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Questo articolo è stato pubblicato il 21 ottobre 2010 alle ore 06:47.
DI VIVIANA MUSUMECI
Viviana Musumeci scrive da anni di temi legati alla comunicazione su testate specializzate e non, da «Mediaforum» a «Daily Media». Il brano che segue è tratto dal libro Divi a perdere.
Il consumo delle star nella società dello spettacolo, appena pubblicato da Lupetti.
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Spesso si dice che il pubblico non è stupido, ma a volte ignorante sì, nel senso che non esiste ancora, anche semplicemente nell'ambito della scuola primaria, un'educazione che lo prepari alla fruizione e comprensione dei meccanismi di funzionamento dei mezzi di comunicazione di massa. Probabilmente non conviene: il nostro sistema economico si basa sul consumismo e, se le sue regole venissero rese note a tutti, non si riuscirebbe più a educare fin da piccoli i consumatori a consumare. Del resto, come aveva già sottolineato Naomi Klein in "No logo", le aziende si indirizzano spesso ai bambini perché ai genitori risulta difficile negare l'acquisto di un prodotto quando sono essi a chiederlo. Anche la pubblicità per i bambini ha, a volte, caratteristiche peculiari che servono proprio ad attirare in maniera acritica l'attenzione dei più piccoli. Al massimo, si può confidare in corsi universitari, ma a nostro avviso appare assurdo che in una società mediatica non si venga formati fin da piccoli sui meccanismi di funzionamento dei mezzi di comunicazione di massa e sulle conseguenze del loro utilizzo. A scuola si studia la storia, la letteratura, l'arte, ma non esistono insegnamenti legati alle tecniche di comunicazione. Può succedere che, su iniziativa personale di qualche docente, gli studenti vengano edotti su come si legge un giornale e sulle priorità con cui le notizie vengano selezionate, ma non si spiega come viene realizzata la scaletta di un telegiornale, perché un reality non è la realtà o per quale ragione bisognerebbe considerare la televisione una scatola al pari delle lampade gioco che si regalano ai bambini, da cui non ci si aspetta che trasmettano cultura, educazione, ma le si accendono solo per divertimento. Scelta, peraltro contraddittoria, quella di alcuni docenti di portare in classe i giornali, visto che i giovani di oggi leggono poco.
A CURA DI giulia.crivelli@ilsole24ore.com
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