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Questo articolo è stato pubblicato il 28 ottobre 2010 alle ore 09:43.
Si può aggirare la censura su internet? Esistono degli strumenti informatici per eludere i filtri imposti alla rete da quei governi autoritari che vogliono impedire la libera circolazione di critiche? Da alcuni anni sappiamo che esiste più di una strategia per sfuggire ai controlli. Ora però sappiamo anche quanti sono gli utenti di internet residenti in quei paesi che utilizzano questi sistemi. Secondo un recente studio del Berkman Center di Harvard, realizzato da Hal Roberts, Ethan Zuckerman, Jillian York, Robert Faris e John Palfrey, il 3% di queste popolazioni utilizza software per aggirare i controlli. Pochi? Numericamente sì, se consideriamo gli oltre due miliardi di cittadini globali del web. Ma se sfogliamo più attentamente il rapporto si può concludere che i numeri potrebbero essere ben più alti. Gli autori infatti si concentrano su 13 paesi presenti nella lista di OpenNet Initiative, un progetto che studia la censura e il controllo su internet in tutto il mondo. La stima del 3% è quindi da attribuire a 562 milioni di residenti che si collegano al web: circa 17 milioni. Se si considera il crescente tasso di penetrazione di internet (pensiamo solo alla Cina), tocca rivedere al rialzo queste stime. Anche perché i paesi che in qualche modo cercano di controllare il traffico sono molti di più. Secondo Google sono più di 40 i governi che hanno chiesto al motore di ricerca di rimuovere contenuti sgraditi. Nel 2002, ha detto un portavoce dell'internet company, erano addirittura solo quattro.
Il rapporto ha analizzato anche i programmi, o meglio i software utilizzati per eludere i filtri e navigare in forma anonima. Freegate, Ultrasurf, Tor e Hotspot Shield, perlopiù sono tool complessi, molto conosciuti in rete e piuttosto sicuri. Eppure, la maggioranza preferisce utilizzare una proxy, il metodo più semplice ma meno sicuro. Più nello specifico accede alla rete attraverso server particolari che non vengono intercettati dai filtri governativi. Questo, fino a quando le autorità non si accorgono della loro esistenza. A quel punto possono decidere di spiare gli utenti "ribelli" o di bloccare i server. Secondo il rapporto Berkman Center di Harvard, la diffusione delle proxy, più o meno facilmente rintracciabili con motori di ricerca, spiega la crescente popolarizzazione di questi sistemi ma ne mette in luce anche i limiti. Pochissimi, sono invece coloro che si affidano a Vpn, linee protette e dedicate per accedere ai siti. In totale, il rapporto ha individuato 134 Vpn, pochi rispetto agli altri sistemi. Ma questo numero, scrivono, è triplicato negli ultimi tre anni. (L. Tre.)