Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 07 ottobre 2010 alle ore 08:10.
DA KYOTO
LUCA DE BIASE
«Quasi tutta la nostra vita quotidiana è scritta in una successione di "zero" e "uno". Ed è in pericolo». Jay Cohen, sottosegretario per la Scienza e la Tecnologia del Dipartimento per la Homeland Security negli ultimi anni dell'amministrazione di George W. Bush, ha visto nascere e crescere sotto i suoi occhi la questione della cyberguerra e del cyberterrorismo. E non ha dubbi: «Tutto quello che è digitale è a rischio. Devi sapere qual è il problema prima di trovare una soluzione. Internet ha cambiato molte cose: è come l'aria, è dappertutto, e ha cambiato anche la questione della sicurezza degli stati. Il fatto è che il software non è una soluzione. Perché ogni programma può essere aggirato e superato da un nuovo programma. Prendiamone atto: la privacy è morta. E allora gli stati devono decidere qual è il livello di sicurezza che vogliono raggiungere e quali conseguenze sono disposti ad accettare». E qual è questo livello? Chi lo può decidere, visto che si tratta di un fenomeno che supera i confini nazionali? Con quali strumenti si può affrontare? Se n'è parlato all'StsForum, il megaraduno annuale di scienziati e tecnologi a Kyoto.
In effetti, le notizie degli ultimi tempi non sono fatte per gli ottimisti. Il worm Stuxnet, un sofisticato programma pensato per mettere fuori uso i computer e inviato da "qualcuno" contro un centro del programma nucleare iraniano ha fatto pensare al primo utilizzo da parte occidentale di una forma di cyberarmamento, anche se nessuno sa chi sia stato il mittente. E se Stuxnet non ha causato danni che non si possono riparare in meno di una settimana, un altro attacco del tutto diverso ha causato un black out di quindici giorni in una centrale elettrica sudamericana, come racconta William Saito, imprenditore, professore al Grips di Tokyo e consulente dell'Fbi: «Le minacce alla sicurezza nazionale online sono in crescita. E si estendono alle banche, alla telefonia, alle telecamere e ai microfoni installati nei pc, ai cellulari, allo scambio di foto e file pdf...».
Esiste un livello tecnico di soluzione? Atul Asthana, capo delle tecnologie avanzate della Rim, è certo che possa migliorare il controllo degli snodi attraverso i quali i dati passano da un network privato e controllato a una rete pubblica. Ma Olivier Piou, ceo della Gemalto, gigante delle smart card, avverte che in ogni passaggio da una rete all'altra resterà sempre un certo livello di insicurezza. E Praful Naik, chief scientific officer dell'indiana Bilcare, che ha prodotto tra l'altro una tecnologia per fare carte d'identità non clonabili, sostiene che il sistema sarà sempre condannato a un inseguimento reciproco tra chi attacca e chi difende la sicurezza. Dove chi attacca online, dice Scott Charney della Microsoft, è sempre in vantaggio.