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LE REGOLE PER NON AVERE regole

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 settembre 2010 alle ore 08:10.

«INTERNET VIVE LADDOVE TUTTI POSSONO AVERVI ACCESSO». PAROLA DI Vint Cerf
Mi sento discriminato. Vorrei tanto vedere i contenuti di Hulu, il servizio di video in streaming (gratuito ma con la pubblicità) dove c'è l'archivio dei programmi di Fox, Nbc e Abc e molto altro ancora. Vorrei anche comprare gli ultimi film di Hollywood su iTunes Store, il negozio digitale della Apple. Ma entrambe le esperienze mi sono precluse: Hulu e iTunes riconoscono dal mio indirizzo Ip che il mio computer è in Italia e mi rispondono: qui non si entra.
Certo, con un po' d'impegno l'ostacolo si può superare. Basta far credere a Hulu di essere in America, aggangiandosi a un proxy server anonimo, le cui liste sono disponibili sul web (peccato che li veda anche Hulu, che periodicamente li sbarra). Oppure si può telefonare a un amico in America, chiedergli di comprare una scheda ricaricabile iTunes in un negozio Apple e poi farsi inviare il codice. Mica facile.
È vero che, per un cittadino cinese, le discriminazioni aumentano: è il suo stesso governo, che gli impedisce di vedere alcuni pezzi del mondo digitale. E che dire di un utente BlackBerry saudita? Su pressione di Riad, la Rim (l'azienda canadese che li produce) ha accettato di consentire un controllo sui suoi messaggi, discriminandolo così rispetto agli altri milioni di clienti che ha nel mondo. Però una cosa è certa: se queste discriminazioni saltano agli occhi, è perché stiamo parlando dell'Internet. Ovvero di un baluardo, quasi un monumento, alla libertà.
La quinta riunione dell'Internet Governance Forum, si chiude domani a Vilnius, in Lituania. È un tavolo "multi-stakeholder" (si siedono i governi, ma anche imprese, università e organizzazioni non governative) voluto dall'Onu, ma senza potere decisionale. Siccome in campo c'è solo il potere del dialogo, si spera che le parole tengano dritta la barra della libertà.
Perché la pianta dell'internet, per crescere e affrontare le sfide della sua adolescenza, ha bisogno di un nutrimento molto particolare: regole per evitare che ci siano regole.
Il tema più spinoso del momento, è la cosidetta net neutrality. Ovvero nessuna discriminazione per i pacchetti di dati che corrono lungo il sistema nervoso in fibra ottica del pianeta. Dopo il polverone suscitato dalla proposta di Google e Verizon, che suggeriscono alle autorità americane di abbandonare la neutralità nella sfera della connettività mobile, molti nervi sono già a fior di pelle. Non foss'altro perché le forze centripete che spingono verso una frammentazione della Rete (un fenomeno che qualcuno già chiama, con afflato geopolitico, "di balcanizzazione") sono forti e chiare.

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Tags Correlati: American Broadcasting Companies | Google | Internet | Italia | ITunes Music | Lituania | Nbc | Onu | Rim | Stati Uniti d'America | Steve Jobs | Vint Cerf

 

Le multinazionali sono sempre più attratte dall'idea di creare giardinetti ben curati ma controllati, che per certi versi assomigliano a un'internet parallela: non a caso, tutte quante invidiano la Apple che con il suo iTunes Store domina musica, tivù, film e applicazioni secondo le sue proprie regole. Lasciamo stare che in Italia i film non si comprano (è un problema di diritti cinematografici). Su quel negozio, ci vanno solo i prodotti approvati dai censori di Steve Jobs.
Poi le nazioni, come dimostrano Cina e Arabia Saudita, hanno una smania di controllo che è direttamente proporzionale al loro grado di autarchia. Ma questo non toglie che, a diversi livelli, tutti i governi cerchino di esercitare il maggior grado di controllo possibile. E senza contare che, alcuni, le loro internet parallele ce l'hanno già: il Pentagono ha il Niprnet e il Siprnet (il primo aperto agli alleati, il secondo no).
Infine, ci sono gli operatori, gli internet service provider, quasi sempre nazionali. Inutile dire che sono i primi sostenitori della discriminazione dei bit: se l'internet andasse a più velocità, avrebbero la possibilità di far pagare cara l'autostrada ai siti disposti a spendere e il consueto accesso libero per la mulattiera. Sarebbe una nuova cornucopia di ricavi.
Discriminare i bit «minerebbe i principi che hanno fatto il succcesso di internet», aveva detto Vint Cerf, uno dei papà della Rete. Oggi Google (il suo nuovo datore di lavoro) sembra aver cambiato idea. Così come la Rete è spuntata quasi dal nulla, in una digitale terra di nessuno, i tentativi di controllarla ci sono sempre stati e sempre ci saranno. Di sicuro, altre tecnologie arriveranno, a cambiarla e a migliorarla. Basta che si mantengano le regole per farla prosperare ancora, in assenza di regole.
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