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Questo articolo è stato pubblicato il 14 ottobre 2010 alle ore 13:00.
Alla fiera dell'alta tecnologia di Teheran in corso in questi giorni è l'oggetto del desiderio delle migliaia di visitatori: il cellulare islamico. Dopo l'automobile musulmana, una vetturetta di produzione nazionale, dotata però di navigatore che indica sempre la direzione della Mecca, arriva sugli scaffali della Repubblica khomeinista il telefonino islamico. Il prodotto contiene un software che si installa sul cellulare e contiene calendari islamici e altre utilità per i fedeli. Il confezionamento è accattivamente e il successo non manca.
Non è chiaro se sia riservato agli sciiti, in maggioranza in Iran, o anche ai sunniti, maggioranza di tutto il mondo islamico, ma la confezione non pare fare differenze di questo tipo. Un altro esempio di creatività degli uomini di marketing di Teheran, sempre a caccia di nuovi segmenti e posizionamenti di prodotto, e soprattutto di lanciare prodotti islamici e con questo ideologicamente legittimati dagli ayatollah.
Il mercato non manca in Iran perché a Teheran c'è la cosiddetta Facebook generation, la generazione dei social-network, quella che ha sfidato in piazza la dirigenza del conservatore Mahmoud Ahmadinejad dopo le contestate elezioni del 12 giugno 2009. In una Teheran con i tetti pieni di antenne satellitari, ufficialmente proibite ma tollerate, la vera partita tra i due schieramenti politici (conservatori contro riformisti) è stata in passato giocata nell'etere e su internet, in una nazione di 70 milioni di abitanti e ben 21 milioni di accessi alla rete globale e 48 milioni di cellulari dotati di bluetooth, tecnologia che permette di evitare la censura dei pasdaran.
Non è raro vedere giovani iraniani che in piccoli gruppetti si scambiano file musicali o video dei candidati direttamente con i cellulari lungo la strada o seduti nelle panchine del grande parco Saee, il cuore verde della capitale, assediato dai miasmi della benzina ancora per poco sussidiata dal governo. Paradosso di un paese in via di sviluppo che tecnologicamente è già nell'era post-televisiva. Il motivo è semplice: l'Iran è un paese di giovani assetati di tecnologie occidentali, ufficialmente proibite ma importate da Dubai senza problemi. Molte delle proteste contro Ahmadinejad sono partite proprio dai cellulari dell'Onda verde, e da un cellulare è stato registrato il video della morte di Neda, la ragazza simbolo della protesta dei giovani di Teheran. Ecco perché gli ayatollah vogliono un telefono islamico: perché lo strumento della libertà personale per eccellenza, della comunicazione liberale e senza frontiere, venga in qualche modo ricondotto alla normalità del regime, alla sua islamizzazione. Almeno nell'immagine o nel software dei calendari islamici.