenziali. Questo risultato – spiegano i ricercatori – «suggerisce la possibilità che la pubblicità commerciale potrebbe non essere equivalente a quella politica» almeno dal punto di vista del nostro cervello.
Il neuromarketing sembra essere particolarmente utile per verificare l'efficacia delle campagne pubblicitarie. Rafal Ohme, dell'Accademia polacca delle scienze, ha per esempio analizzato gli spot televisivi di una crema per la pelle. Il suo gruppo ha mostrato come due pubblicità altamente simili, ma che differiscono solamente per un piccolo gesto dell'attrice, generano due risposte neurali completamente differenti. Secondo i ricercatori, le misure neurofisiologiche possono quindi essere usate dagli esperti di marketing per «interpretare le reazioni sia consce che inconsce dei consumatori alla pubblicità persuasiva».