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Questo articolo è stato pubblicato il 23 settembre 2010 alle ore 09:21.
Si parla molto di efficienza energetica degli edifici pubblici. Ma tra questi c'è una categoria che facilmente sfugge all'attenzione: i musei e i parchi archeologici. In Italia se ne contano almeno 4.500, sparsi su tutto il territorio, dalle grandi strutture cittadine alle piccole gallerie o aree espositive civiche o private. Valutare il loro impatto energetico e ambientale e proporre nuove soluzioni è lo scopo dello studio condotto nell'ambito del progetto «Musei illuminati» promosso dall'associazione Civita di Roma, con la collaborazione di Sopaf Capital Management Sgr Spa. Il progetto verrà presentato oggi, 23 settembre, in un forum sull'argomento presso la sede di Civita.
La bolletta energetica dei servizi museali italiani, secondo le stime del Centro Studi Gianfranco Imperatori, che ha svolto l'indagine, si aggira tra un minimo di 780 e un massimo di 1.280 Gw annui. «Se si prendessero i parametri della certificazione energetica tedesca – spiega Massimo Misiti, responsabile ricerche del Centro –, che fissa i consumi massimi per gli edifici ristrutturati a 70 Kw/mq annui, si potrebbero abbattere i consumi dal 50 al 70 per cento». Cifre notevoli, ma che, spiega Misiti, «in Italia sono difficili da raggiungere, per via delle caratteristiche intrinseche di molti edifici storici».
Tuttavia si può fare molto, come spiega Annalisa Cicerchia, ricercatrice Isae che ha coordinato il progetto: «Il nostro studio mira a individuare alcune tipologie di soluzioni adatte per il variegato repertorio delle realtà italiane». Molto diverse tra loro, ma accomunate dalle stesse finalità, e cioè la tutela del patrimonio e la sua comunicazione al pubblico: «La sfida è riuscire a coniugare l'efficienza energetica alla tutela e fruibilità del servizio museale».
In generale, sono due gli obiettivi da raggiungere: riduzione degli sprechi e impiego di fonti rinnovabili. Nel primo caso, spesso sono sufficienti piccoli accorgimenti di gestione energetica. Cicerchia fa l'esempio dell'Hermitage di San Pietroburgo che ha ridotto i consumi del 55%, solo sostituendo le vecchie lampadine con altre ad alta efficienza. In Italia ci sono musei come il Mart di Rovereto, che ha ridotto la bolletta del 25% grazie a un software speciale per il controllo delle luci. Interventi più complessi, volti a migliorare l'efficienza termica degli edifici, potrebbero entrare in contrasto con i vincoli storico artistici dei beni. Lo stesso vale per l'uso di fonti rinnovabili, anche se ci sono casi eccellenti, come la Sala Nervi in Vaticano, sul cui tetto sono installati 2.400 moduli fotovoltaici, che coprono un quarto del fabbisogno dell'edificio. Al di là delle soluzioni tecnologiche, occorre però lavorare sul contesto operativo, sul coordinamento tra enti amministrativi, e gestori dei servizi, e sull'integrazione delle professionalità coinvolte.